La più antica pizzeria del mondo non poteva che trovarsi a Napoli, precisamente a Port’Alba. L’estro in cucina dei napoletani è ben noto e senza dubbio tra le invenzioni culinarie più importanti attribuibili al popolo partenopeo spicca la pizza.
«La pizza napoletana non ha inventori, non ha padri, non ha padroni, ma è il frutto della genialità del popolo napoletano»
Oggi è tra i piatti più imitati della gastronomia mondiale, eppure la pizza nasceva senza grosse pretese in quel di Napoli. Una pietanza povera, fatta da pochi ingredienti facilmente reperibili e soprattutto a basso costo e nel giro di pochi anni è diventata la regina della tavola partenopea.
Il termine pizza deriva probabilmente da “pinsa”, a sua volta derivante dal latino “pinsere” ossia macinare, schiacciare. Non stupisce che l’antenato della pizza sia nient’altro che un disco di pasta cotta servito a mo’ di piatto e che quindi poteva ben accompagnarsi a qualsiasi condimento.
L’ingegno napoletano ha fatto poi il resto, cercando fin da subito di rendere più “appetibile” questa schiacciata. Così nelle regioni meridionali inizia a prendere forma quella che sarà poi chiamata “pizza”.
Siamo nel 1700 e le pizzerie sono ben diverse da come le conosciamo oggi: si trattava nient’altro che di laboratori costituiti solo da banchi e forni. E qui giungevano esclusivamente i venditori ambulanti, armati di travi di legno che caricavano di pizze che poi andavano a rivenderle.
La prima pizza nata a Napoli era fatta con solo quattro ingredienti che, ancor oggi, sono quelli principali: acqua, farina, lievito e un po’ di sale. Questo alimento povero rispecchiava la natura di Napoli e quella dei suoi abitanti: a volte veniva semplicemente condita con cacio, basilico e pepe. La “Margherita”, la pizza simbolo dell’italianità, non era stata ancora inventata. E l’olio? Bandito anche quello. Simbolo di ricchezza e come tale appannaggio della nobiltà, i primi pizzaioli preferivano utilizzare la ‘nzugna.
La prima pizzeria al mondo: Antica Pizzeria di Port’Alba
A Napoli vi è un’antica porta fatta costruire dal duca d’Alba, Don Antonio Álvarez de Toledo, e che da lui prenderà il nome: questa andava a sostituire una piccola apertura nel muro creata dagli stessi abitanti per passare più agevolmente da una parte all’altra della città.
Proprio qui, a metà strada tra piazza Dante e piazza Bellini, si trova la più antica pizzeria di Napoli e, di conseguenza, del mondo. Parliamo dell’Antica Pizzeria di Port’Alba.
Le origini di questo locale risalirebbero addirittura al 1738. Ben tre secoli di storia in cui la pizzeria ha ospitato e visto crescere generazioni di figli diventati padri e poi nonni.
Secoli di storia che raccolgono aneddoti e curiosità, come le visite di fior fiore di intellettuali tra cui Benedetto Croce e Gabriele D’Annunzio e giovani che avrebbero fatto la storia come Francesco Crispi o Antonio Cardarelli (famoso medico a cui oggi è dedicato l’Ospedale di Napoli).
La leggenda vuole che Re Ferdinando Di Borbone si recasse in incognita nel locale, travestito con barba e da popolano, per mangiare la pizza e ascoltare i commenti della popolazione sul regno.
E poi c’è un aneddoto ben più recente, quello legato al mai dimenticato Pino Daniele. Si racconta che il cantautore e Tullio de Piscopo si incontravano nell’Antica Pizzeria di Port’Alba e proprio qui vedevano la luce idee, progetti e canzoni: qui avrebbe preso forma il lavoro “Terra Mia”.
Quando i D’Ambrosio fondarono la pizzeria nel lontano 1738, il locale era costituito da un forno e un piano in marmo da utilizzare per la preparazione delle pizze. Vi erano poi le cosiddette “stufe”, ossia recipienti cilindrici che servivano a due scopi: a tener calde le pizze e a consegnarle.
Nascerà in tal modo un’icona del cibo di strada di Napoli. Si tratta ovviamente della “pizza a portafoglio”, di dimensioni ridotte e così chiamata perché ripiegata su se stessa e chiusa come se fosse un portafoglio.
Ancor oggi, in questo luogo che ogni giorno accoglie turisti e napoletani, in molti si fermano per consumare questa famosa tipologia di pizza, ancora esposta nella vetrina del locale.
Nel 1830 questo laboratorio diverrà una vera e propria pizzeria con una caratteristica modalità di pagamento. Parliamo della “pizza a otto”: la pizza poteva essere pagata fino ad otto giorni dal consumo.
Oggi il depositario di questa sapienza e arte tramandata di generazioni è il maestro pizzaiolo Gennaro Luciano. La famiglia Luciano, legata tramite matrimonio ai D’Ambrosio, è diventata il principale gestore della pizzeria a partire dagli anni ’40 del ‘900.
Qui a Port’Alba, in questo pezzo di storia napoletana e mondiale, i sapori e gli odori si intrecciano per riscoprirsi ogni giorno uguali e diversi. Gli anni passano e regalano nuove curiosità, nuovi aneddoti, nuove generazioni che siedono agli stessi tavolini in cui ai suoi tempi era seduto D’Annunzio e dove Pino Daniele componeva le sue poesie.
È la sacralità di riti che si ripetono uguali ogni giorno e riportano in auge il valore di una tradizione vecchia di tre secoli, ma capace di regalare sempre sorprese nuove.
Vanessa Vaia