Sabato 10 ottobre ad Ankara si è tenuta una manifestazione pacifista contro la ripresa del conflitto tra Partito curdo dei lavoratori (Pkk) e esercito nel sud est del paese organizzata dai sindacati di sinistra, Kesk (funzionari pubblici), Disk, l’associazione dei medici (Ttb) e il Partito democratico dei popoli (Hdp).

Dopo pochi minuti sono esplosi due ordigni che hanno causato la morte di 97 persone e 246 feriti molti dei quali militanti dell’Hdp. Finora le vittime identificate dalle autorità sono 91. A detta dei filo-curdi di Hdp il bilancio è di 128 morti di cui 120 noti.

Lo scenario di Ankara è molto simile all’attentato del 5 giugno che ha avuto luogo a Diyarbakir nel quale sono morte 4 persone e 400 sono rimaste ferite. Anche in quel caso la strage era stata causata dallo scoppio di due bombe una dopo l’altra mentre si stava tenendo una manifestazione dell’Hdp prima delle elezioni del 7 giugno in cui ottennero il 13% dei voti facendo perdere la maggioranza al Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp).

In assenza di prove effettive, le cause e i mandati per ora sono ignoti. A detta del Governo turco la strage di Ankara sarebbe stata compiuta da due kamikaze, quasi sicuramente militanti dell’Isis. Il premier Davutoglu ha dichiarato ai media locali che uno dei due attentatori è vicino all’identificazione, mentre per quanto riguarda il secondo si può dire quasi con certezza che si tratti di una donna.

La stampa filogovernativa, simpatizzante dell’Akp e del suo leader nonché presidente turco Erdogan, dopo questi avvenimenti, ha subito preso di mira i militanti del Partito democratico dei popoli. Selahattin Demirtaş, capo di Hdp, è stato accusato di aver organizzato lui stesso l’attentato in modo da ‘‘trarre vantaggio dai morti’’ per ottenere più voti e bannato da ogni canale televisivo turco.

Come se non bastasse la stampa di opposizione è stata condannata al silenzio. Molti giornalisti sono stati processati dopo essere stati accusati di ‘‘vilipendio al presidente’’ (circa 300 dal 2014) e spesso e volentieri vittime di aggressioni. L’ultimo linciaggio è avvenuto la sera del 1 ottobre a danno Ahmet Hakan, giornalista di Hürriyet e di Cnn Türk, malmenato davanti alla sua abitazione da quattro persone, tre delle quali erano militanti dell’Akp.

L’associazione dei medici turchi (Ttb) e alcuni sindacati hanno proclamato due giorni di sciopero in ricordo delle vittime. Centinaia di migliaia di turchi si asterranno dalle loro attività quotidiane per partecipare alle decine di manifestazioni organizzate in tutto il paese. I cittadini sono stati invitati a esporre drappi neri in case, luoghi di lavoro e auto in segno di lutto.

Il 1 novembre in Turchia si tengono le elezioni anticipate indette da Erdogan dopo l’insuccesso di quelle del 7 giugno. Il rischio di nuovi attentati e aggressioni è elevato. Forte è il timore del popolo turco.

Vincenzo Nicoletti

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