Sabato 25 marzo alle ore 20:00 e domenica 26 alle 19:00 presso il Nest Napoli Est Teatro la compagnia giovanile ‘A Menesta porterà in scena 4° Piano interno 12. A dirigere lo spettacolo, basato sul testo dell’autrice pugliese Marina Lupo, sarà Luciano Romanello.
Attraverso una famiglia di operai del sud, lo spettacolo si propone di affrontare il tema delle morti sul lavoro. Scegliendo il teatro, esso chiede allo spettatore uno sforzo diverso: quello di empatizzare con i personaggi e di immedesimarsi nelle situazioni. In una sorta di “catarsi” fa in modo che lo spettatore sia in grado di rapportarsi alle tematiche affrontate con una consapevolezza e sensibilità diversa.
Nella sera di sabato lo spettacolo sarà introdotto da una riflessione sul tema della sicurezza sul lavoro con Enrico Panini, assessore al lavoro del Comune di Napoli, Nino Daniele, assessore alla cultura e al turismo del Comune di Napoli, e rappresentanti del mondo sindacale. Sarà presente anche l’autrice.
Ad organizzare l’evento è l’associazione Gioco Immagine e Parole. Noi abbiamo intervistato Mariarosa Teatro, presidente dell’associazione.
Lo spettacolo 4° Piano interno 12 tratta di un tema importante: le morti sul lavoro, ossia le cosiddette “morti bianche”, e lo fa attraverso la rappresentazione delle lotte e degli affanni di una famiglia operaia del sud Italia. Come mai si è scelto di affrontare proprio questo particolare tema?
Il gruppo giovanile ‘A Menesta, che porta in scena lo spettacolo, ha semplicemente deciso di usare il teatro per portare alla luce le patologie della nostra società. Abbiamo sempre pensato che quello delle “morti bianche” fosse un tema troppo importante e, allo stesso tempo, troppo poco discusso. Per questo abbiamo deciso di affrontarlo e di farlo proprio attraverso il teatro che riteniamo essere un mezzo di comunicazione immediato.
Non è la prima volta, infatti, che il gruppo ‘A Menesta porta in scena spettacoli di “denuncia”, potremmo dire. Tra le tematiche affrontate abbiamo quella delle vittime innocenti della camorra e quella dell’usura e recentemente con “La ragazza in bicicletta” si è affrontato il tema attualissimo del femminicidio. È un tipo di teatro che vuole in qualche modo far riflettere. Qual è, secondo lei, la vera forza del teatro applicato a questi temi importanti?
Attraverso il teatro non si trasferisce un giudizio. Si trasferiscono fatti e circostanze. Si trasferiscono emozioni. O almeno noi proviamo a fare questo. La nostra operazione è quella di raccontare in scena come si gioisce e come si soffre in determinate situazioni. Non diamo giudizi, ma cerchiamo di lavorare in maniera tale da costruire e creare la condivisione di questi sentimenti. Perché questo significa portare lo spettatore “dentro” quella data situazione. Questo significa renderlo consapevole e cosciente di quello che sta accadendo.
Tra i componenti di ‘A Menesta troviamo principalmente ragazzi giovani. I giovani, attraverso questo tipo di teatro, finiscono per veicolare riflessioni importanti, assumendo una funzione informativa e formativa. Quanto è importante che siano proprio le nuove generazioni a farsi carico della trasmissione di dati messaggi?
È importante nella misura in cui sono i cittadini in costruzione, in formazione. Il teatro ti chiede di fare una cosa: per poter trasferire agli altri devi prima “incamerare”, devi prima diventare quel personaggio. Devi vivere quella storia. E questo significa che la prima operazione, ossia la condivisione delle emozioni, deve in un primo momento passare attraverso l’attore. Deve farlo prima l’attore per poterlo trasferire in scena al pubblico. Il fatto che i ragazzi facciano questo tipo di lavoro significa acquisire determinate consapevolezze e crescere in questo modo. Significa, quindi, avere anche un’idea della propria società, che non è fissa, ma si muove continuamente. E questo sviluppa un senso critico nei ragazzi, che sono molto meno superficiali di quello che si potrebbe pensare.
Il gruppo teatrale ‘A Menesta si sviluppa nell’ambito dell’associazione Gioco Immagine e Parole. Com’è nata l’associazione? E qual è la sua funzione principale?
“L’associazione nasce circa nel ’95. Nasce principalmente da una riflessione che ci venne nel vedere alcuni spazi e luoghi di aggregazione nelle regioni dell’Emilia. Pensavamo al perché quelle dimensioni, quegli spazi (come ad esempio la ludoteca) non potessero essere spazi e luoghi da replicare nelle nostre zone. E quindi iniziammo a lavorare in questo senso: iniziammo a pensare a come questo potesse trovare espressione con il gioco, con il teatro e con la musica, che sono i linguaggi universali, come dicevo prima, senza grosse mediazioni. La nostra metodologia è stata anche quella di accogliere con una grande apertura: ognuno di noi può portare qualcosa. Quindi chi entrava e chi entra nella nostra associazione è certamente portatore di ricchezze. Abbiamo poi realizzato un progetto “Teatroforma”, perché il teatro ha sempre fatto parte dei nostri piani. Per noi il teatro è stato sempre una grande forma di comunicazione. Nell’ambito di questo progetto si è poi costituito questo gruppo, ‘A Menesta, che, per le forti motivazioni che siamo riusciti a trasferire oltre che per la sua solidità, è rimasto anche dopo la fine del progetto. Tant’è che il progetto si è concluso nel 2010 e questo gruppo sta ancora lavorando con noi.
Quali sono i progetti futuri?
L’idea è quella, innanzitutto, di completare un percorso avviato da un po’, ossia quello di dare vita ad un, come ci piace chiamarlo, “centro per le arti della comunità”. E altro non è che uno spazio dove si può dare occasione ai giovani di dar sfogo della loro creatività a 360°. Quindi non soltanto una creatività ristretta all’ambito del teatro, ma che può manifestarsi anche nella musica, nelle arte visive. La possibilità di un luogo dove i giovani possano esprimersi senza giudizi e aver modo di creare il “bello”, che poi è quello che realmente modifica le nostre strutture mentali oltre che quelle fisiche dei nostri luoghi.
Pagina Fb: ‘A Menesta
Sito Associazione: Gioco Immagine e Parole
Vanessa Vaia