Repubblica in prima pagina ha riportato le parole della Merkel: “Bene Renzi sul Jobs Act”. Un piccolo segno di riconoscenza, una carezza per dire che il problema di “reputation” può anche sparire ora che l’Italia esegue “finalmente” i compiti assegnati dall’Europa. Le cose importanti sono le riforme, non importa se a notte fonda è arrivato il voto che ha diviso i sindacati e isolato la Cgil, diviso la minoranza interna con D’Alema e Bersani spaesati, non importa se i civatiani non partecipano alla votazione, non importa se, dopo tutto, si è creata una bagarre al Senato solo ed esclusivamente sull’Articolo 18 che prima non c’era e poi è comparso all’improvviso.

La Germania esulta e pure Matteo Renzi: “Il margine del voto è molto forte – afferma Matteo Renzi a proposito del voto sul jobs act -. Sono molto contento anche del risultato numerico, 165 a 111 è molto. Poi le immagini dei fascicoli che volano fanno pensare agli italiani che senso ha. Rimane l’amarezza per questo, sono immagini tristi. Gli italiani sono stanchi delle sceneggiate di alcuni. Ma il Senato ha fatto un grandissimo passo in avanti. Loro continuano a fare sceneggiate, ma noi andiamo avanti”. Per dire, poco importa delle lamentele, mangiatevi una brioche (per riprendere qualche citazione storica).

Il Partito Democratico resta comunque spaccato, nonostante la nouveau lingua: velocità, futuro, speranza, il registro linguistico del nuovo corso renziano, ieri Walter Tocci ha ben chiarito il punto parlando di velocità e futuro con il capogruppo Zanda: “Voto la fiducia, ma è l’ultima volta. Io così non vado avanti. È l’ultimo atto parlamentare, poi mi dimetto da senatore”. Non ha voluto abbandonare i compagni di viaggio di un’intera carriera politica, dal Pci, ai Ds, al Pds e, infine, il PD. Ha poi annunciato le dimissioni e Renzi ha spiegato questa mattina in segreteria che lui farà “di tutto perché Walter Tocci, che stimo molto, continui a fare il senatore – afferma -. Ha espresso le sue posizioni ma poi ha accettato la linea del partito. Abbiamo una diversa linea politica ma la sua intelligenza, la sua competenza e la sua passione sono necessarie al Pd. Proverò a convincerlo e dirò che le dimissioni sarebbero errore”.

In ogni caso la minoranza interna è divisa e meno forte, lo dice Corradino Mineo: “Secondo me adesso la minoranza Pd è molto più debole – afferma Mineo -. Io il maxiemendamento l’ho letto, e non prende neanche tutte le promesse fatte nella direzione del Pd. La nostra battaglia per il momento si è conclusa con una sconfitta”. “Cercavo il modo migliore – aggiunge il senatore – di dire al mio premier che di forzatura in forzatura si lasciano troppi cadaveri per terra. E non credo che il buffetto dato dalla Merkel ieri al governo italiano cambierà l’atteggiamento della Ue. Con la delega in materia di articolo 18 Renzi potrà fare quello che vuole. Così il Parlamento non conta più“.

Il dramma avvolge pure lo storico bersaniano Miguel Gotor, il quale allarga le braccia e dice: “Si è lasciato ai Cinque stelle lo spazio dell’opposizione per sottoporci ai diktat di Sacconi che sull’articolo 18 è un oltranzista. È come se Giovanardi avesse scritto una legge sui diritti civili”. Per Gotor “siamo solo all’inizio”, non si tratta alzare la bandiera bianca perché “alla Camera ci sono gli spazi per riaprire una discussione. Non è una resa, di fronte alla fiducia che dovevamo fare? Far saltare il governo?” Ma il contenuto dell’emendamento lo fa riflettere sulla parola “resa”: “Effettivamente quando andò in tv da Fazio Renzi tolse l’articolo 18, poi lo ha rimesso alla direzione del Pd come soluzione di compromesso, ora lo toglie di nuovo”.

Disagio e sofferenza, ma qualcuno poi fa capire che il governo non poteva saltare, a sinistra si serrano le file, Marco Revelli sul Manifesto parla di “emergenza democratica” perché il PD si sta trasformando geneticamente avviandosi ad essere “il partito unico del premier”, scrive “ma soprat­tutto per­ché con Renzi si con­clude una vera e pro­pria muta­zione gene­tica del nostro sistema poli­tico e isti­tu­zio­nale, con la ver­ti­ca­liz­za­zione bru­tale di tutti i pro­cessi”. Landini dichiara: È evidente c’è un tentativo in atto per cancellare i diritti usando la crisi. Non siamo coglioni, dobbiamo inventare tutte le forme necessarie per resistere un minuto in più di loro.” E poi aggiunge: “La strategia di Renzi consiste nello spaccare in due il Paese: vuole contrapporre i vecchi contro i giovani, ma non per dare diritti, semmai per toglierli a tutti.”

Luca Mullanu

Lavoratore nel settore del turismo, appassionato di politica sin dalla nascita. Fondatore e ideatore di Libero Pensiero online insieme a Emanuele Tanzilli. Da ragazzo, come tantissimi altri, avvertiva il peso delle ingiustizie della società: voleva cambiare il mondo e ha cominciato ad impegnarsi durante i primi anni di Liceo. Cuore a sinistra, contribuisce alla crescita della FGCI, di cui era anche Segretario Provinciale di Napoli. Attualmente senza casa politica, come tanti e tante di sinistra che non si riconoscono più in nessun soggetto organizzato. Un libero pensatore: scrive praticamente da sempre. Ha sempre odiato le ingiustizie, non ama i dogmi. Per minacce o complimenti potete contattarlo all'indirizzo mail: lucamullanu@gmail.com

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