Quanto possa esser difficile fornire una risposta esauriente ad una tale domanda lo certifica la situazione attuale della sinistra italiana (o dei suoi residui), con il suo dipanarsi in mille rivoli e sfumature, soggetti unitari da costruire attraverso la nascita di molteplici soggetti, vecchi e nuovi progetti sempre sul tavolo, sulle carte, ed un elettorato quanto mai lontano e indifferente.

Ci ha provato Stefano Fassina, nell’incontro promosso da Melinda Di Matteo per Futuro a Sinistra Napoli presso la Domus Ars di via Santa Chiara: un’ambientazione di eleganza sottile e spessore culturale, come ad inculcare per metonimia simbologica quanto il rinnovamento della sinistra e del suo popolo debba passare necessariamente da un profondo ripensamento di metodi, strutture, impalcature concettuali e, soprattutto, pregiudizi stantii.

Alla presenza di un pubblico abbastanza folto e variegato, l’ex parlamentare del Partito Democratico, nel presentare la sua proposta per il Mezzogiorno, si è fatto accompagnare dal primo cittadino partenopeo Luigi De Magistris, dallo scrittore Maurizio De Giovanni e da tanti sindaci di varia estrazione politica (invitati, fra gli altri, anche Rosa Capuozzo da Quarto e Josi Della Ragione da Bacoli) del meridione.

Un grande intervento di rottura con l’austerità mitteleuropea e politiche di investimento e rilancio industriale ed infrastrutturale: questo il “Piano per il lavoro” di Fassina, del valore di circa 28 miliardi di euro l’anno, da recuperare attraverso l’allentamento del deficit e misure anti-evasione, ed articolato su investimenti, mobilità, reddito d’inclusione, industria, pensioni, tributi locali, istruzione e contribuenti.

A raccogliere gli scroscianti applausi dei presenti è stato in modo particolare il sindaco De Magistris, apertamente definitosi “allergico ai partiti”, movimentista, ed anche un po’ anarchico nel suo porsi in relazione con la cittadinanza e con l’amministrazione della città. De Magistris si è detto contento del suo ruolo, e lieto del pulsante ravvivarsi di forme attive di partecipazione civica come sono, ad esempio, quelle sorte di recente attraverso la riappropriazione e la “liberazione” di luoghi pubblici.

Di certo, la picaresca e complessa realtà di una metropoli come Napoli non può essere in alcun modo paragonata a quella di città e comuni di gran lunga più piccoli; tuttavia, l’esperienza diretta di gestioni oculate, vicinanza solidale, buone pratiche ed innovazioni può essere un minimo comune denominatore lungo il quale declinare un linguaggio politico comune oltre le sigle e le bandiere di partito.

Cos’è, dunque, che può accomunare l’impegno diretto sui territori con un’idea della sinistra che tarda a definirsi anche negli schieramenti nazionali?

Un quesito legittimo, anche alla luce delle ataviche schermaglie che da Civati a Vendola a Landini sembrano contraddistinguere le prospettive unitarie della sinistra nazionale pur palesate tempo addietro. Il percorso è ben lungi dal compiersi e al legittimo anelito di autodeterminazione, sperimentato ad esempio in uno dei territori più delicati, quella Bagnoli umiliata da un commissariamento forzoso quanto ambiguo, fa da contraltare l’autoritarismo imposto dal Governo Renzi in nome di una frenetica corsa verso un cambiamento più che gattopardesco.

La sfida a sinistra è aperta: agli attori che se ne faranno partecipi il compito di dimostrare la bontà di un obiettivo sull’utopia di un desiderio; fino ad allora, ad attanagliare gli animi, sarà più che altro il beneficio del dubbio.

Emanuele Tanzilli

fotografie a cura di Antonio Volpe

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