Domani, 8 aprile, ci sarà un’assemblea pubblica a Fratte organizzata dal Comitato Salute e Vita per parlare, ancora una volta, delle gravi condizioni in cui sono costretti a vivere i cittadini della Valle dell’Irno a causa delle emissioni industriali delle Fonderie Pisano.
Abbiamo intervistato Lorenzo Forte, esponente del Comitato, e abbiamo ripercorso insieme a lui la storia di lotta, resistenza, immobilismo, indifferenza, che racconta le avventure della popolazione salernitana, della classe politica e della famiglia Pisano.
Ci puoi aggiornare circa gli sviluppi nella questione “Fonderie Pisano”?
«Il 14 giugno del 2016 la procura ha sequestrato l’impianto. Dopo sei mesi, il tribunale del riesame – siccome ad agosto sono state fatte delle analisi (una scelta non molto giusta perché in estate, con il caldo, alcuni valori possono risultare alterati) che hanno riportato dei valori buoni – ha deciso che non ci fosse più il pericolo imminente e ha deciso di riaprire la fabbrica. Questa decisione è stata talmente sbagliata che la stessa procura, quindi il PM e il procuratore capo, l’ha riposta in cassazione. La disposizione definitiva si avrà a giugno.
Attualmente ci sono due inchieste aperte: una per reati ambientali e una relativa al possibile collegamento tra le sostanze emesse dallo stabilimento e le malattie presentatesi e/o le morti avvenute negli ultimi anni.
Per quanto riguarda la prima, la procura ha stabilito che l’AIA (autorizzazione integrata ambientale), che permette il funzionamento della fabbrica, è illecita, illegittima ed inefficace. Questo perché, secondo loro, il dirigente della regione della conferenza dei servizi ha concesso quell’autorizzazione su falsa documentazione.
Per quanto concerne la seconda invece, noi abbiamo consegnato una lista di 250 persone che potrebbero aver contratto tumori o essere morte a causa delle polveri che fuoriescono dalla fabbrica. La procura ha selezionato 60 casi per i quali, seconda essa, i tumori alle vie respiratorie sono dovuti proprio a queste sostanze. Ha poi nominato i periti che devono assicurare un collegamento effettivo tra le due cose recuperando le cartelle cliniche e verificando la presenza di un rischio di casualità. Qualora questo nesso di casualità tra le emissioni della fonderia e quelle malattie si rivelerebbe vero, anche per un solo caso, ci sarebbe un rinvio a giudizio per omicidio colposo da parte dei Pisano. Questo il quadro dal punto di vista giudiziario.
Sull’altro versante, quello politico, non c’è ancora nulla di concreto. I Pisano hanno detto non poche bugie. Ad esempio, nel settembre del 2016, avevano annunciato di aver effettuato un atto di compravendita per un terreno a Campagna per effettuare la delocalizzazione dello stabilimento: in realtà, questo accordo non è mai avvenuto e neanche il sindaco della zona ne sapeva nulla. Quest’ultimo, inoltre, non è stato fermo, ma in segno di protesta si è stabilito fuori questo terreno (per cui forse i Pisano avevano effettuato solo un compromesso privato) e ha sbarrato tutti gli accessi alla sua città.
Per quanto riguarda Giffoni Valle Piana (SA), nel 2006, i Pisano avevano provato ad acquistare un terreno agricolo e avevano chiesto al Consiglio Comunale di cambiare l’uso agricolo in uso industriale: dopo il rifiuto dell’organo cittadino, si è espresso il Consiglio di Stato qualche giorno fa, che in via definitiva, ha negato la richiesta ai Pisano in quanto l’interesse sarebbe privato e non pubblico.
Inoltre, nel 2006, il Comune di Salerno aveva proposto ai Pisano, con la promessa che avrebbero trasferito la fabbrica in zona industriale, di costruire trecento appartamenti al posto dello stabilimento a Fratte. In tutti questi anni però, nessuna istituzione (compresa la Cigl) ha fatto pressione affinché questo progetto venisse realizzato.
Ventuno sindaci di diversi paesi della provincia di Salerno, poi, hanno dichiarato, attraverso la sottoiscrizione di un documento, di non voler nei proprio territori gli stabilimenti dei Pisano.
Quindi, la regione, il sindacato e i Pisano non hanno fatto nulla per porre in essere questa delocalizzazione e ci ritroviamo al punto di partenza: la fabbrica ha ripreso le attività dal 14 dicembre e nei giorni immediatamente successivi la cittadinanza è stata di nuovo sommersa dalle polveri nere e dalla puzza insopportabile (scomparse durante il periodo di chiusura)».
Il Comitato Salute e Vita cosa sta organizzando per i prossimi mesi?
«L’otto aprile faremo un’assemblea pubblica insieme a Legambiente, Italia Nostra, WWF, Greenpeace, alcune associazioni universitarie tra cui Link Fisciano e Futura, i Radicali Italiani (associazione Maurizio Provenza), ACT, Officina Democratica e tante altre. L’appuntamento è nella piazza di Fratte dalle 17:00 alle 19:00, per lanciare il corteo del 22 aprile “#MaipiùFonderie” affinché le istituzioni e la Regione Campania stabiliscano finalmente la chiusura definitiva delle Fonderie Pisano a Fratte».
Credi che l’opinione pubblica sia sensibilizzata e abbia compreso i problemi causati dalle Fonderie?
«L’anno scorso abbiamo raccolto 1.400 firme per una denuncia penale in occasione della riapertura della fabbrica ad agosto per i controlli di cui abbiamo parlato prima. Le persone sono ormai consapevoli, ma anche immensamente rassegnate perché, tutti i giorni, viene violato l’articolo 32 della Costituzione sul diritto alla salute e sono loro a subirne tutte le conseguenze. Dal 2004, dalla prima inchiesta giudiziaria che ha condannato poi la famiglia Pisano nel 2007, queste persone devono affrontare le conseguenze dei reati commessi dalla famiglia salernitana. Inoltre, ci stiamo impegnando per far capire alla cittadinanza che non è solo un problema circoscritto a Fratte e alle zone limitrofe, ma che le polveri arrivano anche al centro di Salerno, fino alla stazione».
Ad un livello più generale, cosa pensi dell’indifferenza della classe politica nei confronti delle problematiche ambientali? In questi ultimi giorni, ad esempio, abbiamo assistito alla resistenza dei NoTap in Puglia…
«La data del corteo non è stata scelta a caso. Il 22 aprile si celebra la giornata mondiale della difesa dell’ambiente e del Pianeta Terra. Sono convinto che, prima o poi, questa politica pagherà il conto con gli elettori. Il governatore De Luca e il sindaco Napoli, i primi due responsabili nel nostro caso, pagheranno per la loro politica di immobilismo. La gente capirà e non voterà più una politica complice dei poteri forti, una politica a cui non interessa la salute dei propri elettori e che guarda solo ad interessi personali. Stiamo vivendo un vero e proprio attacco all’ambiente e alla salute delle popolazioni. Noi continueremo a ribellarci. Anzi, annuncio già da ora, che se il governatore De Luca non ci incontrerà, la prossima manifestazione sarà sotto Palazzo Santa Lucia a Napoli».
Federica Ruggiero