Renzi si è recato questa mattina alla Camera per illustrare il suo programma per i “mille giorni” di governo che ancora restano. Nel pomeriggio arriva al Senato, dove dovrà convincere i senatori delle proprie buone intenzioni. Ma dall’aula di Montecitorio non sono tutti soddisfatti, anche tra la maggioranza.
“Mille giorni sono l’ultima chances per far ripartire il Paese“. Esordisce così il Premier, Matteo Renzi, arrivato a Montecitorio per illustrare il programma del governo nei prossimi anni. Il discorso arriva dopo la batosta OCSE, che annulla le stime di crescita dell’Italia e stima una perdita di 0.4 punti percentuali per il 2014. Il discorso affronta tutte le tematiche che stanno particolarmente a cuore al governo: dalla scuola al lavoro, dalla giustizia alle riforme costituzionali.
Renzi è da subito chiaro: le sue intenzioni sono di portare avanti la legislatura fino alla fine naturale del mandato, cioè nel 2018, con il permesso delle Camere che possono “in ogni momento negare la fiducia al governo“. Inizia il suo discorso parlando delle riforme, dicendo che è “obbligo del governo indicare dove vogliamo portare il Paese“. Tra le priorità di Renzi c’è la riforma elettorale che, secondo il premier, va fatta subito ma senza tornare subito alle urne. Ovviamente centrale è il discorso sulla situazione economica, che ha ricacciato l’Italia nella recessione. “L’obiettivo è tornare a crescere partendo dal numero di occupati il cui passo in avanti è comunque insufficiente, visto l’aumento della disoccupazione” spiega il Premier, che poi dice di non accettare lezioni dagli esperti che nulla hanno fatto, in questi anni, per la crisi economica. Il discorso parla anche della riforma della giustizia con Renzi che conferma la volontà di tagliare i giorni di ferie della magistratura, a cui lancia anche un monito: “L’avviso di garanzia non può costituire un vulnus all’esperienza professionale di una persona” dice Renzi, evidentemente rivolto alla procura di Bologna. Largo spazio è dato anche al lavoro, con il premier che promette che “al termine dei mille giorni il diritto del lavoro non sarà quello di oggi. Io ritengo che non ci sia cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide i cittadini in cittadini di serie A e di serie B. Se sei un partita iva non conti niente. Se sei un lavoratore di un’azienda sotto i 15 dipendenti, non hai alcune garanzie. Se stai sopra sì. Questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid. Le regole sul lavoro vanno ridotte, ma devono essere chiare“. In coda al discorso c’è scuola e diritti civili: per la scuola Renzi ha difeso l’iniziativa di andare nelle scuole insieme ai ministri, dopo qualche attacco in merito, mentre per i diritti civili il premier ha promesso che “entro la fine dei mille giorni ci sarà una legge sui diritti civili”.
Renzi dice no a diritto del lavoro di serie A e B. Propone tutte lavoratrici e lavoratori in serie C.
— Stefano Fassina (@StefanoFassina) 16 Settembre 2014
Renzi come Monti e la destra utilizza il termine apartheid x scaricare su padri sfigati il dramma del lavoro di figli ancora più sfigati
— Stefano Fassina (@StefanoFassina) 16 Settembre 2014
Differenti le reazioni dell’aula. Critico il MoVimento 5 Stelle, che ha bollato il discorso come una “inutile perdita di tempo”. Commento simile anche da Forza Italia, che con Brunetta definisce l’intervento del premier come “aria fritta“. Proteste via Twitter arrivano anche dal deputato dem Stefano Fassina che non ha apprezzato il passaggio sul lavoro. Fassina critica il premier perchè, a suo dire, la riforma del lavoro “propone tutte lavoratrici e lavoratori di serie C“. Dall’Aula, poi. i deputati leghisti hanno sventolato la bandiera di San Marco rivendicandone l’indipendenza.
Si stringe intorno al premier, invece, la maggioranza, con Speranza del PD che parla di un partito “pronto alla sfida dei mille giorni“ e Nunzia De Girolamo, di NCD, che approva il discorso ma chiede al premier di “rivedere l’agenda“.