Il femminicidio e in generale la violenza sulle donne si stanno rivelando problemi molto radicati e scarsamente perseguiti dalla legge italiana. In uno mondo che corre velocemente, dove la globalizzazione e il progresso (teoricamente) la fanno da padrona, sembra anacronistico e assurdo parlare ancora di violenze di genere. Invece se siamo qui oggi, se ne stiamo per parlare, è proprio perché il problema ancora esiste ed è lungi dall’essere risolto.
I numeri parlano chiaro
L’Italia fortunatamente è tra i paesi meno violenti nei confronti delle donne: infatti messa a confronto con altri paesi europei risulta essere la meno violenta insieme a Polonia, Spagna e Grecia. Le regioni in cui si commettono meno femminicidi sono Molise e Valle d’Aosta.
Da questi dati il nostro paese potrebbe risultare positivamente organizzato contro femminicidio e violenza sulle donne, ma non è così: anzitutto poiché nella maggior parte dei casi la violenza e il femminicidio vengono perpetrati da ex partner o compagni (indice di una mentalità possessiva, misogina e francamente retrograda) e poi perché la legge punisce scarsamente e in maniera inadeguata chi compie questi atti oltre a rendere spesso un vero e proprio calvario la denuncia del fatto giuridico.
Il tutto condito da una retorica politica che potrebbe far raccapricciare i più sensibili e a un tasso di omicidi che rimane comunque alto (seppure inferiore a quello di molti altri paesi).
Politica e femminicidio
Dalle dichiarazioni altisonanti e dalla continua propaganda alla ricerca di voti facili, i nostri politici (di tutti i colori) sembrano attivissimi nel campo dei diritti civili e specificatamente in quello sulla violenza sulle donne e il femminicidio. Il 18 gennaio 2017 è stata istituita una commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di ogni genere.
L’attuale legge contro la violenza sulle donne e sul femminicidio risale a un decreto del 2013 ed è noto, a causa degli scarsi risultati ottenuti, che questa legge debba essere revisionata. Tuonano da ogni lato dichiarazioni contro la violenza da parte dell’attuale governo: partendo dall’equilibrato premier Conte, passando per il ministro della Giustizia Bonafede. Come in passato le personalità politiche in questione si sono lamentate dell’inefficienza, della scarsità e dell’inadeguatezza dell’attuale legge.
Soltanto il tempo in questo caso potrà dirci se a differenza dei loro predecessori che sbandieravano ugualitarismo a destra e a sinistra saranno anche in grado di dar seguito alle loro bellissime parole. Noi francamente speriamo di sì.
Decreto-legge 93/2013 contro il femminicidio
La legge come detto precedentemente risale al 2013 e prevedeva un inasprimento della pena nei confronti del femminicidio ma anche della violenza di genere e un ulteriore inasprimento nelle misure cautelari.
Per la prima volta è stato introdotto l’arresto in flagranza per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking (problema sempre più frequente a livello internazionale). Inoltre, previa autorizzazione del PM, la polizia giudiziaria veniva messa in condizione di allontanare il violento dall’abitazione familiare e dalla persona offesa.
Posta in questo modo, con inasprimenti e nuove leggi introdotte, questo decreto d’urgenza non sembra poi così male. Si sa però che la legge prevede l’interpretazione ed è in quel momento che questo decreto urgente si è dimostrato inefficiente: a parte il reato di stalking , il resto è risultato gravemente insufficiente e distante dalla realtà. Per questo motivo il nuovo governo, insieme alla commissione parlamentare istituita, dovrà rispondere alle nuove esigenze e farsi trovare pronto.
Femminicidio, condanne e denunce
Il rapporto tra queste tre variabili, se vogliamo metterla in termini matematici, svela dove la legge è più debole e di come non solo sia stata raggirata in aula, ma anche poco d’aiuto per tutte le donne che si sono trovate nella scomoda posizione di chi denuncia un proprio parente.
Per cominciare possiamo dire che il numero di femminicidi e di violenze domestiche è rimasto costante nel tempo dal 2016 ad oggi, invece il numero di denunce è sceso del 12% (sembrerebbe dunque che la legge non sia riuscita a mettere le persone nella posizione giusta e sicura per procedere con una denuncia).
Il dato più preoccupante è però un altro: vi è un enorme divergenza tra il numero di delitti denunciati e le condanne (altra spia, questa volta più luminosa, di come la legge non abbia ovviato alle esigenze che si erano già manifestate in passato). Questa divergenza si manifesta diversamente nel caso in cui parliamo di femminicidio: qui le condanne ci sono ma la maggior parte delle volte, sempre a causa delle leggi lacunose, sono irrisorie. Basterebbe fare qualche esempio di brutale attualità per accertarsi della veridicità di queste parole oppure vedere a quanto ammonta il risarcimento per un omicidio commesso da coniuge o partner (ammonta a 8200 euro per i figli della vittima) e ci si rende subito conto di come la legge sia inadeguata.
Inadeguatezza legislativa
Non esiste per la legge italiana la parola femminicidio, non è dunque una fattispecie giuridica e per questo non può godere di una disciplina interamente dedicata a essa. Dalla legge non è stato poi neanche previsto un sistema di integrazione e di raccolta dei dati sul femminicidio (mezzi spesso più utili per l’individuazione e la risoluzione di problemi legali e sociali). Come detto precedentemente dal 2013 ad oggi c’è stata solo una lievissima riduzione dei femminicidi, che risultano essere sempre e comunque un quarto di tutti gli omicidi commessi sul suolo nazionale. Gli omicidi volontari invece, in controtendenza, sembrano diminuire negli ultimi anni.
Per concludere si può sintetizzare il rapporto fatto dal Senato che risulta esaustivo e fortemente esplicativo: si può certamente dire che le sanzioni in vigore, basate anche su una serie di aggravanti (maltrattamento, violenza sessuale, atti eccetera), possono portare l’autore di femminicidio a pene come l’ergastolo, ma il riconoscimento legale di tale reato avrebbe moltissima importanza anche sul piano culturale.
Alessandro Leuci