Franco Battiato ha recentemente annunciato un nuovo album e un nuovo tour. Questa volta il cantautore siciliano ha deciso di fare sul serio: sebbene certamente non ritornerà a vestire i panni del blasfemo e del rivoluzionario come aveva fatto in gioventù (ognuno ha gli anni che sente di avere, ma fino a un certo punto), il nuovo lavoro si presenta come un ritorno al suo passato da sperimentatore (un passato che, in fondo, non ha mai lasciato alle spalle), un album di musica elettronica.
Battiato ha iniziato la sua carriera come cantautore melodico, ma ha attuato una svolta stilistica notevole nella prima metà degli anni ’70, procurandosi un sintetizzatore all’avanguardia dal Regno Unito e improvvisandosi visionario, dissacratore, ribelle, trasmettendo di sé un’immagine quasi disturbante, che procurò ai suoi album sperimentali un successo inaspettato.
Emblematiche di questa tendenza sono le copertine degli album di Battiato di questo periodo. Esse sono immagini cupe, a tratti violente, il cui utilizzo è teso a smuovere il pubblico emotivamente. La copertina del primo album, “Fetus” (1972) sarebbe inaccettabile persino per gli standard odierni, a distanza di oltre 40 anni.
Musicalmente sono lavori progressive in linea con le sperimentazioni inglesi, americane e soprattutto tedesche, e in certi casi tributi alla musica colta sperimentale contemporanea di geni come J. Cage. Il caso volle che furono addirittura apprezzati dal pubblico, con “Pollution” (1973) che raggiunse la decima posizione nelle classifiche italiane.
Negli anni seguenti Battiato continuò su questa strada fino all’esasperazione, con produzioni caotiche e di valore minore rispetto a quelle precedenti (che contengono brani che non hanno nulla da invidiare alla musica progressiva estera), e finì per decidere di tornare a dedicarsi alla canzone d’autore.
Nella sua lunga carriera Battiato ha provato a cimentarsi in numerosi generi musicali, spaziando dalla classica forma-canzone all’opera classica, con risultati non sempre eccellenti, ma sempre con un ottimo riscontro di pubblico. E’ diventato uno dei mostri sacri della canzone italiana.
Negli ultimi due anni Battiato è stato costantemente in attività, girando per l’Italia, suonando e componendo. Il nuovo album , “Joe Patti’s Experimental Group” (un nome scelto dichiaratamente solo perché “suona bene”) uscirà il 16 settembre.
Probabilmente Franco Battiato non è mai stato il Franco Battiato del 1975, era un’immagine troppo falsata, e in certi casi (come racconta nell’intervista a Repubblica di qualche giorno fa) anche costruita contro la sua volontà.
Ma Franco Battiato sembra avere un interesse minimo in quello che si dice, si scrive o si pensa di lui e della sua arte. Franco Battiato sembra curarsi molto di più dei dervisci ruotanti alle sue mostre d’arte che degli articoli sulla sua carriera e delle recensioni dei suoi dischi, e non ha neanche bisogno di scrivere canzoni sul fatto che non gli importa di queste cose. Forse lo si può prendere sul serio quando dice, sempre nell’intervista a Repubblica, che l’unica parte importante, nella vita, è la parte esistenziale, e che l’unica cosa che ci si aspetta e ci si deve aspettare dall’artista è che faccia quello che interessa a lui e non quello che interessa agli altri.
Michele Cera