migranti

La piega dell’attuale dibattito politico è incentrata sui migranti, dipinti come protagonisti di un’invasione dispettosa quando invece l’immigrazione è direttamente proporzionale all’assenza di diritti nei Paesi da cui fuggono e inversamente proporzionale alla contaminazione di usi e costumi nazionali di cui sono accusati.

Frasi come Aiutiamoli a casa loro riecheggiano nei salotti politici e nei bar dalle bocche di chi poco sa quanto complessa sia la situazione a casa loro. La conoscenza è l’antidoto agli stereotipi che degenerano in razzismo, il razzismo in violenza, laddove la violenza predilige scagliarsi contro i deboli in una pietosa guerra tra poveri.

Il fenomeno dell’immigrazione, oltre i pregiudizi

Il fenomeno dell’immigrazione e le cause che lo sottendono sono varie, intricate e sarebbe eccessivamente pretenzioso standardizzarle in un elenco formale, tuttavia si possono conoscere le condizioni socio-politiche ed economiche generali dei Paesi da cui la maggior parte dei migranti scappano: studiarle e metabolizzarle significa da un lato guardare con occhi diversi i migranti (buonismo a parte), dall’altro votare i politici di turno ragionando con la mente e non con la pancia.

Per quanto concerne l’Italia, la comunità straniera più grande è la comunità rumena, seguita da pakistani, nigeriani, marocchini, albanesi e cinesi. Dai dati ISTAT (aggiornati al primo gennaio 2018) si evince che il 50,6% degli immigrati residenti in Italia proviene da Paesi europei e soprattutto dall’Europa dell’Est; solo il 21% proviene dall’Africa, mentre il resto della percentuale riguarda quelli provenienti dall’Asia, America, Oceania e apolidi.

Nonostante gli allarmismi e i codici rossi di “invasione musulmana e africana”, i dati dicono che continuano a crescere i flussi di migranti dall’Europa dell’est (Romania) e si registra un lieve aumento di pakistani, guineiani, ivoriani, nigeriani, ghanesi e brasiliani, mentre cala l’immigrazione di cinesi, bengalesi e indiani.

Semplificando, dunque, gli immigrati in Italia provengono principalmente da Romania, Pakistan e Nigeria.

Perché i migranti fuggono dalla Romania

La comunità rumena in Italia è costituita da circa un milione di persone (a questa cifra sfugge naturalmente l’immigrazione clandestina). La Romania è caratterizzata da una forte instabilità politica, basti vedere la durata dell’ultimo governo Tudose decaduto dopo appena sei mesi. La precarietà politica grava anche sull’economia: un circolo vizioso in cui sono i cittadini che ne risentono maggiormente.

La Romania è divisa in quarantuno contee e per divisione s’intende non solo quella geografica ma anche quella culturale ed economica: ad esempio le contee di Vaslui, Ferentari, Botosani, Teleorman affondano nella povertà, mentre Bucarest è economicamente sviluppata rispetto al resto, anzi negli ultimi anni si sono sviluppati poli commerciali e molte multinazionali hanno investito nella capitale.

Uno dei problemi è la disparità sociale: aree lussuose a fianco a baraccopoli e zone rurali senza acqua né elettricità. Il PIL aumenta, ma la povertà è sotto gli occhi di tutti, la disoccupazione raggiunge livelli allarmanti e ancora più allarmante è la retribuzione dei lavoratori spesso privi di tutele e sicurezza. Da ricordare che la Romania ha il record degli stipendi più bassi in Europa: 500 euro mensili.

Già durante il governo Prodi si parlava in Italia di “codice rosso” per il proliferare di campi rom in Italia e oggi la situazione non è cambiata. Nel 2007 la Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea, per entrare nella Comunità ha dovuto superare l’esame dei bilanci economici, ma poco o niente è stato esaminato sul versante politico e dei diritti umani. Dunque al momento rientra nell’èlite dei paesi democratici europei, nonostante la Romania affondi sotto il peso della corruzione e dell’oligarchia: di fatto i baroni locali continuano a detenere il monopolio delle regioni rumene e la corruzione politica radicata ormai da secoli impedisce una rigenerazione e un ricambio amministrativo.

In virtù di questo scenario sociale corrotto e dispersivo, la somma dei problemi sociali dà luogo al proliferare della criminalità organizzata: dalle zone più emarginate parte il traffico di esseri umani, si organizza la prostituzione, si dà linfa vitale a quel sistema di caporalato che parte dalla Romania e arriva fin nelle campagne italiane.

Le mafie si coalizzano sulla base di questa disperazione sociale, i Governi si dividono sulla base della difesa dei confini.

