Qualche settimana fa vi abbiamo parlato del fenomeno di “The Movement”, la piattaforma di Steve Bannon che mira a unire tutti i movimenti nazionalisti d’Europa.
Ma la saldatura di un blocco che riunisse il sovranismo in Europa era iniziata già da molto prima, favorita da diversi fattori che accomunano i partiti della destra che avanza nel Vecchio Continente.
Andiamo quindi ad analizzare la situazione.

Partiamo da un po’ di storia: il primo partito europeo di estrema destra è l’Alleanza Europea per la Libertà, fondata nel 2010. L’Alleanza però non riunisce altri partiti, ma semplicemente singoli individui: tra questi, da segnalare i nomi di Marine Le Pen e Matteo Salvini, che in questa narrazione torneranno spesso.

Per la creazione di un vero partito del sovranismo europeo bisognerà attendere fino a dopo le Europee 2014, quando nascerà il Movimento per un’Europa delle Nazioni e della Libertà: in questo raggruppamento sono ad oggi compresi il Front National francese, la Lega in Italia, il Partito della Libertà austriaco e altri partiti minori come Interesse Fiammingo in Belgio, il Congresso della Nuova Destra in Polonia, Libertà e Democrazia Diretta in Repubblica Ceca e Volya in Bulgaria.

Il primo gruppo al Parlamento Europeo invece arriva l’anno dopo: è il 2015 e la destra europea decide di riunirsi nell’Europa delle Nazioni e della Libertà, che oltre ai partiti già citati raggruppa anche Alternative für Deutschland in Germania e il Partito per la Libertà in Olanda.

Ed è proprio pensando a questo nucleo che Salvini – già vicepresidente dell’Europa delle Nazioni e della Libertà – aveva proposto, qualche mese fa, l’idea della “Lega delle Leghe” come base per un’alleanza del sovranismo europeo. Idea che si è poi tramutata nell’adesione al movimento di Bannon.

Bannon Le Pen
Steve Bannon e Marine Le Pen: quest’ultima ha recentemente bocciato il progetto di The Movement

Già parlando di The Movement, però, vi abbiamo anticipato di come sia Alternative für Deutschland che il Partito della Libertà austriaco abbiano snobbato la piattaforma di Bannon; e nelle ultime settimane perfino Marine Le Pen ha espresso parole critiche verso il progetto, dichiarando«L’unica forza politica che salverà gli europei alle elezioni dell’UE saranno gli stessi europei». Declassando quindi Bannon e lasciando Salvini con un pugno di mosche in mano. Il progetto di un’alleanza della destra euroscettica rischia quindi di non arrivare nemmeno alle Europee, o se non altro di arenarsi poco dopo l’appuntamento elettorale.

Il motivo è presto detto: alla base del successo del sovranismo e della destra in Europa c’è l’idea che ogni nazione curi esclusivamente i propri interessi. Come possono partiti di nazioni diverse allearsi per perseguire obiettivi che spesso sono in contrasto tra di loro?

Basti pensare al rapporto tra l’Italia e i paesi di Visegrad – anch’essi candidati a entrare nel progetto di un’Europa di destra – sul tema dell’immigrazione: il premier ungherese Orbán chiede a gran voce che i migranti non vengano redistribuiti dai paesi di prima accoglienza – come l’Italia – al resto dei paesi europei, unendosi al coro del Ministro dell’Interno tedesco Seehofer, che proprio su questo tema aveva minacciato di far cadere il governo Merkel pochi mesi fa.

Orban Salvini
Orbán e Salvini, insieme a Milano poche settimane fa: per quanto ancora andranno d’accordo?

Ma Salvini per ora non vede – o fa finta di non vedere, per non incrinare i rapporti – questo conflitto di interessi, continua nelle sue lodi sperticate alla politica delle frontiere chiuse di Orbán e contemporaneamente accusa l’Europa di non farsi carico dell’emergenza migranti. Quanto ancora può durare questo doppio gioco?

Questa corsa al sovranismo rischia perfino di riaccendere liti che sembravano ormai messe nel cassetto: è il caso della questione irlandese, che è alle prese con una pericolosissima ridefinizione delle frontiere dovuta all’uscita del Regno Unito dall’UE. Con la Repubblica d’Irlanda ancora parte dell’Unione Europea, il rischio è quello di tornare a un confine fisico e a inasprire di nuovo un vecchio conflitto mai sopito del tutto.

Un’altra questione delicata è quella franco-tedesca: dopo la Seconda Guerra Mondiale, Francia e Germania hanno finalmente messo da parte 400 anni praticamente ininterrotti di conflitti e si sono poste l’una accanto all’altra nella creazione di un nuovo equilibrio europeo. Tutt’ora la pace franco-tedesca è una delle più grandi conquiste dell’UE, e l’asse Macron-Merkel sembra più che saldo. Ma quale sarebbe la situazione se i due paesi fossero governati, rispettivamente, dai nazionalisti dal Front National e da Alternative für Deutschland? La prospettiva di un ritorno allo sciovinismo e al revanscismo non sembra così esaltante.

Quel che è certo, intanto, è che nonostante i fisiologici dissidi tra i vari partiti nazionali la destra vive un trend più che positivo a livello europeo (e mondiale, leggasi Bolsonaro): persino in Svezia, paradiso della socialdemocrazia finora quasi immune ai rigurgiti nazionalisti, alle ultime elezioni di settembre l’estrema destra (che ha un fiore nel simbolo e come nome “Democratici Svedesi”: una destra caramellata…) ha fatto segnare un buon 17,6% che la classifica come terzo partito del Riksdag, il parlamento svedese.

Visegrad
I 4 leader di Visegrad. Da sinistra: Pellegrini (Slovacchia), Morawiecki (Polonia), Orbán (Ungheria) e Babis (Repubblica Ceca)

Nel 2018 era già toccato alla Repubblica Ceca (con l’elezione dell’euroscettico e filorusso Miloš Zeman) e all’Ungheria, dove è stato riconfermato in maniera quasi plebiscitaria Orbán. Oltre ovviamente all’Italia, che resta la preoccupazione numero 1 dei vertici UE in quanto si tratta del paese più grande e più avanzato ad avere un governo apertamente critico nei confronti dell’Unione Europea. In definitiva sono 6 (Italia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Austria e Danimarca) i paesi membri dell’Unione Europea ad avere nella coalizione di governo partiti di destra ed euroscettici.

Partiti quasi tutti accomunati, chi più chi meno, dai temi tipici della destra moderna: lotta all’immigrazione, anti-islamismo, ostilità verso la globalizzazione e l’austerity, euroscetticismo. Il tutto condito da una buona dose di conservatorismo per quanto riguarda i diritti civili e dalla tradizionale retorica sulle radici tipica dei movimenti nazionalisti.

Ma basteranno questi temi a tenere insieme l’internazionale nazionalista e a non far venir fuori gli interessi divergenti? Non manca poi molto per avere una prima risposta: basta aspettare maggio.

Simone Martuscelli

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