Penso che, in fondo, la presenza della camorra faccia comodo a tutti. Politici, istituzioni, giornalisti, civili. La camorra è come il caffè di troppo al mattino, che fa male ma non si rifiuta mai; è la deriva (de)ontologica dei nuovi schemi di civilizzazione, quella traccia di abitudine e comportamento comune a una certa mentalità consolidata; un comodo fastidio, uno spauracchio da agitare ai quattro venti per catalizzare l’attenzione, per strepitare come i più classici rivoluzionari da tastiera mentre il putridume infetta la ferita come una cicatrice di proiettili e cemento, sempre più marcia e profonda nel cuore pulsante della città.
Cari lettori, bentornati al brainch. Sono stato indeciso fino all’ultimo istante e non è una metafora: che ruolo può avere il piccolo spazio settimanale di uno scrittore alle prime armi, nel mare magnum di bossoli inesplosi, lame di coltello insanguinate e compressori? Mi è sempre stata di grande ispirazione la vita di Giancarlo Siani, il giornalista-giornalista morto nella consapevolezza di essersi messo contro le persone “sbagliate”. Oggi siamo soliti dire così, parliamo di persone “sbagliate”, al momento “sbagliato” e nel posto “sbagliato”.
Eppure quante vittime innocenti lasciate in terra, nella più disumana delle empietà, come uno scarto di periferia ancora caldo. Solo in Campania se ne contano a centinaia. Ma facendo mie le parole di Tonino Palmese, provo ad approfondirne il senso: vivere i propri gesti ed atti quotidiani, nella maniera più semplice e consueta, non può essere un delitto.
Se, quindi, le vittime che commemoriamo fra titoloni a quattro colonne o editoriali al vetriolo si trovavano al posto giusto e al momento giusto, come nella più autentica delle normalità, chi si rende carnefice e assassino neppure è la “persona sbagliata”. Perché non di persone si tratta, ma di demoni senz’anima, che hanno venduto la propria umanità ad un’ombra nera in cambio del più facile dei successi. Una dinamica che ricorda il più classico degli stereotipi dei film e dei romanzi; consideriamolo allo stesso modo anche noi, qui da quest’altra parte dello schermo o della pagina, che moriamo di sangue vivo ed ossa frantumate. La camorra genera demoni, così come la collusione ne genera le icone.
E qui, lettori cari, arrivo al titolo. Perché camorra non è solo il ragazzino cresciuto nelle case popolari, fra sbaffi d’erba e code di topo, siringhe usate e cieli a mattoncini bianchi e azzurri. Anzi, quella è solo la punta dell’iceberg, il fenomeno visibile che si palesa in estemporanee virulenze e torna a fare stragi e scempi in modo ciclico ed ineludibile. Ebbene, magari fosse solo questo!
La camorra fa comodo a tutti, lo ripeto. E miete le sue vittime più numerose in modo silenzioso, invisibile. Lo fa insinuandosi come una serpe velenosa nei consigli regionali, provinciali, comunali. Lo fa bussando con pacatezza alle porte del Parlamento, dove dei guanti bianchi la fanno accomodare sugli scranni indicandogli la via. Lo fa impartendo l’omertà e l’indifferenza come stile di vita, i “fatti tuoi” come mantra esistenziale di una fetta di popolazione che nella camorra vede un’opportunità e non un pericolo. Lo fa fomentando lo spirito di emulazione, aiutata da istituzioni che non solo non sono in grado di tutelare e proteggere, ma perfino con la loro grettezza ed inefficienza offrono un riferimento su cui è facile costruire paragoni spietati.
Lo fa costruendo un business mediatico, plasmandosi consapevolmente e benevolmente a fenomeno da baraccone in modo da apparire innocua e quasi divertente, magari attraverso una serie che usa una villa del boss, piuttosto che un film girato senza problemi in uno dei quartieri più pericolosi di Napoli e dell’Europa intera, piuttosto che un romanzo o un articolo di giornale.
La camorra e la collusione viaggiano a braccetto, sostenendosi e reggendosi a vicenda come due vecchi comari un po’ avanti negli anni che ridono e scherzano su quanto sia ridicolo il mondo intorno al loro. Il mondo che un tempo era nostro e adesso appartiene a loro per usucapione. Ed hanno gioco facile certi personaggi, nel dipingere le nostre terre come una fogna da cui emergono escrementi umani, nell’additarci come terroni da addomesticare in una gabbia dello zoo.
Ecco, ma allora, in fin dei conti, di che stiamo parlando? Cosa accadrebbe se la camorra di colpo sparisse via dalla superficie del pianeta? Di cosa sparlerebbe Salvini ai comizi della Lega, senza chiedersi come abbia fatto, per esempio, il suo partito a prendere 15 mila voti in Sicilia? Cosa scriverebbe Saviano, proprio lui, il paladino autoincoronato di giustizia e di legalità, aprendo gli occhi la mattina pronto a strumentalizzare l’episodio del momento per bacchettarci come una massa di incapaci bisognosi di un eroe? Per cosa manifesterebbe la gente al momento di spolverarsi la coscienza? Quali canzoni comporrebbero gli autori neomelodici, veri e propri messaggeri del vangelo camorristico presso i sobborghi privi di luce e speranza?
Non è una battaglia ideologica: è una battaglia e basta. La camorra fa comodo a tutti, c’è poco da fare. E la nostra è quella sventurata terra alla ricerca di eroi descritta da Bertold Brecht. Ma i veri eroi, perlopiù, riposano per sempre sotto una lapide commemorativa. Gli eroi di oggi, invece, marciano sotto i riflettori incipriati a dovere pronti per le telecamere, con il loro bel sermone all’indice.
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Buona domenica a tutti, e alla prossima.