Le elezioni di dicembre non sono bastate. La Spagna, sei mesi dopo, è ancora senza governo e gli elettori ne sono visibilmente delusi. La situazione si profilava complessa sin dalla notte del voto quando, risultati alla mano, nessun partito poteva dire di aver vinto ed El País titolava “Bienvenidos a Italia”, patria dell’incerta ingovernabilità e del bipolarismo schizofrenico. Stessi candidati, stessi programmi: ma qualcosa è cambiato e il 26 giugno lo scenario sarà molto diverso da quello di sei mesi fa.

Si è tenuto questo lunedì l’unico dibattito della campagna elettorale, più statico e pianificato di quelli organizzati a dicembre. La grande novità è stata la comparsa del presidente uscente Mariano Rajoy, che nelle scorse occasioni aveva declinato gli inviti: questa volta c’era pure lui. Si pensava che sarebbe stata una carica “tutti contro il PP”, ma così non è stato. Ci sono sì stati ripetuti scontri col partito di governo, ma chi si è dovuto difendere di più dagli attacchi altrui è stato Pablo Iglesias, candidato alla presidenza del governo di Unidos Podemos. Il leader viola infatti ha dovuto ribattere alle parole di Sánchez che lo accusava di aver impedito il cambiamento non accordandogli la fiducia in marzo e di Rivera che ha tirato in ballo le relazioni con Maduro e il Venezuela.

Si è dedicata una parte del dibattito ai “patti post-elettorali” e qui i candidati hanno adottato strategie differenti: Sánchez ha evitato di pronunciarsi appellandosi al “voto utile”, Rajoy ha ribadito che deve governare la lista che ottiene più voti, Rivera ha garantito che se dipenderà da Ciudadanos ci sarà un governo e infine Iglesias ha ben definito il PSOE come alleato naturale nonché compagno di governo nel caso i numeri lo permettessero. Nel corso del dibattito infatti, ogni volta che Sánchez attaccava il leader di Podemos questo gli sussurrava che il nemico è un altro (Rajoy, ndr). Iglesias era l’unico candidato a non essere lì in veste di leader di partito ma di coalizione perché, come vi abbiamo raccontato in un recente articolo, Podemos non correrà da solo a queste elezioni ma lo farà insieme ad altri soggetti politici nella lista Unidos Podemos.

La scelta di confluire in un’unica lista sembra premiare Izquierda Unida, Podemos, Equo e altri cartelli elettorali regionali che, stando ai sondaggi, continuano la loro crescita consolidando il “sorpasso” (all’italiana) ai danni dei cugini del PSOE e puntando al primo posto per ora ben difeso dal Partito Popolare a tre punti di distanza, con il 29%. Secondo l’ultimo sondaggio del CIS, Unidos Podemos e PSOE raggiungerebbero 172 seggi, tredici in più rispetto alle elezioni di dicembre, a -4 dalla maggioranza assoluta. Per la peculiare legge elettorale spagnola Ciudadanos e PP nonostante crescano di pochi decimi, perderebbero alcuni seggi rispetto alla scorsa tornata elettorale.

Spagna Catalogo Podemos
Il programma elettorale di Podemos è stato presentato come se fosse un catalogo di Ikea
A meno di due settimane dalle elezioni, la campagna elettorale entra nel clou e le strategie dei partiti emergono e si iniziano a dare battaglia tra le tribune politiche in televisione e le piazze di Spagna.

Il PP estremizza il dibattito e pone due possiblità all’indomani del voto: o la continuità del PP al governo del Paese o «la deriva populista di Podemos». Albert Rivera invece si è visto costretto a farsi spazio sgomitando a destra e a sinistra contro Rajoy e contro Iglesias. Il PSOE carica contro quelli di Podemos accusandoli di essere i responsabili di nuove elezioni e paragonandoli a quelli del PP. Iglesias invece ha smussato le posizioni più dure, come il referendum catalano, e adottato un profilo più istituzionale e meno revanchista.

Il 26 giugno non sarà come il 20 dicembre, questa volta qualsiasi sia il risultato elettorale i partiti in campo sono spinti da una forte pressione che li porterà con molta più probabilità verso accordi di governo e che impedirà quasi sicuramente una terza chiamata al voto. L’ipotesi più probabile, osservando i flussi elettorali, resta quella di un governo Unidos Podemos-PSOE, ma è veramente questione di pochi voti che garantiranno o meno la maggioranza dei seggi a questo blocco, e anche se questa maggioranza venisse ad esso conferita, viste le premesse, le negoziazioni per l’investitura saranno tutt’altro che semplici. L’unica certezza è che chi governerà, se governerà, non potrà farlo da solo e questo, bene o male lo sanno tutti, in questa Spagna non più bipolarista.

Giacomo Rosso

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