Chi sceglie di esercitare il mestiere di pescatore, fa una vera e propria scelta di vita decidendo di consacrarla al mare: questo è vero anche a Napoli, che come cantava Pino Daniele: «è addor e mar»
Tra i luoghi più suggestivi della città partenopea vi è la splendida Mergellina; proprio qui non è difficile imbattersi in uomini che hanno dedicato la loro intera vita al mare.
Come perfette cartoline viventi, segnati dalla fatica ma mai stanchi, i pescatori hanno una dote che, nella frenesia dei nostri tempi, è sempre più difficile trovare: la pazienza. Si tratta di un mestiere che può fare solo chi ha passione ed è votato al sacrificio.
Tante sono le storie, i quadri e le poesie che raccontano della “gente di mare”. Nella raccolta “Leggende Napoletane“, Matilde Serao, la prima donna italiana a fondare un giornale, narra di un pescatore, legandolo indissolubilmente a Napoli, ma soprattutto a Mergellina.
Il protagonista della storia è descritto come un uomo mite e buono, il classico pescatore abituato a passare tutta la giornata tra amo e reti. Nella sua dedizione assoluta per la pesca, la felicità dell’uomo è semplicemente legata al successo o meno della giornata; quello del pescatore, infatti, è un mestiere difficile e incostante: un giorno può essere meraviglioso e quello dopo disastroso.
Chi fa il pescatore si muove nella consapevolezza di dover sacrificare gran parte del tempo libero e degli affetti. Perfettamente incanalato in tale archetipo è il pescatore del racconto della Serao, concentrato solo e unicamente sulle gioie del mare, l’unica ragion di vita. Si tratta di un uomo che non ha mai incontrato l’amore e mai se n’è preoccupato, fino a quel giorno.
In questo racconto l’amore mostra il suo volto più pericoloso e meraviglioso: il miraggio folle, l’accecamento inatteso, il ribaltamento improvviso di una vita in un secondo.
Il ritmo cadenzato dei secondi scandisce la giornata, ma all’improvviso quella routine rassicurante (rumore delle onde, odore del mare) viene improvvisamente spazzata via; mentre il pescatore siede come sempre a riva, ecco emergere dalle acque, da quello stesso mare a cui aveva votato la sua vita, una Ninfa Marina.
Si tratta di una creatura meravigliosa: il corpo sinuoso e bianco, i lunghi capelli biondi mossi dal vento, gli occhi verdi. Ella inizia a cantare e il suo è nient’altro che il canto di una sirena, supremamente seducente, capace di ribaltare e distruggere i piani di un’esistenza intera.
E come può un povero e comune pescatore opporsi a quel richiamo dal mare?
Egli sente il suo cuore struggersi, mosso da un ardente desiderio a cui un nome non sa dare. Forse è semplicemente la tensione verso l’indefinito, il desiderio inspiegabile di raggiungere quella donna e di perdersi nelle sue braccia. Ma ad accoglierlo non sono le calde e sinuose curve della donna, ad accoglierlo è l’implacabilità delle onde.
Tre volte affonda e tre volte torna a galla, per poi scomparire nuovamente nel mare, suo compagno di vita: il punto in cui precipita lo sventurato pescatore sarà chiamato da questo momento Mergellina. Si racconta che in alcune notti d’estate la Sirena ricompaia ancora a galla.
In Italia il mestiere del pescatore risale all’epoca romana, anche se le prime conoscenze sono state tramandate da antenati di cultura greca, fenicia ed etrusca. Si tratta di una professione avvolta da mistero e ricca di tradizioni: la conoscenza e i gesti si tramandano di padre in figlio, da vecchio a giovane per anni e anni.
Diventare pescatore richiede tempo, dedizione e pazienza; di certo non è un mestiere che si impara dai libri. Bisogna saper governare una barca, sapersi muovere e conoscere il mare, saper usare gli attrezzi del mestiere e apprendere le normative (negli ultimi anni sempre più numerose). Senza contare poi che bisogna avere una conoscenza specifica e locale: ogni mare è diverso dagli altri.
Attualmente in Italia il mestiere è ancora praticato da migliaia di appassionati: le modalità di pesca si sono sicuramente affinate, grazie anche all’impiego di tecniche più avanzate di quelle degli antenati.
Ma la figura continua ad essere circondata da un alone un po’ romantico e retrò: sarà perché quelli dei pescatori sono visi segnati dalle lunghe giornate passate al sole. Sono volti di uomini che hanno consacrato una vita al mare e alla libertà, che chiamano le barche per nomi come se fossero le compagne fedeli di una vita. Dietro ai loro sguardi si celano frammenti di vita, racconti e segreti, storie e aneddoti.
Abituati al silenzio, il mare ne ha forgiato l’anima, smussandone gli spigoli e insegnando loro che la ricompensa migliore è frutto dell’attesa. Solo grazie alla pazienza si recupera quell’equilibrio interno che la terra ferma non sempre sa regalarti.
E allora essere pescatore è sì sacrificio e dedizione, passione e pazienza, ma è anche la capacità e il coraggio di sapersi gustare la solitudine, riuscendo ad appagare quel desiderio sfrontato di libertà.
Vanessa Vaia