Immanuel Kant alla domanda: Che cos’è l’illuminismo?; rispose: L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza, è dunque il motto dell’illuminismo. Secondo la concezione kantiana dell’illuminismo, pensare vuol dire pensare da sé, massima di una ragione mai passiva.
La tendenza alla ragione passiva, quindi all’eteronomia della ragione, si chiama pregiudizio. L’illuminismo si prefigge l’intento di liberazione dal pregiudizio. L’utilizzo di un modo di pensare ampliato, che in primis è il risultato di un distacco dalle limitazioni relative al giudizio personale, come spiega H. Arendt: Una svalutazione delle private condizioni soggettive in cui molti sono come imprigionati. Quindi maggiore sarà la sfera in cui l’individuo consapevole è capace di muoversi da un punto di vista all’altro, più il suo pensiero sarà generale; una generalità che analizza e indaga ogni particolarità interpretativa e conoscitiva inerente ad un fatto o più fatti: ciò richiede l’imparzialità, affinché ci sia una verifica reciproca ed esaustiva. Una possibile verità che può scaturire nella vita pubblica, nell’incontro con il pensiero d’altri. Kant ha in mente una comunità cosmopolitica incentrata sul principio d’intersoggettività e di criticismo del vivere collettivo.
Ragione Passiva
La nostra società post-moderna si è instaurata sui valori di democrazia, di liberalismo e di benessere illimitato; tali valori sono progressivamente esautorati da una crisi distruttiva di matrice economico-finanziaria ma con inevitabili ripercussioni politiche, istituzionali e culturali. La democrazia è precarizzata. Partendo dagli assunti kantiani (in primis pensare da sé)e cercando un’aderenza con l’odierna realtà, si desume una totale incapacità riflessiva, un’a-storicità del pensiero, una completa assenza di spazi in cui organizzare l’insieme, in cui ragionare e discutere con gli altri.
C’è, in atto, un’atrofizzazione del discorso pubblico, dilaga una ragione passiva.
Nell’epoca del commercio opinionistico sul web, dell’interconnessione costante tra individui virtualmente attivi e valutatori; si avverte una necessità inestinguibile di un pensiero concreto, organizzato, capace di costruire e crescere nel confronto vivido e vivificante. La passività unita alla sfiducia, alimentate entrambe dall’irrazionalità e dalla decadenza sociale e morale, conducono a reazioni istintive ed emotivamente nocive che a loro volta scatenano la nascita di riduzionismi carismatici dei meccanismi politici.
Uno svuotamento della democrazia è la causa di una rabbia antisistema, di un giustizialismo efferato. Nietzsche aveva osservato che nella decadenza è facile smarrire le capacità spontanee e di autoregolazione collettive ed individuali per preferire al reale l’artificiale, lasciando prevalere motivazioni non finalizzate fino a scegliere istintivamente ciò che è lesivo. Si crea un rapporto tra Leader e Masse all’insegna della Grande Semplificazione.
La politica ridotta ad evento di clamore, il guru che sostituisce il politico di professione, la notorietà che sostituisce le reali capacità dirigenziali, la popolarità che sostituisce la stima e l’eticità del discorso. Una società che interpella i suoi membri prima di tutto come consumatori e solo in poche occasioni come cittadini, perlopiù per trarne il consenso elettorale. La società attuale si fonda sull’inconsistenza, sulla disintermediazione, ed entrambe collimano con la debolezza del Sistema Sociale e con l’esasperazione di un’economia erotica, cioè un consumismo morboso, strutturato sulla temporanea libertà della tentazione. Ormai l’ideologia dell’edonismo liberale non ha rivali, bilanciata solo leggermente da ridicole dottrine New-Age. E così, tra il goditela e, quando hai tempo, scopri te stesso, si procede senza sosta. È palese che le teorie economiche e sociologiche del pensiero liberale, da cui s’evince che l’interesse del singolo contribuisce all’interesse dell’intero, hanno miseramente fallito. Dall’applicazione di queste logiche fideistiche si è generata la professione e l’attuazione di una libertà individualizzata che si congiunge con un brutale darwinismo sociale. Assistiamo all’alienazione dell’essere umano, all’isolamento del soggetto martire della propria incomunicabilità.
Poter abbandonare la Ragione Passiva?
In questa nostra post-modernità, probabilmente la riesumazione del principio fattuale di collaborative commons in una prospettiva di gruppo e di pratiche produttive partecipate con lo scopo di creare valore e confronti costruttivi; potrebbe reintegrare il valore prezioso di democrazia. Platone nel libro IV della Repubblica usa il termine greco thymos che significa anima emozionale, cioè il coraggio e l’ardore motivato dalla necessità di riconoscimento, vedersi riconoscere ed apprezzare i propri meriti. Ricostruire una coscienza comunitaria da e su cittadini pensanti e cooperativi, creerebbe le condizioni per sradicare una cultura della crisi, del malessere e della prevaricazione.
Riusciremo ad abbandonare la ragione passiva?
Gianmario Sabini