Una storia che non può avere lieto fine, un romanzo di ingiustizie in cui non c’è spazio per la speranza e il sogno di un domani migliore.

Anosh Irani, lo scrittore di etnia parsi da Vancouver, urla al mondo la sua disapprovazione con il suo romanzo “Il bambino con i petali in tasca”.

La vicenda è ambientata a Bombay, la città in cui viveva prima di trasferirsi in Canada, un luogo quindi che conosce bene e di cui ha cercato di riprodurre ogni minima sfumatura. Sullo sfondo delle vicende del piccolo protagonista Chamdi, Irani ci catapulta negli anni ’90, nel pieno delle rivolte di carattere religioso tra indù e musulmani. È una realtà che lui non riconosce, così diversa da quella Bombay in cui aveva vissuto da piccolo, quando persone di cultura differente potevano convivere serenamente. “Ora non ci si stupisce che vi scoppino bombe, che i treni saltino in aria, che le case vengano date alle fiamme. Chiamarla Mumbai è un atto politico a cui mi sottraggo.” Afferma malinconicamente.

Chambi è un bambino cresciuto in un orfanotrofio, alla stregua delle vecchie storie narrateci da Dickens, e per riuscir a sopravvivere tra quelle ombre si aggrappava ai sogni con tutte le sue forze. Non riusciva a legare con gli altri bambini, un gruppo di personcine troppo cresciute e gli occhi spenti ed inespressivi, mentre lui immaginava altre realtà, un mondo migliore in cui le sue costole troppo sporgenti usciranno dalla sua pelle per diventare grosse zanne di elefante. Sarebbe un supereroe, nessuno gli avrebbe più fatto del male, tutti si sarebbero inchinati davanti il paladino della giustizia.
E fu proprio la giustizia a voltargli le spalle.

Chambi è stato abbandonato: un signore identificabile come suo padre una notte lo ha lasciato all’entrata dell’orfanotrofio con un lenzuolo macchiato del suo sangue. Nessun ripensamento, nessun dubbio.
Chambi ha intenzione di cercarlo, uscire da quella campana di vetro che lo ha accolto per tutta la sua infanzia e girovagare per la città con indosso quel lenzuolo e, in tasca, dei petali di bouganville, quei fiori che poteva ammirare dal suo davanzale, così belli e fragili, un gran simbolo dal momento che dalla città si sentivano continuamente spari e frastuoni di bombe.
Ma la vecchia Bombay non risparmia nessuno.

La realtà in cui il protagonista si imbatte è sconvolgente e atroce. Le strade non sono sicure, le persone senza scrupoli, i bambini destinati ad inciampare nello stesso destino.
“Il mio dovere in quanto narratore è di essere onesto. La crescita economica del Paese fa star meglio la classe media e rende super-ricco chi già viveva nel lusso. Ma la grande massa dei poverissimi non risente, per ora, di alcun effetto positivo.” Così si rivela Irani, come un autore dalla penna tagliente, specchio di una società che ormai basa la sua vita sulla violenza e la distruzione.

Chambi conosce due bambini, Sumdi e Guddi, fratello e sorella, come lui soli e disperati. I due sono alla mercé del capo della delinquenza locale, Anand Bhai che si approprierà anche della libertà del protagonista, facendolo unire al suo “esercito” di mendicanti. Bhai agisce con un regime del terrore, pretende denaro e per assicurarsi risultati punisce i suoi scagnozzi mutilandoli per fargli capire chi comanda e per rendere i loro corpi deformi in modo da impietosire i passanti.
I tre bambini si ritrovano proiettati in una realtà che non gli appartiene, che li costringe a crescere troppo in fretta, gli strappa via le ali e tutta la loro innocenza. L’unica cosa che li fa andar avanti è il sogno di Kahunshala città senza tristezza”, dove non esiste miseria o infelicità, e i bambini possono giocare sereni in strada.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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