La Lega non è più al governo da diversi mesi, ma in Italia un vero cambiamento sulle politiche dei migranti deve ancora arrivare. Salvini tiene banco sui social continuando a diffondere disinformazione su ONG e porti di sbarco. E forse anche le sardine, in quanto fenomeno di protesta non contro una forza politica al governo bensì all’opposizione, dimostrano l’impercettibilità mediatica del governo giallorosso, influenzato dai toni dell’agenda politica dettata da una Lega non al governo.
In particolare, l’assoluzione di Salvini da parte del Tribunale dei Ministri sul caso della nave Alan Kurdi è stata il pretesto per sparare a zero, ancora una volta, su migranti e ONG. La nave dell’ONG tedesca Sea Eye fu costretta a non sbarcare i migranti, che restarono più di dieci giorni a bordo in attesa che un qualche governo europeo indicasse uno dei porti di sbarco. Pochi giorni dopo la conclusione della vicenda giudiziaria, precisamente il 24 novembre, la ONG battente bandiera norvegese Ocean Viking è sbarcata nel porto di Messina sotto una rinnovata pioggia di critiche da parte del leader della Lega.
?Altri 213 presunti profughi sbarcati oggi a Messina dalla solita nave Ong.
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 24 novembre 2019
Porti aperti significano più partenze, più sbarchi, più morti. E più droga e armi nelle mani di scafisti e trafficanti.
Ottimo risultato per Conte e Lamorgese… Vergogna! pic.twitter.com/xsRO2PBp5U
Ancora una volta, l’assegnazione dei porti di sbarco diventa il bersaglio della disinformazione leghista, che continua imperterrita ben oltre il Papeete. Intanto, un atto del Tribunale di Catania datato 12 dicembre 2019 chiede l’autorizzazione a procedere contro Salvini per sequestro di persona in relazione alla vicenda del pattugliatore della Guardia Costiera italiana Gregoretti, bloccato proprio dall’allora ministro dell’Interno con 131 migranti a bordo. In quel caso non si trattava peraltro di una nave battente bandiera straniera, bensì di un’imbarcazione militare italiana.
Tra porti di sbarco e la disinformazione della Lega
La chiusura dei porti di sbarco è stata il cavallo di battaglia della retorica della Lega sulle migrazioni. Un cavallo di cartapesta, però, dal momento che anche questo slogan, “porti chiusi”, è falso. O quantomeno impreciso. Nei fatti i porti italiani non sono mai stati chiusi. Salvini non aveva legalmente la facoltà di farlo, poiché secondo l’articolo 83 (“Divieto di transito e di sosta”) del Codice della Navigazione tale decisione spetta al ministro dei Trasporti – Toninelli, il quale non ha mai fatto pervenire una simile richiesta formale. L’ex-ministro dell’Interno Salvini, sostenendo o facendo pubblicamente credere di avere questo potere nelle sue mani, bluffava per fini politici più che per imprecisione.
Matteo Villa, ricercatore dell’ISPI, ci offre una visione più completa della questione dei porti di sbarco andando ad analizzare un’altra zona grigia della normativa internazionale sulla ricerca e soccorso in mare, quella che riguarda lo Stato di bandiera di un’ONG e i suoi obblighi. Un articolo del Corriere della Sera, datato 27 novembre 2019 e riguardante l’assoluzione di Salvini sul caso Alan Kurdi, titolava in maniera grossolana: “I giudici scagionano Salvini: «Le Ong sbarchino nel loro Paese»”.
Secondo Villa, la sentenza racconta un’altra storia. La coordinazione dei soccorsi in mare dovrebbe spettare in maniera residuale allo Stato di bandiera della nave in questione. Tuttavia, una volta salvate delle persone in mare, chi ha compiuto le operazioni deve contattare il MRCC competente (centro di coordinazione del salvataggio in mare della Guardia Costiera) per farsi assegnare un cosiddetto POS, place of safety, dove poter sbarcare i migranti. Poiché il territorio libico non può essere ritenuto tale, le operazioni di sbarco vengono quindi effettuate sul territorio europeo (a meno che la Guardia Costiera libica non sia riuscita a intercettare e riportare in Libia i migranti).
L’assegnazione dei porti di sbarco è un’altra questione rispetto al coordinamento delle operazioni di salvataggio, e lo Stato di bandiera qui perde di rilevanza. Ciò riguarda soprattutto le ONG che battono bandiera di Stati geograficamente distanti come la Germania o, figuriamoci, Panama (come era il caso per la nave Aquarius). In particolare, quando lo Stato di bandiera della nave è lontano dal luogo del salvataggio, la sentenza del Tribunale dei Ministri che scagiona Salvini sul caso Alan Kurdi riconosce al contempo l’inadeguatezza delle leggi correnti. La formula impiegata è “la normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in pericolo” e rivela un ritardo o comunque un’incertezza legislativa rispetto a fenomeni ormai consolidati che riguardano la vita di migliaia di persone.
