«Io sono uno degli 80 del VII nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte». È ciò che recita il post di Fabio Tortosa su Facebook.

diazÈ stato pubblicato il 9 aprile, ossia due giorni dopo la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, e ha raggiunto circa 200 mi piace.

Tuttavia, nel leggere tali parole, molti si sono indignati, altri lo hanno appoggiato. Tra i vari commenti si legge: «Quello che scrivi è folle», oppure «Eravamo torturatori con le palle». Lo stesso Tortosa commenta a chi lo sta attaccando in queste ore, dicendo: «Esistono due realtà, due verità. La verità e la verità processuale. La verità processuale si è conclusa con una condanna» – e aggiunge – «Poi esiste la VERITA’, quella con tutte le lettere maiuscole. Quella che solo io e i miei fratelli sappiamo, quella che solo noi che eravamo lì quella notte sappiamo». 

Per quanto ci concerne, sappiamo che alla Diaz quella notte del 2001 i manganelli si levarono e il sangue scorse. Questa è la verità che emerge dai processi e dai racconti di chi c’era, e non è un caso che per Amnesty International quella di Genova fu la «più grande sospensione dei diritti democratici, in un paese occidentale, dalla fine della seconda guerra mondiale».
175041318-6ed7ae07-f7bd-4fdf-a74f-c8863efceb46Aggiornamento: risulta che Fabio Tortosa abbia disattivato il profilo Facebook, dopo l’infelice uscita sui fatti della Diaz. Probabilmente un ponderato silenzio prima di scrivere il post avrebbe evitato di sollevare un polverone del quale non si sentiva alcun bisogno.

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