Regista pluripremiato, scrittore e sceneggiatore; napoletano, eccentrico, riservato, malinconico ed incredibilmente talentuoso. Nel 2014 Paolo Sorrentino è stato capace di riportare in Italia il Premio Oscar con il film La grande bellezza.
Nato a Napoli nel 1970 da Tina, casalinga solare ed allegra, e Sasà, direttore di banca introverso e silenzioso, Sorrentino perde prematuramente entrambi i genitori a causa di un drammatico incidente domestico avvenuto quando aveva solo 16 anni. Da quell’incidente – causato da una perdita di monossido di carbonio della stufa di casa – Sorrentino si salva per puro caso: si trovava altrove, perché avrebbe dovuto seguire il Napoli, squadra del cuore, per una trasferta calcistica. A tal proposito, ama pensare che sia stato Maradona a salvargli la vita.
«Da due anni chiedevo a mio padre di poter seguire il Napoli in trasferta, anziché passare il week end in montagna, nella casetta di famiglia a Roccaraso; ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo. Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire: Empoli-Napoli. Citofonò il portiere. Pensavo mi avvisasse che era arrivato il mio amico a prendermi. Invece mi avvertì che era successo un incidente. Papà e mamma erano morti nel sonno. Per colpa di una stufa»
L’incidente segna la sua vita, scavando in modo indelebile nella sua sensibilità. «Certi dolori – spiega il regista – condizionano la vita. Non necessariamente in negativo, perché a volte il dolore porta a una trasformazione intelligente: da un lato toglie, dall’altro dà».
All’università, Sorrentino segue per un periodo le orme del padre iscrivendosi alla facoltà di Economia e Commercio. Ma il cinema, la scrittura, il raccontare storie rimangono la sua passione e decide di avvicinarsi al mondo cinematografico proponendosi come assistente di produzione. Sul set Sorrentino è poco organizzato e ritardatario – è chiaro che il lavoro ordinario non gli si addice – ma la sua inventiva non passa inosservata. Viene notato dal produttore Nicola Giuliano a cui sottopone le proprie sceneggiature. Nel 2001 inizia la sua carriera da regista e il fortunato sodalizio artistico con Toni Servillo con “L’Uomo in più”, suo primo film.
Sorrentino dice di sé: « Mi tengo lontano dall’angoscia e dell’ansia. L’unico modo che conosco per stare al mondo è frequentare l’ironia. L’ironia, la leggerezza costringono a trovare il ritmo e il ritmo è la cosa più rilevante per il mio lavoro». Sul proprio modo di fare cinema e raccontare storie sostiene che siano due le leve che smuovono la sua creatività: la noia e la malinconia. Definisce la noia come qualcosa di necessario e propedeutico al proprio lavoro, una piattaforma da cui partire per creare mondi paralleli: «Solo annoiandosi del mondo si può cominciare a creare altri mondi, mondi propri».
La malinconia è invece per il regista Sorrentino una zona piacevole, di comfort. Quel momento in cui si riesce ad essere tristi senza motivo, si capisce che c’è qualcosa che non va ma non si sa cosa sia: «Avere una sensazione di tristezza per un motivo che non conosci è un buon movente per provare a creare qualcosa di buono», spiega durante una TEDx Talk a Reggio Emilia.
Al carattere schivo e riservato, Paolo Sorrentino contrappone una cinematografia roboante ed eccessiva, nei personaggi (Andreotti ne ‘Il Divo’, Berlusconi in ‘Loro’, Lenny Belardo in ‘The Young Pope’), nelle immagini e nelle musiche. A tal proposito sostiene: «Mi piace raccontare quegli uomini che cercano di esorcizzare la tragedia della loro vita attraverso il vitalismo».
Della realtà, Sorrentino, è un instancabile osservatore. Durante le cene al ristorante ama osservare le dinamiche che si instaurano tra le persone nei tavoli accanto, per cogliere la distanza che esiste tra l’immagine che gli uomini vogliono dare di se e quel dettaglio che rivela la verità. In cerca di ispirazione per quello che potrà essere il prossimo capolavoro di Paolo Sorrentino.
Antonella Di Lucia