L‘International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) è entrato in possesso di circa 28 mila pagine di documenti confidenziali che rivelerebbero come più di 340 società, soprattutto americane e inglesi, ma anche tedesche, olandesi e svizzere, abbiano sottoscritto accordi segreti in Lussemburgo per evadere le tasse. Ad analizzare i dati, 80 giornalisti di 26 paesi.
L’inchiesta è stata pubblicata sul britannico Guardian e su altri giornali europei. Le società in questione, tra cui Pepsi, IKEA e Deutsche Bank, secondo quanto riporta il sito ufficiale dell’ICIJ, hanno dirottato centinaia di miliardi di dollari su conti lussemburghesi in modo da risparmiare milioni di dollari in tasse. A tal fine, la PricewaterhouseCoopers, un network che fornisce servizi professionali di revisione di bilancio, advisory e consulenza legale e fiscale, avrebbe aiutato le compagnie multinazionali ad ottenere particolari regimi fiscali dal 2002 al 2010, che si sono rivelati da parte del piccolo stato dell’UE in trattamenti fiscali di favore.
L’Unione Europea, nell’ambito della lotta svolta contro i paradisi fiscali, aveva già avuto modo di scontrarsi con la riservatezza del Lussemburgo, che ha sempre evitato di rilasciare molti documenti sulla propria politica fiscale, ora svelati dall’inchiesta dell’ICIJ che rende pubblici 548 “comfort letters” (riportati nel sito in basso) emessi dal 2002 al 2010. In alcuni casi, le aziende avrebbero pagato le tasse su meno dell’un per cento dei soldi fatti transitare attraverso le società con sede in Lussemburgo. La stessa UE sta ora indagando sugli accordi sottoscritti tra Amazon e il Lussemburgo, poiché questi potrebbero aver fatto sottostimare i profitti del colosso americano.
I dati analizzati svelano così i segreti che hanno protetto a lungo il paradiso fiscale lussemburghese, di cui Jean Claude Juncker è stato per anni il premier e che ha sempre affermato che il regime fiscale del suo paese rispetta le leggi europee.
Alla luce di ciò, partono le indagini da parte dell’Unione Europea, pronta a definire “iniziative di correzione” per il Lussemburgo in caso di “decisione negativa“, come afferma Margaritis Schinas, mentre il responsabile delle Finanze in Lussemburgo Nicolas Mackel corre ai ripari, affermando -secondo quanto riporta Repubblica- che “il sistema lussemburghese è concorrenziale, non c’è nulla di illegale o di scorretto in questo”. Anche il premier Xavier Bettel appoggia la linea di pensiero di Mackel, ritenendo le pratiche fiscali del Lussemburgo “conformi alle norme di diritto internazionale”.
Secondo quanto riporta “The Guardian“, di altro avviso risulta essere Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze della Germania, per cui le rivelazioni dell’ICIJ mostrano come il “Grand Duchy” abbia ancora molto da fare per rispettare gli standard globali.
Lo stesso quotidiano britannico fa riferimento anche ad altre autorità europee, tra cui il ministro francese Michel Sapin, per cui questi accordi sono da ritenere “inaccettabili per qualsiasi paese” .
In un simile scenario, appaiono giustificate le parole di Margaret Hodge, secondo cui Juncker “ha appena assunto il ruolo di presidente della Commissione europea, ma ha presieduto il più grande sfruttamento delle nazioni europee nel suo piccolo paese per decenni”.
http://www.icij.org/project/luxembourg-leaks/explore-documents-luxembourg-leaks-database
Morena Grasso