I due principali partiti di estrema destra spopolano sul web grazie a strategie comunicative diverse ma ugualmente aggressive: CasaPound si mostra mainstream friendly, Forza Nuova si isola e si rifà al Duce. Ma i like su Facebook possono diventare voti?

Quando qualcuno afferma che fascismo e comunismo sono concezioni politiche superate dalla storia «come guelfi e ghibellini», è sempre bene ricordargli che lo stato liberale nel quale vive poggia su princìpi illuministici che portano sulle loro spalle il peso di almeno un secolo di vita in più rispetto alle idee marxiane o mussoliniane. Non è l’età di un’idea a determinarne la vitalità, tant’è che il neofascismo – rappresentato nel Belpaese da partiti come CasaPound Italia (CPI) e Forza Nuova (FN) – si è rivelato uno dei temi centrali nel dibattito pubblico anche nell’Italia del 2017 che si appresta a festeggiare i settant’anni di vita della sua Costituzione antifascista.

La controversa introduzione della legge Fiano è stata il casus belli per il ritorno di questioni come propaganda e apologia di fascismo nei salotti televisivi e sulle pagine dei grandi quotidiani nazionali. I talk show prediligono una narrazione che presenta il neofascismo italiano come un blocco monolitico da contrapporre da un lato al centrosinistra erede dei valori della Resistenza, dall’altro al centrodestra unito che ne prende le distanze pur difendendone la libertà d’espressione.

Questa visione d’insieme è forse fruttuosa in termini di ascolti ma non riesce a mettere in luce l’eterogeneità del panorama neofascista in Italia e nel mondo, spesso molto più frastagliato di quanto si pensi. Tuttavia fuori da tv e giornali c’è un altro luogo dove negli ultimi anni il cosiddetto fascismo del terzo millennio ha trovato terreno fertile per proliferare: Internet.

Il web dà voce a molti militanti di formazioni di estrema destra che esprimono idee xenofobe con toni particolarmente aspri. La pericolosità intrinseca della rete – e dei social network in particolare – è stata spesso segnalata da diversi esponenti politici ed è evidente a chiunque bazzichi Facebook o Twitter, ma allo stesso tempo tra i mass media Internet è ad oggi l’unico che permette di osservare direttamente la complessità della «galassia nera».

Qui ci proponiamo di illustrare come l’approccio social di CasaPound e Forza Nuova sia in grado di fornire un’ottima chiave interpretativa per comprendere le strategie politiche dei due partiti. Potrebbe apparire un esercizio lezioso limitarsi al web per studiare un fenomeno politico, ma i dati ci vengono in soccorso.

Le pagine Facebook di Forza Nuova e CasaPound Italia sono rispettivamente seguite da circa 235.000 e 220.000 persone, superando tutti gli altri partiti politici italiani ad eccezione del Movimento 5 Stelle.

Da un lato emerge il carattere personalistico della politica italiana: tutti i maggiori partiti presenti in Parlamento, infatti, tendono a concentrare il loro impegno social sulle pagine dei leader, tralasciando quella del partito. Dall’altro i numeri rivelano che CPI e FN adottano la strategia inversa, concentrandosi nella creazione di un senso di appartenenza politica attorno al partito e alla sua simbologia e non all’uomo forte al comando. Le due figure più in vista nei due partiti – il segretario Stefano Fiore per Forza Nuova e il vicepresidente Simone Di Stefano per CasaPound – non sembrano infatti avere l’ambizione di proporsi come novelli Mussolini e salvatori della patria, privilegiando invece una comunicazione ricca di richiami agli Übermenschen del passato.

Ed è qui che emergono le prime sostanziali differenze nella comunicazione sui social network. È chiaro che un partito neofascista a vocazione nazionale deve necessariamente confrontarsi criticamente con la storia del ventennio e in particolare con la figura di Benito Mussolini per rendersi presentabile.

Ecco, Forza Nuova non ha alcun interesse a farlo. Anzi, il partito ha organizzato una manifestazione a Roma che si sarebbe dovuta tenere il 28 ottobre scorso per il novantacinquesimo anniversario della marcia sulla capitale del 1922. Dopo un iniziale divieto la manifestazione è stata consentita e fissata per il 4 novembre. Roberto Fiore prima ha festeggiato così…

…Poi ha voluto ricordare con chi scenderà in piazza.

