Con la decisione del Parlamento europeo sugli OGM, giunta in chiusura del semestre di presidenza italiano, il nostro ministro dell’Ambiente Galletti può fregiarsi di un risultato politico ritenuto di estrema importanza.
Le sue parole, a margine dell’approvazione con 480 voti favorevoli, 159 contrari e 58 astenuti, assumono del resto toni trionfalistici probabilmente eccessivi, rispetto a una soluzione ottenuta sì dopo quattro anni di difficili negoziati e delicati equilibri da bilanciare, ma anche ricca di compromessi e decisioni a metà.
“Tuteliamo fortemente l’agroalimentare e l’ambiente italiano, caratterizzati da una immensa biodiversità. Si tratta di un’azione incisiva che vigila sui prodotti italiani, di estrema qualità, che i cittadini potranno consumare in tutta tranquillità, nel rispetto dell’ambiente e della salute, a differenza dei prodotti che arrivano da quei Paesi che continuano a produrre OGM. Un grandissimo risultato ascrivibile alla presidenza italiana in questi sei mesi”. Così si è espresso il ministro in una recente intervista ad Unomattina.
Il lavoro paziente e certosino portato avanti assieme al ministro per le Politiche Agricole Martina possiede, in effetti, i crismi della vittoria; quantomeno per aver superato lo stallo che perdurava nel Parlamento europeo dai tempi della precedente Commissione guidata da Barroso.
In sostanza, con la nuova direttiva ogni singolo Stato membro sarà libero di approvare o respingere la coltivazione, sul proprio suolo, di OGM in maniera unilaterale. Questo risultato, assieme all’accordo sul clima e all’eliminazione dal mercato dei sacchetti di plastica, rappresenta motivo di soddisfazione in seno al Governo italiano: tuttavia, è bene analizzare la situazione con maggior dettaglio per comprenderne l’effettiva portata.
La coltivazione di OGM sul suolo europeo, difatti, riguarda una percentuale irrisoria dei terreni: lo 0,07%, principalmente di mais Mon810 e perlopiù in Spagna e Portogallo. A fronte di ciò, tuttavia, va detto che in Europa si importano oltre cinquanta prodotti OGM dall’estero, in particolar modo dal Sudamerica, per soddisfare il fabbisogno degli allevamenti.
Insomma, il maggior pregio della direttiva appena approvata è quella di restituire un minimo di certezza legislativa e discrezionalità ai singoli Stati, che nel passato si erano trovati di fronte a veri e propri paradossi (come la coltivazione del mais TC1507, che venne approvata nonostante l’opposizione di 19 Stati su 28).
Un passo avanti per la tutela di ambiente e biodiversità, ma non privo di zone d’ombra e possibili ripercussioni negative: come dichiarato dal francese José Bové (Verdi), tale decisione rischia di sottoporre i singoli governi nazionali alle fortissime pressioni delle multinazionali, che potrebbero più facilmente manipolare il consenso politico per ottenere la coltivazione di OGM sui singoli territori nazionali.
Qui il comunicato ufficiale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Emanuele Tanzilli