“All’inizio della Strada c’era solo un sentimento confuso del film, una nota sospesa che mi procurava soltanto un’indefinita malinconia. La storia nacque con facilità: i personaggi apparivano spontaneamente, se ne tiravano dietro altri, come se il film fosse pronto da tempo e aspettasse solo di essere ritrovato. Cos’è che me lo ha fatto ritrovare? Prima di tutto, credo, Giulietta. Così, dunque, mi apparve Gelsomina: nelle vesti di un clown, e subito accanto a lei, per contrasto, un’ombra minacciosa e buia, Zampanò.”.
Così Fellini racconta la genesi del film che, girato nel 1954, gli valse un Oscar nel 1957, l’anno in cui venne istituita la categoria “Miglior Film Straniero”.
La Strada è una fiaba feroce, che allontana definitivamente Fellini dal Neorealismo (allontanamento che la critica non vedrà di buon occhio) e che, insieme a “Il bidone” (1955) e “Le notti di Cabiria” (1957), pone lo sguardo su personaggi fragili, condannati dall’indifferenza e dalla mancanza d’amore del mondo che li circonda.
Zampanò è un artista di strada, un girovago che si esibisce in un numero di forza in giro per l’Italia insieme alla sua assistente Rosa. In seguito alla sua morte Gelsomina, sua sorella, la sostituisce, seguendo Zampanò.
Gelsomina rappresenta l’innocenza, la semplicità e la purezza dei sentimenti a cui si contrappone il personaggio di Zampanò, brutale, violento ed insensibile. Sulla strada di questa coppia creata dal caso, si affaccia un terzo personaggio fondamentale: il Matto.
Il Matto rappresenta simbolicamente l’aria; infatti si esibisce come funambolo, fa parte di un circo vagante ed è in continuo battibecco con Zampanò. Questo strambo personaggio, depositario di saggezza popolare, instaurerà un forte legame con Gelsomina.
Il funambolo le insegna a suonare la tromba, e la convince a restare con il brutale Zampanò. L’unica possibilità di redenzione per quell’uomo così violento e insensibile è lo sguardo innocente e puro della dolce Gelsomina.
Tuttavia la morte del Matto, provocata da Zampanò, segnerà il crollo definitivo di quel personaggio così fragile. La scoperta della morte di Gelsomina, che Zampanò aveva abbandonato, sarà forse l’unico modo per raggiungere la redenzione.
Il film vuole essere una riflessione sull’aridità della società contemporanea; l’attenzione dimostrata per la materialità ha condotto all’indifferenza nei rapporti umani e ad un vuoto interiore.
Fellini riconosce quindi in Gelsomina, pura ed innocente, la possibilità di riscatto di questo mondo così brutale, rappresentato dalla rozza e violenta figura di Zampanò.
A fare da sfondo il circo, tema caro al regista e presente, in minima o massima parte, in ogni suo film. Il circo per Fellini è la vita e la figura del clown non è altro che la caricatura dell’uomo, rappresenta il suo aspetto irrazionale: “ il clown bianco e l’augusto sono la maestra e il bambino, la madre e il figlio monello; si potrebbe dire, infine: l’angelo con la spada fiammeggiante e il peccatore. Insomma, essi sono due atteggiamenti psicologici dell’uomo: la spinta verso l’alto e la spinta verso il basso, divise, separate”.
Gelsomina e Zampanò rappresentano proprio l’incontro/scontro di queste due forze contrapposte, a cui fa da cornice la follia eternamente malinconica del circo.
Gabriella Valente