Jacopo Mele è un giovane innovatore italiano e Presidente della Fondazione Homo Ex Machina Onlus, realizzare soluzioni ad alto impatto sociale attraverso le nuove tecnologie, il suo grande amore. Quest’anno è stato insignito del Salernitan Talent Award. La sua vita tra Salerno, Roma, Londra.

In diretta dall’India, Jacopo ci regala un selfie durante l’intervista.

Sei originario del salernitano, precisamente di Fisciano. Quando pensi al tuo territorio di origine, cosa ti viene in mente?
Jacopo Mele: «La prima cosa che mi viene in mente sono i miei amici di infanzia e la mia famiglia. Poi mi viene in mente l’Università degli Studi di Salerno: sono cresciuto dentro al campus. Fisciano è dentro l’Università e l’Università è dentro Fisciano, sono pienamente integrati. Il mio sogno è vedere Fisciano con una nuova mobilità. Io non ho frequentato l’Università in quanto studente ma in quanto cittadino; ti consente di contaminarti tantissimo. A 10 anni puoi confrontarti con studenti di ogni corso di laurea mentre loro sono in pausa.»

Sei un digital-life coach. Di cosa si tratta? Come hai strutturato la tua formazione?
Jacopo Mele: «Il digital-life coach è l’allenatore alla vita digitale. Accompagna i dirigenti in tutto quello che è il processo di digital transformation dell’azienda. Trasferisce il suo approccio e la sua metodologia ai dirigenti, in modo da metterli nelle condizioni da poter prendere delle scelte efficienti e redditizie in maniera autonoma. Non è un consulente che propone una soluzione, ma trasferisce un approccio sui temi della digital economy. Il percorso non-accademico corrisponde al 99% del mio percorso formativo. Sono stato molto fortunato: sono l’ultimo di 4 figli e appena nato sono stato accolto dai miei fratelli più grandi, il mio primo team. Ero il diplomatico della famiglia e ho potuto assorbire tanta conoscenza. Da piccolo ho scritto le prime righe di codice, poi mio fratello Mario mi fece conoscere FinalCut. Jacopo Mele, fonte: http://www.sentieridigitali.it/societa/il-racconto-di-Jacopo-Mele-digital-life-coaching-innovazione-connettere-persone-scambiare-sapere-1262

All’Università lessi un annuncio di un gruppo studentesco, che stava girando un cortometraggio, in cerca di un collaboratore. Avevo scelto di frequentare il nautico, ma facevo tantissime assenze. Finché non sono arrivato da un barbiere, Mario Ventura, in arte Morfuco (un raper locale, ndr), che mi aveva consigliato un mio compagno di classe. In quell’occasione ho confidato a Morfuco di voler comprare la mia prima videocamera ed insieme a lui inizio a fare una WebTv, che ebbe un discreto successo. Pian piano mi sono appassionato al marketing.. Wired dedicò qualche pagina ai nativi digitali, e fui incluso anche io, come potenziale Governo 2020. Lasciai il nautico e mi iscrissi a CineTv a Roma. Ho avuto la possibilità di incontrare persone importanti fuori dall’accademia e di creare connessioni tra loro.»

Secondo il tuo punto di vista: può il digitale avere un’incidenza positiva sul territorio in cui agisce?
Jacopo Mele: «Certo. Il digitale non deve essere inteso come qualcosa in più. Tutto quello che è stato costruito è stato fatto cogliendo al meglio le opportunità di quel secolo. Il digitale non è qualcosa di strano, ma alla base del nostro secolo. Può far bene ad un territorio. Ti faccio un esempio: Paypal si ispira a Mobile Pesa, un metodo di pagamento che si è sviluppato in Africa. E’ pensare il sistema dei metodi di pagamento cogliendo le opportunità del territorio, in alternativa alla banca fisica. Per me digitale vuol dire cogliere le opportunità di oggi. Prima, si progettava e, poi, si realizzava un prodotto. Oggi si crea un’interazione e man mano la si migliora, facendo tesoro di ogni singola esperienza.» 

L’espressione Questione Meridionale indica un concetto superato o ha ancora una sua attualità?
Jacopo Mele: «Dirti che Nord, Sud, Est ed Ovest sono uguali sarebbe una bugia. Probabilmente dobbiamo diventare consapevoli perché in Italia viviamo un disturbo: “il disturbo del campo da calcio”. Il disturbo prevede che tutti i paesi, qualsiasi sia il numero di abitanti, debbano avere il campo da calcio ed essere full come la Silicon Valley. Dobbiamo essere consapevoli che ci sono delle zone in cui si fanno bene delle cose. L’Italia è uno dei paesi con maggiore biodiversità nel mondo e questo ci permette di avere moltissime eccellenze, soprattutto agroalimentari. Le persone che volevano diventare artisti nel Rinascimento andavano a Roma, chi vuole fare tecnologia deve andare in Cina, chi vuole fare moda deve andare a Parigi, chi vuole fare bene le mozzarelle deve andare a Battipaglia, perché lì si presidia la migliore soglia di innovazione perché si dibatte continuamente su quel tema. Non possiamo avere tutti il campetto da calcio. La Campania e la Sicilia sono tra le regioni più ricche di beni culturali in Italia, con più brand turistici ravvicinati.»

Sei stato incluso nella lista dei baby politici più influenti d’Europa dalla rivista Forbes. Ma la politica, per te, è un orizzonte?
Jacopo Mele: «La politica per me è fare. Se vedi la politica nel senso di “fare il politico”, non è quello a cui aspiro e quello che faccio. Di quell’elenco, io sono l’unico non politico, nè burocrate o lobbista. Faccio politica creando progetti ed impattando con progetti nel quotidiano, attraverso non-profit o imprese sociali. Sono molto attento ai temi di formazione ed orientamento degli Under25 perché prima di parlare di patrimonio artistico o beni culturali, dovremmo puntare sul nostro capitale umano. Le persone che lavorano con me sanno che io sono a favore degli Under18 perché se dai loro fiducia possono restituirti tutto in maniera esponenziale, ma hanno bisogno del mantello da supereroe non di calci nella pancia. Quell’energia deve incontrare i capelli bianchi. Per me fare politica è connettere, per esempio, queste due generazioni attraverso relazioni one-to-one di alto valore». 

Un suo intervento a TedxYouth@Bologna qui.

Sara C. Santoriello

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