L’origine della città del Sole, della pizza e del mandolino è legata a numerose leggende più o meno veritiere e superstizioni popolareggianti. Stralci della mitologia antica e classica si riscontrano e si intrecciano con la storia dell’antica città ai piedi del Vesuvio. La tradizione della bella Napoli vuole che l’origine della città sia collegata al noto mito della Sirena Partenope o Parthenope, leggenda che si fonde anche con il mito di Ulisse.

Si racconta, infatti, che la Maga Circe aveva avvisato il prode Odisseo, reduce dalla guerra iliaca, in merito al pericolo costituito dal canto delle Sirene, esseri mitologici con il corpo per metà di donna e per metà di uccello. La mitologia greca vuole che questi esseri dalla voce soave vivessero sugli scogli, quelli situati di fronte Positano, oggi denominati “Li Galli”, e che attirassero viandanti e naviganti provenienti dai mari. Il loro potere consisteva nell’ammaliare con il loro canto soave gli esploratori che, attirati dal seducente richiamo e quasi ipnotizzati, perdevano il controllo delle proprie navi e si schiantavano su quegli stessi scogli dove abitavano le sirene.

La leggenda racconta ancora che la nave di Ulisse e dei suoi compagni percorreva i mari della penisola italica. Nel bagliore avvolgente della luce di mezzogiorno le sirene cominciarono a cantare e nell’aria si sentiva il richiamo suadente e melodioso, come un coro di voci divine. Nonostante le sirene promisero ad Ulisse di svelargli i segreti più reconditi della conoscenza umana e divina, come aveva avuto origine il tempo e la terra, i compagni dell’eroe greco lo legarono stretto all’albero maestro della nave e si tapparono le orecchie con la cera per non cadere vittime del canto ammaliatore.

Le riperscussioni ebbero dell’incredibile: infatti le sirene, che erano divine ma non immortali, fallendo nei confronti della compagnia di Ulisse, si uccisero buttandosi giù dagli scogli. La corrente marina che si alza e diventa più forte con l’azione del vento portò il corpo della sirena Parthenope sugli scogli dell’isolotto di Megaride (oggi meglio conosciuto come borgo del Castel dell’Ovo). Il corpo della bella dea venne trovato dagli abitanti della città: gli occhi chiusi come in un sogno, la carnagione bianca come la neve, i lunghi capelli biondi che ondeggiavano nell’acqua.

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Si narra ancora che i pescatori del villaggio deposero il corpo inerme della bella sirena in un sepolcro, che divenne luogo e oggetto di venerazione tanto da indurre gli abitanti di Megaride a dare il suo nome al loro villaggio. Protettrice del luogo, venerata e adorata da tutti, la sirena riceveva sacrifici, omaggi e fiaccolate sulle rive del mare lì dove era stata trovata. Si tramanda nel corso dei secoli questa storia mitologica, ancora oggi oggetto e tema di studi e di ricerche varie: numerosi esperti del territorio hanno creduto, o voluto credere, di aver trovato la tomba della Sirena Parthenope sulla collina di Sant’Aniello a Caponapoli, costruita probabilmente sotto la chiesa di Santa Lucia, lì dove sorge il piccolo tempio dedicato a Partenope, sull’isolotto di Megaride, nei sotterranei del Castel dell’Ovo.

Una versione meno nota, ma ugualmente interessante, della leggenda narra che la Sirena Parthenope dopo la sua morte, approdando sull‘isolotto di Megaride, trasportata dal mare, si sia dissolta e il suo corpo divino abbia dato origine alla morfologia e alla conformazione del paesaggio delle coste napoletane, partenopee dunque, ponendo il capo in direzione del lontano oriente, verso la collina di Capodimonte, e il piede in direzione di occidente, verso il promontorio di Posillipo. Numerose sono state le riproduzioni pittografiche che hanno rappresentato il paesaggio partenopeo alludendo alla forma del sinuoso corpo della Sirena Parthenope.

Valentina Labattaglia

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