Esce rafforzato da queste elezioni il partito dell’antieuropeista Geert Wilders, anche se distaccato di 8,2 punti percentuali dal VVD. Riconfermato in Olanda il premier Mark Rutte.

Il Partito per la Libertà si ferma infatti al 13,1%, distaccati di poco i partiti di Centro CDA (Appello Cristiano Democratico) e D66, rispettivamente al 12,4% e 12,2%. Buon risultato anche per i Verdi di GroenLinks che migliorano di oltre il 6% rispetto alle passate elezioni del 2012, arrivando al 9,1%. Al 9,1% troviamo anche SP, il Partito Socialista, che stacca il PvdA, bloccato al 5,7%.

Nella giornata del 15 marzo si è votato per eleggere i 150 membri della camera bassa olandese, la “Tweede Kamer”. Affluenza che ha raggiunto livelli ingenti sin dalle prime ore e che ha superato quota 81%, in netto miglioramento rispetto al 2012. Il compito del Premier Olandese Mark Rutte sarà di riuscire a formare una coalizione di governo, in modo tale da raggiungere il numero necessario di seggi per garantire una governabilità stabile al Paese e, numeri alla mano, la situazione non è sicuramente di facile risoluzione.

maggioranza relativa collegi elezioni in Olanda del 2017
Le maggioranze relative nei singoli collegi nelle elezioni legislative in Olanda del 2017

Il vigente sistema elettorale in Olanda è il proporzionale puro, per cui non esiste soglia di sbarramento: allo 0,67% dei voti corrisponde 1 seggio. Al Partito Liberal-Conservatore di Rutte spettano 33 seggi, mentre a causa del tracollo di PvdA, il partito di destra che fece parte della coalizione con VVD nelle elezioni del 2012, molte delle preferenze degli elettori sono andate a dividersi tra i partiti di Centro-Destra ed ai partiti di Sinistra. Il PVV di Wilders ottiene 20 seggi, e si afferma seconda forza del Paese.

14 seggi sono andati a ciascuno dei partiti di sinistra GL e SP, che potrebbero far pendere l’ago della bilancia per la delicata scelta sulla formazione della nuova coalizione di governo. Infatti, la grande crisi di consensi del PvdA ha determinato la sovente sconfitta del partito che nelle elezioni del 2012 aveva riscosso il 28,3% di voti e 29 seggi, ridotti a 9 seggi nel 2017. Venendo a mancare a Rutte l’appoggio di questa forza di governo, potrebbe risultare adeguato pensare che il premier opti anche per una soluzione di larghe intese.

Le elezioni in Olanda erano attese soprattutto per riscontrare quanto effettivamente le influenze populiste che stanno influenzando la politica europea potessero essere realmente concretizzabili. «Quarti di finale» le aveva definite lo stesso Mark Rutte alla vigilia delle elezioni, mettendo in chiaro quanto questi risultati dovessero essere presi con le dovute cautele: infatti l’Europa aspetta con più fremente attesa le elezioni in Francia e Germania, veri cardini dello spartiacque politico e sociale che potrebbe aprirsi in Europa.

Ne esce dunque “sconfitta” la destra populista ed antieuropeista del PVV, ma che comunque mantiene una percentuale abbastanza elevata da potergli permettere di giocare un ruolo fondamentale nei futuri equilibri politici del Paese. Soprattutto perché la retorica con cui il premier Rutte è riuscito a confermarsi come prima forza politica dell’Olanda imita quella del rivale Geer Wilders. La lettera aperta che il leader del VVD ha rilasciato sul sito del partito, durante il periodo di campagna elettorale, in cui si può leggere il passaggio che recita: «Comportatevi normalmente o andate via», in merito alla delicata questione dell’immigrazione,  è la prova che una posizione politica così radicale non era mai stata associata ad un partito liberale o progressista in Olanda.

Interessante anche il programma che il premier del VVD è deciso a portare avanti dopo il risultato elettorale: infatti, dalle prime indiscrezioni, sembra che Rutte stia cercando di mantenere una linea che possa comprendere le molteplici e differenti visioni politiche che sono rappresentate dai vari partiti politici con cui si dovrà confrontare nelle stanze del governo. L’aumento dei fondi destinati alle spese militari e alle forze dell’ordine o il miglioramento delle condizioni degli anziani sono prerogative da sempre appartenute al partito liberale di Rutte, ma che hanno in questo momento un valore ben diverso, visto e considerato che per creare una maggioranza di governo è necessario accontentare anche quei partiti centristi come il CDA o il D66.

Il “tipo sbagliato di populismo”, dichiarato sconfitto dallo stesso premier Rutte durante il discorso per la vittoria delle elezioni, manifesta d’altronde l’esistenza di una controparte “giusta” o quantomeno “corretta”. La medesima rappresentata dal VVD, da quel partito che con i suoi 33 seggi dovrà trovare adesso la necessità di formare un governo, tenendosi in stretti rapporti soprattutto con l’emergente Sinistra Verde rappresentata da Jesse Klaver, anch’esso in lizza per una posizione di primo piano nel futuro dell’Olanda. È credibile infatti che la scelta di Rutte di puntare maggiormente sulle energie rinnovabili o su un progetto che preveda la costante ottimizzazione della vita dei lavoratori, possa essere una mossa politica ben decisa a non inimicarsi sia GroenLinks che SP, in vista di un inevitabile confronto politico.

Certamente, più che una vittoria schiacciante, queste elezioni hanno evidenziato una dispersione delle scelte di voto, portando così a rafforzare simultaneamente diversi schieramenti politici all’interno del governo olandese. Il VVD di Rutte dovrà quindi rapportarsi con diverse visioni e valori politici, senza i quali però non può sperare di riuscire a raggiungere la maggioranza necessaria per governare il Paese.

La sfida al populismo in Europa, o quantomeno in Olanda, non è sicuramente finita:

«Non avete visto la mia fine ancora», le parole di Geert Wilders nelle battute finali del suo discorso post elettorale. Negli ultimi giorni però, il premier Rutte ha dichiarato che non sarà disposto a cercare una coalizione di governo con il partito populista di Wilders, il quale si è dichiarato sgomento considerato il più di un milione di voti arrivati da questa tornata elettorale al PVV, che comunque cercherà di trovare il suo spazio all’opposizione o cercando di costruire anch’esso una coalizione, comprendendo partiti di centro e realtà politiche con minor spessore ma che, nella logica di un sistema proporzionale, possono essere di grande aiuto ai fini di Geert Wilders e del suo partito.

Non è “ancora” giunta al termine dunque la sfida al populismo per quanto riguarda l’Olanda, dove in questi mesi si accenderà il confronto politico che passerà nelle camere del governo, in cui si decideranno i veri vincitori o sconfitti di questa prima delle tre tornate elettorali aspettate da tutta Europa. Non è “ancora” finita poiché è ragionevole pensare che il banco di prova del 23 aprile in Francia sia la vera chiave di volta che potrà far pendere l’ago della bilancia della politica europea verso l’una o l’altra direzione, aspettando ovviamente la più che mai attesa “finale” di Berlino.

Niccolò Inturrisi

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