Nel primo post del mio personale blog elencherò 5 buoni motivi per non sostenere il governo di Matteo Renzi e perché bisogna contrastarlo.
1 – Renzi non è il nuovo, semmai è ancora il passato, è legato alle politiche thatcheriane e ad una ‘sinistra’ (molto blanda e moderata) blairiana, molto poco sociale e molto vicina ai gangli del potere. Il ‘nostro’ premier sceglie amici sbagliati, qualche anno fa era al fianco di Sergio Marchionne, il quale imponeva un diktat ai lavoratori di Pomigliano promettendo investimenti che non si sono più visti. Poi è arrivato la volontà di sostenere il made in Italy, forza del nostro Pil, con le belle parole spese per Remo Ruffini, CEO di Moncler. Peccato che, poi, altro che made in Italy: la produzione del marchio si fa all’estero, come testimonia il servizio di Report. Ma non solo: il numero 1 della Fiat, come gli altri, ha spostato la produzione all’estero, la propria sede fiscale a Londra e la sede legale ad Amsterdam. Dici, dai, Renzi forse avrà avuto sfiga a scegliersi gli amici. No, oggi, da premier, quando ha visitato gli Stati Uniti è proprio andato da Marchionne, il quale gli ha pure spiegato come rilanciare l’economia italiana. Consigli da uno che paga le tasse all’estero, questo è davvero il top.
2 – Perché sebbene gli 80 euro possano sembrare una buona iniziativa di redistribuzione, ancora meglio sarebbe la patrimoniale. Ma siccome il governo Renzi è il governo vicino a Confindustria, la teoria della progressività fiscale proprio non gli va giù. Peccato, perché la patrimoniale, un bel po’ di miliardi senza dover tagliare la sanità pubblica, riesce a garantirli. Quantifichiamo? Secondo le stime della Cgil, una patrimoniale del 5% solo sulle famiglie ultraricche d’Italia garantirebbe un gettito di 10 miliardi di euro. Scelte politiche, certo, come quella di aver comunque garantito l’acquisto dei famosi F-35. Complimenti alla comunicazione del governo, da un “riesaminiamo l’intero programma” all’acquisto di altri due caccia, confermati il 27 ottobre, quando il Pentagono ha concluso un accordo con la Lockheed Martin (principale contractor) per l’acquisto di altri 43 F-35, di cui 2 vanno all’Italia. Un acquisto stealth, cioè furtivo.
3 – Perché il Decreto Poletti non garantisce nuova occupazione. Da maggio a luglio la curva degli occupati è praticamente piatta (lo dice Tito Boeri), in più con la liberalizzazione dei contratti a tempo determinato si renderà difficile introdurre il contratto a tutele crescenti (il restante jobs act). Le aziende non avranno interesse ad usarlo, visto che restano tutte le altre forme contrattuali: non avrebbe senso assumere a tutele crescenti se hai comunque la possibilità di prorogare il contratto a termine. Ma procediamo con calma: il Decreto Poletti stabilisce l’acausalità del contratto a termine per l’intera durata di tre anni, cioè non è necessario fornire ragioni per l’assunzione, ma garantisce la più larga disponibilità di proroghe consecutive (ben cinque, al posto di una). E se pensiamo che il 65% delle nuove assunzioni sono a tempo determinato, ciò fa intuire facilmente che la stabilità ricercata è solo quella di mantenere la precarietà. Poi non chiedete dove fossero i sindacati, perché la riforma del mercato del lavoro non la fa Landini, ma il governo Renzi.
4 – Perché lo Sblocca Italia rischia di aumentare il dissesto idrogeologico, visto che toglie agli enti locali il potere di veto su ricerca di petrolio e trivellazione, ma esclude anche le royalties dal patto di stabilità interno. Il 6/11/2014 il testo è diventato legge, il Senato ha votato la fiducia senza poter esaminare i 45 articoli del decreto. Da una ricerca di Anna Donati, su Rottama Italia, ebook di Altraeconomia, si denuncia che i fondi previsti sono destinati solo allo “sviluppo dell’asfalto”. Cioè, “sommando le previsioni tra i diversi progetti, si ottiene che ben il 47% andrà a strade e autostrade, il 25% a ferrovie e solo l’8,8% a reti tramviarie e metropolitane”. In più, sburocratizzare e velocizzare i tempi dei cantieri significa diminuire le possibilità di lotta alla corruzione e trasparenza. Mose ed Expo vi fanno pensare a qualcosa? Genova alluvionata vi fa pensare che la cementificazione, forse, non è la soluzione?
5 – Perché non c’è crescita senza politica industriale. In Germania, modello economico per tutti gli stati dell’UE, il Governo si siede al tavolo con industriali e sindacati. Motivo? Cercare di individuare gli investimenti pubblici e privati per far crescere il Paese. Esempio? Auto elettriche, il progetto di investire in quel settore, perché individuato come motore dell’economia nel prossimo futuro. Renzi, invece, sminuisce i sindacati e aizza il contrasto generazionale. Significa guerra fra poveri, a casa mia. Il governo non vuole parlare con chi si occupa della rappresentanza dei lavoratori, salta i corpi intermedi, preferisce andare a parlare direttamente con gli industriali. E, preferisce, poi, mantenere un ministro dell’Interno che manganella i lavoratori dell’Ast. Finalmente qualcuno che sdogana la nuova idea di contrattazione collettiva! Viva il nuovo!
Se questi cinque motivi non sono bastati, ne potremmo aggiungere altri, mica mi fermo qui. Potremmo aggiungere, ad esempio, il patto del Nazareno, il quale garantisce a Renzi le riforme istituzionali e Silvio Berlusconi la crescita del proprio titolo in Borsa. Uno scambio di interessi? Possibile, del resto il nostro Presidente del Consiglio assomiglia molto alla vecchia volpe di Forza Italia.
Luca Mullanu
Ma è proprio malvagio questo Renzi, è proprio un cattivone servo di Confindustria.