Tra le molteplici reazioni critiche all’iniziativa di Forza Nuova spicca quella del vicepresidente di Casapound Simone Di Stefano:

«Scegliere quella data vuol dire cercare un clamore mediatico che però è sterile: se uno comincia a usare il 28 ottobre e il manifesto creato durante il fascismo significa che non ha un progetto politico ma cerca solo di accendere una lampadina sul movimento»

[Simone Di Stefano, intervista a IntelligoNews, 6 settembre 2017]

È curioso confrontare le sue parole con questo manifesto di CasaPound risalente al 2011.

Ma oggi è un’altra storia. CasaPound sta per festeggiare i dieci anni di vita e il fondatore e presidente Gianluca Iannone – condannato per diversi episodi di violenza in passato – si è defilato per lasciare spazio a Di Stefano, ormai leader de facto del partito.

Di Stefano ha impresso una svolta netta alla comunicazione di CasaPound, ben simboleggiata dai due eventi che hanno fatto balzare il partito all’onore delle cronache nell’anno corrente: la «discesa in campo» di Nina Morić e la serie di confronti tra Di Stefano stesso e alcuni big del (tele)giornalismo italiano.

Partiamo dal caso Morić. La modella ha ufficialmente fatto il suo ingresso in CasaPound a marzo rilasciando una corposa intervista al «Primato Nazionale» – rivista ufficiosa del partito della tartaruga – nella quale non si parla mai di fascismo e il ruolo della Morić viene definito così:

«Al momento di una candidatura vera e propria non se n’è ancora parlato, abbiamo più discusso di un aspetto legato alla comunicazione, e di utilizzare la mia popolarità per iniziative benefiche e sociali, attività che CasaPound già svolge da tempo. Spero di essere davvero utile in questo. Poi per il resto si vedrà»

[Nina Morić, intervista a Il Primato Nazionale, 15 marzo 2017]

Qualche militante storce il naso per le origini croate della Morić, ma il gioco vale la candela: la notizia rimbalza da un giornale all’altro ed entrambi i soggetti coinvolti ne guadagnano in popolarità.

Passano alcuni mesi e a settembre scoppia un nuovo caso in seguito a questo post sulla pagina Facebook ufficiale di Simone Di Stefano:

Il leader di CasaPound annuncia di aver sfidato a un confronto pubblico il direttore del TG La7 Enrico Mentana, altra figura che nell’ultimo anno ha dimostrato una certa dimestichezza nel mondo di Zuckerberg in virtù della sua abilità di blastare commentatori sgraditi sotto ai suoi post. A Mentana seguono gli inviti a Corrado Formigli (Piazzapulita), Nicola Porro (Matrix), David Parenzo (La Zanzara) e Gianluigi Paragone (La Gabbia). Solo l’ultimo si rifiuta e motiva così la sua decisione:

«Non mi interessa dover dimostrare di essere democratico perché vado a parlare con CasaPound, ci vada chi pensa di doversi far rilasciare dei patentini anche da CasaPound perché bisogna piacere a tutti. Io non voglio piacere a tutti»

[Gianluigi Paragone, Il Fatto Quotidiano, 17 ottobre 2017]

Il dibattito è ruotato attorno all’accusa rivolta ai giornalisti di «legittimare i fascisti». A nostro parere si tratta di una critica impropria. Corrado Formigli, per esempio, non ha difeso la libertà di espressione per tutti i fascisti, ma ha affermato che CasaPound non è paragonabile ad «altre forze di estrema destra con le quali non sarei mai andato a dibattere». Il riferimento a Forza Nuova è evidente.

Ecco, qui sta il punto cruciale. Questa dichiarazione dà la misura della riuscita dell’operazione di rebranding che ha condotto CasaPound dalla ghettizzazione politica al mainstream, al confronto paritario con i grandi nomi del giornalismo italiano, senza che siano diminuiti gli episodi di violenza che coinvolgono i militanti del partito.

Forza Nuova al contrario non gode degli stessi privilegi mediatici per la sua campagna di comunicazione sui social ricca di richiami a Mussolini e alla storia dei fascismi europei, nonostante scavando a fondo – aldilà di un orgoglioso filocattolicesimo in contrasto con il laicismo di CPI – le differenze ideologiche tra i due partiti non sembrino poi molte. Ad ogni modo FN cerca le proprie fortune politiche in un altro campo, quello della presenza sul territorio propagandata a mezzo web.

Spostandoci dal piano comunicativo a quello più strettamente politico – anche se la distinzione è ormai labile – la prossima tornata elettorale ci dirà quale strategia si sarà rivelata più fruttuosa per il neofascismo italiano, e se questo potrà costituire un pericolo reale – e non solo percepito – nel futuro prossimo del nostro Paese.

Davide Saracino

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