In un momento delicato come quello che l’Europa sta vivendo, occorre essere in grado di mitigare le controversie presenti ed evitare qualsiasi scontro che possa far vacillare l’esile equilibrio europeo attuale.

Oltre le conseguenze della Brexit e l’enorme sforzo che comporta la ricerca di una nuova strada da seguire per l’UE, c’è anche un’altra vicenda che è possibile definire “delicata”: l’Ungheria è stata più volte accusata di essere colpevole di aver infranto l’etica-democratica richiesta dall’Europa per far fronte al “caso” immigrazione.

Dunque, non passano inosservate le dichiarazioni espresse dal Ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, il quale ha esplicitamente chiesto l’esclusione provvisoria dell’Ungheria dall’Unione Europea.

In occasione di un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Die Welt, martedì 13 settembre, il ministro lussemburghese ha riservato gravi parole in merito alla politica ungherese adottata sui migranti, all’insegna dell’odio e della xenofobia. Asselborn ha dichiarato: «Non possiamo permettere che i valori fondamentali dell’Unione Europea siano infranti in modo tanto grave» e ha inoltre sottolineato che «chiunque, come l’Ungheria, che costruisce barriere contro i rifugiati di guerra o viola la libertà di stampa e l’indipendenza del sistema giudiziario dovrebbe essere temporaneamente, o anche definitivamente, escluso dall’Unione Europea».

Un’ipotesi, quella di Jean Asselborn, espressa per la salvaguardia dei valori e dell’integrità richiesti dall’UE e che implica un allontanamento totale, o almeno parziale, per tutti coloro che non intendono conformarsi alla democrazia europea.

La soluzione proposta dal ministro lussemburghese ha però dato vita a dei dubbi. Infatti, sia da parte del Ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, che da quello tedesco, Frank-Walter Steinmeir, c’è stato un netto allontanamento da determinate soluzioni rivolte ai membri dell’Unione Europea.

Un’occasione per i politici europei di poter analizzare la situazione, con obiettivo la ricerca di una soluzione concreta ai turbinii generali, è stata data dall’incontro svoltosi il 16 settembre a Bratislava,  che ha visto la presenza di 27 leader dei paesi europei. Motivi di questo summit sono stati: la recente uscita della Gran Bretagna dall’Europa, l’economia generale europea e l’immigrazione. Una valida possibilità per discutere su quale sia il percorso migliore da seguire per evitare gli errori commessi in passato.

In questo incontro, però, non è emersa un’idea chiara sulla strada da intraprendere. Anzi, è stata l’ennesima opportunità per sottolineare la distanza di pensiero politico tra alcuni paesi.

Infatti, i leader dei Paesi membri del Gruppo di Visegrád, noto anche come Visegrád 4 o V4  un’alleanza di quattro paesi dell’Europa centrale: la  Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Ungheria , si sono fatti portavoce di una propria dichiarazione comune. In questa dichiarazione, i quattro hanno specificato che «il meccanismo di distribuzione dei migranti deve essere un atto volontario» e «le politiche migratorie siano guidate da solidarietà e flessibilità». Inoltre, il gruppo Visegrád è convinto che «l’integrazione di piccoli gruppi di Paesi indebolirebbe l’Unione sia da un punto di vista interno che esterno». Tuttavia, il V4 è d’accordo nel consolidare la cooperazione nella sicurezza sia rafforzando l’agenzia di frontiera Frontex, sia rendendo al più presto operativo il nuovo corpo di guardie di confine.

Proprio il primo ministro ungherese, durante l’incontro, ha voluto sottolineare quanto siano «autodistruttive e ingenue» le politiche europee sull’immigrazione. E per Viktor Orbán la distanza tra parole e fatti è davvero minima, infatti il 2 ottobre il popolo dell’Ungheria sarà chiamato al voto per accettare o meno la quota di 1.294 migranti da accogliere, decisa dall’UE.

Vincenzo Molinari

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