Teju cole – “Ogni giorno è per il ladro” Einaudi, traduzione di Gioia Guerzoni pp. 152, euro 16.

Ritornare è più difficile che partire: te ne vai che conosci i tuoi occhi, la tua città e ritorni che i tuoi occhi sono cambiati, così com’è cambiata la tua città. Soprattutto se sei stato via per quindici anni!

Avere tre occhi – l’ occhio dello scrittore, del fotografo, e dello storico dell’arte –, come nel caso di Teju Cole, a volte non basta. Ad esempio se ci si trova a Lagos: una metropoli in continua trasformazione, che non è riuscita a liberarsi dalle sue contraddizioni, dalla violenza e dalla corruzione.

Ogni giorno è per il ladro” è il romanzo d’esordio di Teju Cole, scrittore Nigeriano residente a New York, pubblicato in Nigeria nel 2007, ma solo nel 2014 nel resto del mondo (dopo il successo di “Città aperta”). La traduzione italiana, affidata a Gioia Guerzoni, è edita dalla casa editrice Einaudi.

Teju Cole “scrittore” redige un diario di un ritorno in Nigeria (a Lagos) di uno studente di medicina, che ha vissuto per quindici anni a New York , e che si trova a dover fare i conti con violenza e corruzione. Teju Cole “fotografo” immortala la sua terra d’origine con la sua macchina fotografica – diciannove immagini accompagnano i capitoli del romanzo – e ogni tanto invade il territorio del Teju Cole “scrittore”, come quando una donna scende dal bus e svanisce nella folla: «Sparita ma impressa per sempre nella mente. Evanescente come un’immagine scattata con l’obiettivo aperto al massimo». Teju Cole “storico dell’arte” osserva le costruzioni urbane, le case e quello che gli sta intorno con spirito critico e con acume. Nonostante tutto, però, i tre occhi dello scrittore sono anche occhi innamorati di una città che riesce a regalare emozioni e bellezza.

La Nigeria raccontata da Teju Cole è un paese dove imperversano corruzione e violenza, dove «il denaro, sborsato in quantità adeguate al contesto, fa da lubrificatore sociale. Facilita il movimento pur mantenendo le gerarchie», dove l’elettricità non è garantita, dove «l’alfabetizzazione è bassa, intorno al cinquantasei per cento. Ma peggio ancora, ben pochi dei cosiddetti alfabetizzati coltivano abitudini letterarie vere e proprie».

Teju Cole ci porta alla scoperta di una città e di una personalità multietnica – quella del narratore –, così come aveva fatto con “Città aperta”; si interroga e ci spinge a interrogarci sul rapporto con le nostre città e con gli altri.

Luigi Tammaro

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