Il mondo torna a tremare per il virus Ebola. A seguito dello scoppio dell’epidemia in Africa occidentale (dove la malattia causata dal filovirus è endemica), scatta l’allarme contagio anche in Europa, dove si teme fortemente per una possibile diffusione dell’infezione.

 

Allarmismo comunque giustificabile, purché non sfoci in psicosi : i paesi del Vecchio Continente stanno cercando una strategia preventiva per evitare che il morbo si sparga oltre i confini dell’Africa,in quanto la paura che in un periodo come questo,in cui i tassi d’immigrazione sono sempre più alti, è tanta. Infatti il contagio sarebbe una catastrofe, vista la percentuale di mortalità della patologia( 50% – 90% ).

 

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, cerca di tranquillizzare gli italiani, ricordando che da aprile sono state attivate misure di precauzione e di controllo in tutti gli aeroporti ed i porti, dove vengono esaminati i casi potenzialmente a rischio. Addirittura, sugli aerei provenienti dai paesi in cui il pericolo è maggiore, il controllo è doppio: un primo check avviene a bordo; a terra è effettuato un ulteriore esame.

 

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In Italia inoltre, un aiuto alla prevenzione è dato da Mare Nostrum, l’operazione militare ed umanitaria disposta dall’ex ministro del Difesa Mario Mauro e dalla Marina Militare, atta a controllare i flusso migratorio nello Stretto di Sicilia.

 

Il virus Ebola appartiene alla famiglia delle Filoviridae, taxon creato per riunire due virus dalla morfologia piuttosto insolita, scoperti di recente (fine anni ’60 e fine anni ’70). Essi sono il virus  Marburg (1967) ed appunto, il virus Ebola (1976). Sono caratterizzati da una forma filamentosa di lunghezza variabile, lunghi fino ad un massimo di 14000 nm.

 

Sono ribovirus con genoma formato da una molecola di RNA monocatenario a polarità negativa,e nel virione c’è una RNA-polimerasi RNA-dipendente virus-specifica. Il peplos è costituito da una membrana lipidica e vi sono associate due proteine , la VP40 e la VP24, con funzione di matrice, e vi è inserita un glicoproteina GP che rappresenta l’antirecettore. All’interno invece troviamo una proteina capsidica NP e delle proteine con funzioni di trascrittasi: P, VP30 e VP35. Il ciclo replicativo è interamente citoplasmatico.

Cynthia Goldsmith This colorized transmission electron micrograph (TEM) revealed some of the ultrastructural morphology displayed by an Ebola virus virion. See PHIL 1832 for a black and white version of this image. Where is Ebola virus found in nature?The exact origin, locations, and natural habitat (known as the "natural reservoir") of Ebola virus remain unknown. However, on the basis of available evidence and the nature of similar viruses, researchers believe that the virus is zoonotic (animal-borne) and is normally maintained in an animal host that is native to the African continent. A similar host is probably associated with Ebola-Reston which was isolated from infected cynomolgous monkeys that were imported to the United States and Italy from the Philippines. The virus is not known to be native to other continents, such as North America.

 

Entrambi i virus sono responsabili di febbre emorragica. Il Marburg è stato identificato negli anni ’60 in Germania ed in Jugoslavia, ma sono rari i casi in cui il virus abbia attaccato l’uomo. L’Ebola invece è stata scoperta quando scoppiò un’epidemia che aveva come focolaio un ospedale missionario sito nella valle del fiume al quale il patogeno in questione deve il nome.

 

Il contagio avviene in seguito al contatto con fluidi corporei di soggetti infetti. I sintomi cominciano a comparire in media otto/dieci giorni dopo l’esposizione, e comprendono : febbre alta (mediamente 38,6 ),mal di testa, nausea, diarrea, vomito, emorragia e rash cutanei estesi. Successivamente, sei/sedici giorni dopo la comparsa dei sintomi, la malattia porta a gravi sviluppi, come emorragie delle mucose, shock ipovolemico e disfunzione d’organo multipla, i quali sono spesso causa della morte dei soggetti infetti.

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Se fino ad ora il bacillo ha sempre colto impreparati i medici, e la comunità scientifica è spaventata da un possibile rischio pandemia,finalmente una compagnia biofarmaceutica nota come Okairos sta attualmente lavorando ad un vaccino contro il filovirus. Tra gli ideatori del farmaco vi è anche un italiano, il professor Alfredo Nicosia, docente ordinario di Biologia molecolare del Dipartimento di Medicina molecolare e Biotecnologie mediche dell’Ateneo Federico II.

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Il vaccino è attualmente in fase avanzata di sperimentazione clinica negli Stati Uniti, dopo essere stato sviluppato in Italia,nei laboratori dell’Irbm Science Park di Pomezia ed aver dato grandi risultati sui macachi,proteggendoli dal ceppo Zaire (uno dei quattro ceppi conosciuti del virus )per dieci mesi.

 

Il farmaco sfrutta la tecnologia sviluppata da Okairos, che coniuga la vaccinologia classica con la terapia genica: si utilizza il codice genetico dei microrganismi invece che le proteine. L’idea di base è quella di sfruttare il ceppo di adenovirus, innocuo, come vettore del patogeno per scatenare la risposta del sistema immunitario(in particolare i linfociti T citossici).

 

L’ OMS già ne chiede migliaia dosi.Il vaccino attende le fasi di sperimentazione finali.A quelle in USA in laboratori specializzati seguiranno quelle in Inghilterra,ed infine in Africa.

 Lorenzo Di Meglio

Bibliografia

Michele La Placa – Principi di microbiologia medica – Società editrice Esculapio

Sitografia

http://web.a.ebscohost.com/dynamed/results?sid=10c2c294-0158-4fe7-b764-22d6986b8106%40sessionmgr4004&vid=1&hid=4214&bquery=(Ebola+AND+virus+AND+disease)&bdata=JnR5cGU9MCZzaXRlPWR5bmFtZWQtbGl2ZSZzY29wZT1zaXRl

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