Il 3 dicembre il presidente del Senato Pietro Grasso ha tenuto il primo discorso da leader di Liberi e Uguali, la nuova formazione che comprende quelle forze a sinistra del Partito Democratico che solo qualche mese fa non sembravano facilmente conciliabili: MDP, Sinistra Italiana e Possibile. Abbiamo discusso le prospettive future di questa coalizione con Nicola Fratoianni, deputato e segretario di Sinistra Italiana.
Onorevole Fratoianni, la decisione di entrare nella lista Liberi e Uguali ha comportato l’autosospensione di 109 militanti del suo partito. Si tratta di un contraccolpo preventivato oppure si può dire che non ha fatto i conti con la base?
«Questa notizia è uscita oggi [6 dicembre] sui giornali, ma la conoscevamo già da diversi giorni. Negli scorsi mesi abbiamo tenuto decine di assemblee in tutte le province e regioni per affrontare i nodi legati a questa proposta politica e abbiamo svolto diverse riunioni della direzione nazionale. Inoltre, in mezzo c’è stata l’assemblea nazionale del partito che ha visto riunirsi la platea congressuale. In tutti questi passaggi abbiamo a larghissima maggioranza e spesso anche all’unanimità deliberato la condivisione della proposta politica alla quale ora stiamo lavorando. Senza sottovalutare quindi le difficoltà che hanno manifestato alcuni compagni e compagne, il percorso fatto è stato ampio e capillare e ha consentito a tutti di potersi esprimere.»
Nel resto d’Europa la sinistra ha fatto molto bene quando si è presentata alle elezioni con leader carismatici con un passato di militanza politica alle spalle. Voi avete fatto una scelta diversa, con Pietro Grasso che proviene dal mondo del civismo e in particolare della lotta alla mafia. Secondo lei un leader meno legato ai partiti in Italia paga di più?
«Non è una questione italiana. Si tratta di una scelta legata al contesto attuale, nel quale abbiamo provato a individuare una candidatura che avesse la forza di allargare nel modo più efficace la nostra proposta politica. La figura di Pietro Grasso, per la sua storia e per il modo in cui pare in grado di reinterpretarla, può dare un grande contributo a questo percorso. Il modo in cui ha affrontato l’assemblea nazionale nella quale abbiamo presentato la proposta di Liberi e Uguali ci dà l’impressione di una figura in grado di rappresentare ciò di cui oggi c’è bisogno.»
Il suo partito può rivolgersi a un grande bacino elettorale: gli astenuti. Crede che una coalizione di sinistra guidata da Pietro Grasso oggi abbia le caratteristiche per convincere a tornare alle urne chi non ha votato alle ultime elezioni?
«Grasso può rappresentare un punto di riferimento utile per questa proposta politica ed elettorale all’interno di una dimensione collettiva in cui trova posto una squadra di persone, storie, esperienze e culture, in grado di costruire insieme la rappresentazione di un percorso e di un’aspirazione politica. Noi puntiamo a mettere in discussione l’assetto della politica italiana, che in questi anni è dominato da tre poli che non sono in grado di dare al Paese le risposte di cui ha bisogno. La cultura politica che esprimono non è adeguata a risolvere i problemi di un Paese nel quale crescono le diseguaglianze. Questa è la ragione per cui nasce la proposta di Liberi e Uguali.»
Se riuscirete a entrare in Parlamento, esclude anche un’eventuale alleanza post-elettorale con il PD per uscire da una situazione di ingovernabilità che ad oggi sembra prevista dai sondaggi e per opporsi a “nemici comuni” come destra e M5S?
«Il mio giudizio si costruisce sul merito delle proposte politiche. Le proposte politiche che caratterizzano questi tre poli sono del tutto inadeguate. Se cambiano le politiche cambia anche la discussione. In questa legislatura Sinistra Italiana ha votato singole leggi di cui condivideva l’impianto. Questo è l’unico criterio che consente alla politica di tornare a rapportarsi con le persone in carne ed ossa: occuparsi più di contenuti e meno di schemi astratti molto poco comprensibili nella vita delle persone concrete. Da troppo tempo, infatti, siamo in presenza di una discussione politica che fatica a misurarsi con le condizioni di vita delle persone. Dopo le elezioni misureremo i rapporti di forza all’interno del Parlamento, che noi ci poniamo l’obiettivo di cambiare, e allora faremo una discussione sulla base di consensi e contenuti per misurare possibili convergenze, ma è difficile ipotizzare ora come questo avverrà.»
I casi stranieri si caratterizzano anche per una grande abilità di coinvolgimento dei giovani. A questo proposito, in Italia il Partito Comunista di Marco Rizzo è un soggetto che a prescindere dalla scarsa rilevanza elettorale si è caratterizzato per la sua capacità di coinvolgerne molti, spesso “strappandoli” a movimenti studenteschi apartitici. Crede che Liberi e Uguali possa seguire un percorso simile?
«Noi vogliamo rivolgerci all’insieme della popolazione e in particolare alle giovani generazioni. Questo è un Paese che sta vivendo una vera e propria emergenza generazionale. In Italia le giovani generazioni rischiano di essere sottoposte a un doppio ricatto, a una doppia condizione di sfruttamento: da un lato nel mondo del lavoro sono sfruttati e sottopagati, dall’altro rischiano già all’indomani dell’età lavorativa di trovarsi in una condizione particolarmente pesante rispetto alla retribuzione pensionistica. Noi naturalmente puntiamo a costruire una proposta politica che sia in grado di dialogare anche e soprattutto con i giovani. L’esito di quest’iniziativa si misurerà sulla nostra capacità di rappresentare i loro bisogni e interessi.»
E i Radicali? La vostra convergenza su temi come la gestione dell’immigrazione in contrasto con la linea dura di Minniti e il sostegno ai diritti civili permette di vederli come un possibile alleato e di ignorare la loro linea liberista oppure le divergenze in termini di politica economica li rendono irricevibili?
«Fatico a costruire un elemento di gerarchizzazione di valori e questioni programmatiche. Ci sono questioni attorno alle quali si misura la civiltà di un Paese come quelle che riguardano i diritti civili, sulle quali siamo spesso vicini ai Radicali, ma ci sono questioni sociali ed economiche altrettanto importanti sulle quali misuriamo una distanza molto forte. Noi in questa legislatura abbiamo votato provvedimenti proposti da una maggioranza parlamentare che sostiene un Governo rispetto al quale abbiamo sempre avuto una posizione coerente di opposizione, ma questo non ha mai determinato le condizioni per un’alleanza organica. Questo stesso discorso può essere esteso ad altre forze politiche come i Radicali con le quali abbiamo solamente alcuni punti di convergenza.»
Davide Saracino