Perché i migranti fuggono dal Pakistan

L’altra comunità straniera più grande in Italia è quella dei pakistani. Il Pakistan è il sesto Stato più popoloso del mondo ed è una Repubblica islamica, ovvero l’Islam è la religione di Stato e il 96% della popolazione è musulmana.

Amnesty International ha più volte puntato i riflettori dei diritti umani sul Pakistan, nel rapporto annuale 2017-2018 si legge: «Si è intensificata la repressione della libertà di espressione. Le sparizioni forzate sono state diffuse; l’impunità ha prevalso. Le violenze collegate alla blasfemia hanno causato la morte di uno studente, suscitando un’inusuale condanna da parte del Governo».

Il panorama dei diritti umani in Pakistan è uno dei più allarmanti, non c’è libertà di espressione: basti pensare che gli intellettuali, giornalisti, blogger che hanno provato a denunciare i soprusi governativi sono scomparsi nel nulla o sono stati minacciati di morte. Il diritto di manifestare non è contemplato, anzi chi è sceso in piazza è stato accusato di essere “anti-Islam”, “anti-Pakistan”, blasfemo, e la blasfemia in Pakistan è reato punibile con la pena capitale.

Nel 2008 furono varate delle riforme legislative per diminuire le fattispecie di reato che prevedevano la pena di morte, ad oggi è prevista per i casi di spionaggio, terrorismo e appunto blasfemia: ad Asia Bibi è stata concessa l’assoluzione da tale reato nel 2018 (dopo essere stata violentata, stuprata e incarcerata per anni), ma ad altri è toccata sorte diversa. Il Pakistan, infatti, è al quinto posto per casi totali sottoposti a impiccagione.

Come se ciò non fosse già un buon motivo per scappare, bisogna ricordare che in Pakistan è ancora largamente praticata la schiavitù per debito, è inesistente la protezione sindacale, il tasso di analfabetismo è esorbitante, le discriminazioni verso le donne e gli omosessuali sono all’ordine del giorno, infatti è ancora diffuso e punito il brutale delitto d’onore.

Perché i migranti fuggono dalla Nigeria

La Nigeria è il Paese più popoloso del continente africano, caratterizzato da un forte divario sociale tra ricchi e poveri: un esempio emblematico è il delta del Niger, ricco di petrolio sfruttato dalle grandi multinazionali, ma quello stesso petrolio impoverisce i contadini che vivono di pesca e di agricoltura.

In particolare è rilevante la presenza del gruppo terroristico Boko Haram, che in sette anni ha sterminato più di 15mila persone e ne ha costretto all’esilio più di due milioni. Solo tra il 2017 e il 2018 Boko Haram ha compiuto sessantacinque attacchi terroristici causando la morte di quattrocento civili tra uomini, donne, bambini, senza distinzione. Decapitazioni pubbliche, rapimenti di alunni, turisti, gente locale rendono la Nigeria uno dei Paesi più pericolosi.

Amnesty International ne denuncia le esecuzioni extragiudiziali, le sparizioni forzate, i maltrattamenti, le torture dei detenuti in alcuni casi con esiti letali. Per finire in carcere non c’è bisogno di un processo, basta un minimo sospetto. Chi entra nelle carceri nigeriane difficilmente ne esce, perché, oltre a essere sovraffollate, presentano condizioni igienico-sanitarie pessime spesso causa di morte.

La società nigeriana è in guerra su vari fronti: sul fronte politico-governativo caratterizzato da forte instabilità, sul fronte di Boko Haram cui si aggiungono faide inter-comunitarie tra mandriani e agricoltori. Tutto ciò a discapito dei diritti umani, calpestati, violentati come nel caso di alcune donne costrette a prostituirsi in cambio di cibo.

Vita o morte, libertà o prigione, lavoro o povertà: i migranti che fuggono da tali Paesi non possono scegliere le sfumature per loro la vita è drastica; è per questo che cercano di ripararsi sotto l’ombrello dei diritti umani in qualche modo garantiti dalle Costituzioni; è per questo che preferiscono lasciare le loro case e trasferirsi in Italia nonostante le politiche di intolleranza.

Perché nei loro Paesi si muore.

Melissa Bonafiglia

Quotidiano indipendente online di ispirazione ambientalista, femminista, non-violenta, antirazzista e antifascista.

1 commento

  1. Salve, sono arrivato al punto di capire che ormai il mondo deve per fotza di cose andare cosi, si e vero che non si puo lasciare che le cose si succedono e nessuno fa niente ma e anche vero che per esserci un bene ce bisogno di un male se non ce il caso di cosa si discuterebbe ed e qui che si giustifica la nostra esistenza.presenza.

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