La minoranza interna del PD va all’attacco e presenta la sua contro-proposta. Ieri una trentina di senatori democratici hanno deciso di presentare sette emendamenti al Jobs-Act. “L’impianto della legge-delega non è in discussione“, ha specificato la senatrice Cecilia Guerra, “gli emendamenti sono contributi costruttivi per migliorare il provvedimento, non sono ideologici“, chiarendo anche che “non è un prendere o lasciare, non è nel nostro spirito. E non è neanche un agguato“.
Il ministro Poletti, dopo la riunione del partito al Senato, sembra tuttavia deciso ad andare avanti col reintegro soltanto in caso di discriminazione, sebbene apra “alla discussione” sui punti indicati dalla minoranza.
Gli emendamenti proposti dalla minoranza democratica vanno dall’articolo 18 agli ammortizzatori sociali e si riferiscono all’articolo 4 della legge delega riguardante il contratto a tutele crescenti.
Uno degli argomenti più caldi toccati nei suddetti emendamenti della minoranza del PD è in particolare l’articolo 18: per i senatori il vincolo del licenziamento per giusta causa deve riguardare tutti i nuovi assunti dopo i tre anni di contratto a tutele crescenti.
Un altro emendamento riguarda il contratto a tempo indeterminato, che va promosso come «forma privilegiata di contratto di lavoro», rendendolo «progressivamente più conveniente rispetto agli altri tipi di contratti in termini di oneri diretti e indiretti».
Il responsabile economico del PD Filippo Taddei rimanda però la discussione alla direzione del partito di lunedì, dove annuncia che “daremo chiarezza sul reintegro. La legge delega su lavoro e ammortizzatori sociali estende i diritti e le tutele per una platea di almeno 1,3 milioni di lavoratori“. Matteo Orfini controbatte sostenendo che “sull’articolo 18 la delega è ambigua, bisogna dettagliarla”. Aggiunge anche che “possiamo discutere sulla progressività per il raggiungimento delle piene tutele, per un periodo di anni, ma il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa deve essere mantenuto. Ha ragione Poletti quando sostiene che non si tocca il reintegro per i licenziamenti discriminatori: ma chi ti licenzia per discriminarti non dice che lo fa per quella ragione“.
La tensione all’interno del PD rimane comunque alta, tanto che la fronda democratica avverte Renzi che senza modifiche al Jobs-Act ci si rivolgerà direttamente alla base chiedendo di indire un referendum tra gli iscritti a cui lasciare la decisione finale.
Giacomo Sannino