“Ho camminato per ore, diritto avanti a me. Come ho fatto a non muovermi?”
Il Nest Napoli est Teatro continua la sua stagione con lo spettacolo “Il sentiero dei passi pericolosi” di Michel Bouchard e con la regia di Simone Schinocca.
Il palco si tinge dei colori dell’animo umano, un’intera tavolozza che viene personificata da tre fratelli, nuclei di tre realtà completamente differenti. A codificare le allusività espresse nei loro discorsi sarà lo stesso Michel Bouchard, ospite del teatro, lieto di intrattenersi con gli spettatori.
Mauro Parrinello, Federico Giani e Andrea Fazzari interpretano tre fratelli, presentati in una scenografia essenziale in cui, a dominare, sono bottiglie di vetro vuote, una traccia di quella ciclicità che oltre a dare una struttura alla vicenda, diventa una sua importante metafora.
“I temi ricorrenti delle opere che scrivo sono le diversità sociali, l’ignoranza e la consequenziale riflessione dell’arte e del suo linguaggio. Molti pensano che in un contesto familiare tutti abbiano lo stesso modo di agire e la stessa cultura, ma non è così. Allo stesso modo in troppi vedono la cultura, il teatro, la poesia, come attività per una certa élite, ma si sbagliano. L’arte è per tutto il popolo. In Canada ci sono solo 8 milioni di francofoni, ma la nostra cultura è così forte da eguagliare quella anglofona.” testimonia l’autore.
La cultura crea così identità e consapevolezza, una catarsi che può nutrire solo gli animi di chi comprende le sue sfaccettature e vi si lascia trascinare.
Carlos non è riuscito in questa mansione. Piegato da un evento traumatico e deciso dal prendere le distanze da un padre poeta e alcolizzato, ripiega la sua vita in una realtà ordinaria di periferia, fatta di contentini e di un’apparente felicità. “Maledette parole! I veri fratelli non dicono questo, parlano della loro gioia, e di ciò che va bene. [..] Basta questa mania di dire quello che non si deve dire!”
La verità gli fa male, distruggere quel mondo perfetto e quell’illusione di un nuovo inizio, gli fa ritornare alla mente vecchi fantasmi che ha soffocato con dolci apparenze. “La verità è un’arma vincente, che va usata con cautela” riflette l’attore.
“Noi non siamo altro che impressioni. Impressioni di gioia, dolore, di padri, di fratelli [..]”
Urla al pubblico Ambroise, un gallerista omosessuale, che affronta la vita di petto rimanendo fin troppe volte ferito. Il suo essere cinico lo porta a sottovalutare l’importanza delle azioni quotidiane, ridotte a gesti meccanici e di convenienza. “Perché riempire il vuoto di parole?”
Victor è il più misterioso e silenzioso, colui che ha innestato il meccanismo drammatico. Pone fine alla fallace gioia di Carl e al cinismo di Ambroise, per raggiungere la pace crea la struttura ciclica dell’opera.
“Questo spettacolo è un concentrato di vita. Malattia, morte, incomunicabilità, l’accontentarsi.. la società ci ha chiuso in gabbia e non è facile uscire da questa spirale.” commenta il regista.
“La morte è nel testo dall’inizio, non si può uscire dalla spirale. Questo perché l’uomo ha la pretesa dell’immortalità per la quale sta distruggendo un pianeta che non gli appartiene. È la coscienza della morte a portarci alla riflessione e, si spera, a farci cambiare.” risponde Michel Bouchard che, per questi suoi temi fatti di parole e silenzi, così simili a quelli affrontati da Edoardo de Filippo, è stato rinominato da Mauro Parrinello come uno scrittore napoletano che vive in Canada.
Alessia Sicuro