Un attacco ad un ospedale fa sempre un po’ indignare, ma quando si tratta di un centro traumatologico specializzato presente in un territorio dilaniato per anni da guerre e terrorismo, lo fa ancora di più. Questo è successo il 4 ottobre 2015, a Kundur, una città dell’Afghanistan settentrionale. Questa volta però, a bombardare un ospedale, non sono stati i talebani o gli estremisti dell’ISIS o i seguaci di Al Qaeda, ma la NATO. La NATO e in particolare dei caccia americani. La NATO, quell’organizzazione militare che ha stipulato con il governo di Kabul il Sofa (Status of force agreement) e le cui truppe sono per buona parte costituite dall’esercito americano. Lo stesso che si era ritirato, si fa per dire, dal territorio afghano grazie a Obama che ha fatto del pacifismo uno dei cardini della sua candidatura presidenziale. L’esercito americano in realtà non è propriamente ritornato in patria, 10.000 dei 13.000 soldati NATO presenti ancora in territorio afghano sono americani e sono rimasti lì per i soliti motivi di “addestramento delle truppe locali” e “sostegno alla popolazione locale”.
Ma perché Kundur? E soprattutto, perché un ospedale di una delle organizzazioni più presenti in campo di assistenza medica come Medici Senza Frontiere? Il perché di Kundur si ritrova in una richiesta di aiuto da parte del governo di Kabul: il 29 settembre infatti, i talebani hanno riconquistato questa città e si tratta della loro prima grande rivalsa dal 2001, anno epocale per il nostro ventunesimo secolo; la NATO stessa conferma che in quella zona ci sono stati dei raid per aiutare il governo centrale a riconquistare la città.
Il nodo da sciogliere però, riguarda il secondo dubbio: perché mai un ospedale? La prima risposta arriva da Kabul, il governo infatti sostiene che all’interno delle strutture ci fossero talebani, questo giustificherebbe infatti la richiesta d’aiuto e, mentre gli Stati Uniti non rispondono su questo punto, Medici Senza Frontiere nega nella maniera più assoluta che vi fossero presenze sospette nella sua struttura. Persone ce n’erano, Gabriele Eminente, direttore di MSF Italia, ha infatti dichiarato che proprio nei giorni precedenti l’ospedale aveva aumentato la sua portata, la struttura era piena, trattandosi di un centro specializzato in chirurgia di urgenza e quindi perfetto per la cura dei feriti bellici. Medici Senza Frontiere parla infatti di “crimine di guerra”, trattandosi di un intervento ingiustificato. Inoltre, l’organizzazione sostiene che durante l’attacco sia Kabul che Washington siano state avvisate circa la posizione dell’ospedale ma che nonostante questo, i bombardamenti siano continuati per almeno altri 15 minuti.
Obama ha espresso il suo cordoglio alle vittime, ma non si è ancora espresso nel merito della questione perché vuole attendere l’esito delle inchieste del Pentagono, mentre il Generale John Campbell sostiene che «l’ospedale è stato colpito per sbaglio».
È da secoli che assistiamo alla presa di posizione degli Stati Uniti per qualsiasi questione riguardante le relazioni internazionali e soprattutto il Medio Oriente che ormai più che una regione geografica è diventata una sorta di fattispecie giuridica, un ideal-tipo, dapprima con Bush e la sua “War on Terror” e poi con Obama che ha preso le distanze dal suo predecessore non solo in termini di estetica e etnia, ma anche per il cambiamento proposto: “Yes, we can” per intenderci, che nelle sue diverse forme trattava anche del ritiro delle truppe dai territori mediorientali e risvegliava il sentimento pacifista di un popolo troppo stanco delle minacce e ancora scosso dall’11 settembre, nonostante fossero passati quasi 10 anni dall’attentato al World Trade Center di New York, al tempo della prima elezione di Obama. Il programma politico puntava a terminare tutte le guerre cominciate da Bush, ma possiamo veramente considerare finiti quei conflitti? E soprattutto possiamo veramente dire che gli Stati Uniti siano ormai estranei a quelle questioni? Le truppe non sono state ritirate ma solo dimezzate grazie all’accordo bilaterale tra Kabul e Washington (BSA). Si può parlare di vero ritiro in questo caso? Un ritiro necessita una totale assenza su di un territorio, altrimenti è un’altra cosa, è riduzione! Quando dei bombardamenti vengono attribuiti a dei caccia americani si può parlare di “sostegno alla popolazione” e “addestramento delle truppe locali”? Perché in ogni caso anche se si volesse aiutare la popolazione o formare delle truppe locali, le attività di addestramento non sono esercitate all’interno di una struttura ospedaliera e il sostegno ad una popolazione implica anche l’esistenza di servizi assistenziali altrimenti non è più sostegno, aiuto umanitario e peace keeping, ma mera distruzione!
Sabrina Carnemolla
Nota: l’immagine di copertina proviene da www.medicisenzafrontiere.it, associazione alla quale va la piena solidarietà di Libero Pensiero News.