Nella frenesia del dibattito pubblico sui migranti non si parla spesso dell’efficacia reale delle politiche della Lega rispetto agli obiettivi che si era prefissata. La prova del nove è già avvenuta in realtà e dice che oggettivamente, con il governo Conte-Salvini, la situazione dei porti di sbarco e dei flussi migratori è rimasta immutata. A parte singoli casi, estremamente mediatizzati, di divieti di sbarco (e non porti chiusi), i migranti nel 2018-2019 hanno continuato a giungere in Italia via terra, via mare e sono stati spesso salvati dalle ONG come accadeva negli anni precedenti all’entrata in vigore dei due Decreti Sicurezza. Gli ingressi via mare in Italia si sono drasticamente ridotti nel 2017 con Minniti e il precedente governo del PD, non con Salvini, il cui impatto è stato minimo.
I porti non sono mai stati chiusi, lo sbarco invece è stato vietato o sospeso più volte da Salvini. L’azione governativa si basava sulla Convenzione di Montego Bay (art. 19), secondo la quale il ministro dell’Interno ha la facoltà – in quanto capo della Guardia Costiera – di negare lo sbarco a una nave battente bandiera straniera se il suo passaggio «arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero». Salvini ha fatto uso di questa facoltà in maniera spregiudicata, non spiegando mai realmente come dei naufraghi possano rappresentare un “pregiudizio” alla “pace”.
Forse l’ex ministro dell’Interno avrebbe potuto impiegare questo potere per bloccare le navi dell’Arabia Saudita che tuttora si riforniscono in Italia delle bombe criminali da sganciare nella guerra in Yemen, che prosegue tra le atrocità e il silenzio generale dell’Occidente. Invece Matteo Salvini, tra una polenta e un tortellino al ragù (sic), nel maggio 2019 non si preoccupò minimamente dello sbarco notturno nel porto di Cagliari, in sordina, della nave Bahri Tabuk venuta a rifornirsi delle bombe prodotte a Domusnovas dalla Rwm. Questa vicenda, nonostante il silenzio mediatico generale di quei giorni, non poteva sfuggire al Viminale a causa delle proteste della settimana prima a Genova. Nella città Ligure non c’era Salvini ad appellarsi a Montego Bay bensì i portuali di Genova, che hanno protestato impedendo l’attracco della stessa nave saudita diretta poi a Cagliari.
La disinformazione genera mostri
Rileggendo il recente tweet di Salvini del 24 novembre, con slogan come “più sbarchi, più morti” (senza parlare dell’inverosimile “più droga” completamente fuori contesto) si nasconde un’ormai evidente strategia. La Lega vuole far passare la propria personale battaglia identitaria contro i migranti non come una forte scelta politica personale, bensì come un atto in difesa del valore dell’Italia.
Dietro ai lampi di finto umanitarismo e protezione dei migranti che si trovano anche in questo tweet, ad esempio il “meno morti” nel Mediterraneo (assolutamente falso in termini relativi), si nasconde un pericoloso tentativo di ridurre a banale procedura amministrativa ciò che in realtà non lo è: il potere di scelta sulla vita delle persone in mare, un potere enorme che se risiede nelle mani del ministro dell’Interno di turno può portare a simili degenerazioni.
Il problema è sistemico e lasciare tutto al buon cuore del governo Conte bis non è affatto una soluzione, viste le due componenti di governo. Da un lato il PD dovrebbe occuparsi di recuperare la vergogna etica delle politiche di Minniti, dall’altro invece vi sono i 5 Stelle, con Luigi Di Maio che, pur non sapendo di cosa parla, si è sempre rivelato al pari di Salvini (o nel tentativo di rincorrerlo) uno dei politici più duri e disumani contro i migranti.
Lorenzo Ghione
Bell’articolo, molto ben argomentato e documentato. Del resto cosa ci si può aspettare da chi mangia i tortellini col ragù? (Salvini). Per il resto poi non è molto meglio: vogliamo parlare del Di Maio che ha appoggiato tutte le politiche anti ONG e anti migranti di Salvini e adesso vuol rifarsi la verginità col governo Conte bis? Dopo aver governato un anno insieme ai fascioleghisti?
O del PD, che con il ministro Minniti ha praticamente anticipato il decreto sicurezza di Salvini? C’è poco da fare, quando quella che dovrebbe essere la sinistra insegue la destra nelle politiche di governo è inutile poi chiedersi il perché si perdono voti e consenso.