Andy Warhol nasceva il 6 Agosto 1928, circa 89 anni fa. Considerato il maggiore esponente della Pop Art, egli sosteneva che l’arte doveva essere consumata proprio come i prodotti esposti sugli scaffali del supermercato.

Ma Warhol, oltre ad essere un pittore, scultore, produttore cinematografico e attore, è stato anche un regista. Fu alla Silver Factory che egli iniziò, dal 1963, a girare film con la sua cinepresa Bolex 16mm.

Nonostante girasse i suoi film ad una velocità di 24 fotogrammi al secondo, Warhol li proiettava a 16 fps. In questo modo mostrava le azioni dei personaggi dilatate nel tempo. Cinepresa fissa, pellicola bianco e nero, assenza di montaggio, erano le caratteristiche fondamentali dei suoi film che mettevano a confronto il tempo reale ed il tempo filmico, portando la settima arte ad uno stato “primitivo”.

“Sleep”, un film dell’artista statunitense, è stato girato nel 1963 con la tecnica del long take. Per circa sei ore, Warhol ha ripreso il suo intimo amico John Giorno mentre dormiva.

warhol“Empire” è un altro dei lungometraggi di Andy Warhol girato nel 1964. Egli ha catturato l’Empire State Building dalle 20:06 e alle 2:42. Quest’ultimo dura otto ore e cinque minuti grazie alla dilatazione temporale. Durante il cambio della bobina, prima che ricominciassero le riprese e prima che fossero spente nuovamente le luci, si può notare il riflesso di Andy Warhol e Jonas Mekas nella finestra del 44esimo piano del grattacielo Time-Life.

Egli, in quel periodo, ha spiegato più volte il perché di questi film:

“L’uso di oggetti fissi nei miei primi film aveva anche lo scopo di aiutare il pubblico a conoscersi meglio. Di solito quando sei al cinema te ne sta seduto in un modo fantastico, ma non appena vedi qualcuno che ti disturba, ti lasci coinvolgere di più dalle persone che ti stanno a fianco. Guardando i miei film puoi fare un sacco di cose in più che guardando altri film, puoi mangiare e bere e fumare e tossire e guardare altrove e poi tornare”.

Ma il cinema di Andy Warhol si caratterizza anche per il suo esaminare gli individui nei loro gesti più semplici cercando di cogliere la loro esperienza di vita. Non a caso egli ha utilizzato cinquecento rulli per gli Screen Test: ogni personaggio doveva guardare la camera senza battere le ciglia per circa tre minuti. In questo modo, Warhol avrebbe colto l’intimità del personaggio e avrebbe fatto riflettere lo spettatore.

Dal 1965, attraverso la tecnica del sync-sound che permetteva di registrare l’audio direttamente sulla pellicola, i film di Warhol diventano a colori e con l’audio. Ciò gli permette di sperimentare le sceneggiature di Roland Tavel, appositamente ingaggiato per scrivere storie in cui i personaggi possono improvvisare. Ma ciò che interessa a Warhol non è la storia, bensì i caratteri e le personalità delle persone.

“Vinyl” è la traccia scritta da Tavel tratta dal libro “Un’arancia a orologeria” di Anthony Burgess. La scena si svolge in un angolo della Silver Factory dove lo spazio è talmente stretto da impedire la libertà di movimento agli attori. È qui che Warhol incontra Edie Sedgwick, considerata una musa ispiratrice per l’artista.

La sua carriera da regista terminò nel 1968, quando l’artista Valerie Jean Solanas sparò a Warhol e al suo curatore e compagno Mario Amaya. Valerie si giustificò spiegando alla polizia che si sentiva minacciata dal successo dell’artista e, di conseguenza, vedeva un fallimento nel suo lavoro. Il curatore non fu ferito gravemente e dopo un paio di giorni uscì dall’ospedale, mentre Warhol combattè tra la vita e la morte. Dopo questo accaduto il suo percorso artistico cambiò drasticamente come anche la sua vita. Egli decise di non testimoniare contro Valerie anche perché, dopo due giorni, l’accaduto passò in osservato a causa dell’assassinio di Bob Kennedy.

Ilaria Cozzolino

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