Dorian Gray non è sempre stato ossessionato dalla sua immagine. C’è stato un tempo in cui era solo una ragazzo che conosceva ancora poco la vita e le sue tentazioni, e perciò facilmente concupibile. Ma Dorian era nato col dono della bellezza, e questo non lo faceva certo passare inosservato. Chiunque lo conosceva, rimaneva folgorato dalla perfezione che sembrava emanare da ogni singolo poro. Anche Basil Hallword, che di mestiere fa il pittore, rimane colpito da cotanta bellezza.
I due stringeranno inizialmente amicizia, e sarà proprio Basil ad iniziare Dorian al mondo dell’arte e al piacere che può suscitare la contemplazione di un’opera ben riuscita, artistica nel vero senso della parola. Giacché Basil se ne intende, è convinto che il volto del suo nuovo amico sia troppo importante per passare in sordina; ne deve fare un ritratto in modo che tutto il mondo posso ammirarlo, ma soprattutto Basil vuole cogliere quel momento irripetibile che è la giovinezza, e immortalarlo sulla tela prima che il tempo lo segni inesorabilmente.
Quando Dorian, lusingato da mille complimenti, si lascia convincere a farsi ritrarre, le cose si complicano. Basil aveva un amico, Lord Henry Wotton, un uomo amante sfrenato della vita e di tutti i piaceri che essa può offrire, ma come molti altri prima di lui confinato nel ruolo di genitore affettuoso e marito devoto; ossequioso degli insegnamenti cristiani e degli obblighi sociali cui la sua casta lo costringe.
Un’anima ribelle, insomma, che non trova altro sfogo che se non quello di dare voce ai suoi desideri più reconditi senza mai attuarli nel concreto. E coi suoi discorsi accattivanti e pieni di voglia di vivere incuranti del giudizio altrui, Wotton riesce a catturare l’attenzione di Dorian, e a diventare il suo mentore. Mentre Basil lo ritrae, Dorian ascolta i suoi consigli con entusiasmo e curiosità. Lord Henry gli fa notare quanto sia ingiusto il suo destino rispetto al quadro di Basil; mentre il Dorian in carne e ossa prima o poi invecchierà, quello dipinto resterà sempre giovane e bello.
Per un solo istante Dorian riflette su quanto siano vere le parole di Wotton, e desidera che il tempo si fermi per lui; desidera che sia il quadro a subirsi le brutture della vecchiaia. In quel preciso istante il giovane Dorian Gray stipula inconsapevolmente un patto col demonio che gli concede l’eterna giovinezza in cambio della sua anima.
Dopo aver preso coscienza dello scambio, Dorian cade rovinosamente nel vortice della perdizione, concedendo se stesso a vizi di ogni sorta che deturpano principalmente la sua anima, sicuro del fatto che tutto il lerciume delle sue azioni compaia di volta in volta solo sul quadro di Basil. E così accade.
Il ritratto diventa perciò uno specchio in cui Dorian può vedere coi suoi stessi occhi ciò che gli sta accadendo dentro. Ormai di quel ragazzo innocente non è rimasto più nulla; è stato rimpiazzato da un uomo corrotto, profondamente egoista e scostante verso qualsiasi sentimento di amore o amicizia; un uomo che arriverà a uccidere i suoi stessi amici.
Oscar Wilde ha avuto una vita abbastanza turbolenta, legata prevalentemente alla sua incapacità di omologarsi ai canoni dell’Inghilterra vittoriana, che lo scrittore di Dublino critica così fortemente attraverso le parole di lord Wotton. Il ritratto di Dorian Gray fu pubblicato nel 1891, e fu accolto fin da subito dalla critica come un romanzo irriverente verso quei valori borghesi finto perbenisti che Dorian Gray, alias Oscar Wilde, si preoccupa di contrastare con l’unica arma a sua disposizione: il cinismo.
E la visione del mondo secondo Wilde diventa chiara: la vita è la più grande esperienza artistica che l’uomo posso vivere; è l’arte che dà senso alla vita. Siamo di fronte ad una concezione puramente estetica che ha molto a che fare anche col la ricerca incessante del piacere dei sensi, principio basico dell’edonismo. Oscar Wilde lascia, perciò, un avvertimento, o un invito a non lasciare che l’edonismo consumi l’anima.
C’è quasi una contraddizione di fondo, e la conclusione del romanzo è emblematica in questo senso, perché alla fine dei giochi è lo stesso Dorian che decide di uccidersi, squarciando quel quadro che si era preso il peggio di lui, e che forse a quel punto gli faceva anche paura. Con la sua morte il patto si spezza, il prezzo è pagato, e il quadro torna ad riflettere l’immagine di Dorian così come Basil l’aveva dipinta.
Roberta Fabozzi