Si chiama Reyhaneh Jabbari, donna di soli 26 anni condannata a morte per aver ammazzato il suo stupratore. L’Iran ha così giustiziato, tramite impiccagione nella prigione di Teheran, la ragazza, nonostante i numerosi appelli internazionali che volevano la sua scarcerazione. Ma le autorità locali hanno ignorato la richiesta proseguendo l’esecuzione. A nulla è valso, quindi, l’appello di Amnesty: “Il tempo sta per scadere per Reyhaneh Jabbari -aveva detto venerdì il vicedirettore di Amnesty per il Medio Oriente e l’Africa Hassiba Hadj Sahraoui -. Le autorità devono agire adesso per fermare l’esecuzione”.
Reyhaneh Jabbari è stata arrestata nel lontano 2007, per aver ammazzato con un coltello Morteza Abdolali Sarbandi, un ex impiegato del ministero dell’Intelligence iraniano. Il fatto sarebbe avvenuto, secondo la testimonianza di Jabbari dopo che Sarbandi ha aggredito fisicamente e sessualmente la donna, che cercando di difendersi lo avrebbe accoltelato, prima di fuggire e chiamare un’ambulanza.
Dopo un lungo processo sulle spalle, al termine di un’indagine piuttosto complicata e tortuosa, è arrivata la condanna a morte nel 2009, sul processo la stessa Amnesty rilancia: “Una simile punizione in qualsiasi circostanza rappresenta un affronto alla giustizia, ma eseguirla dopo un processo imperfetto che lascia grandi punti interrogativi sul caso rende la cosa più tragica”. Il tribunale, dal canto suo, spiega che ha chiesto più volte il perdono da parte della famiglia di Sarbandi, la quale, secondo la legge della Sharia, solo con il loro consenso si sarebbe potuta evitare la pena capitale.
Sulla questione è intervenuta anche Federica Mogherini, ministro degli Esteri del governo italiano, esprimendo il suo dolore per l’esecuzione della giovane Reyhaneh Jabbari, sottolineando che è stata “vittima due volte” prima di uno stupratore e poi del sistema giudiziario. “L’uccisione di Reyhaneh è un dolore profondissimo”, ha affermato la titolare della Farnesina, “avevamo sperato tutti che la mobilitazione internazionale potesse salvare la vita di una ragazza che invece è vittima due volte, prima del suo stupratore poi di un sistema che non ha ascoltato i tanti appelli”. Questo, ha aggiunto la Mogherini che il 30 settembre aveva lanciato un appello a favore della giovane iraniana, “a conferma che è proprio sulla difesa dei diritti fondamentali che il dialogo tra i Paesi resta più difficile. Eppure, la difesa dei diritti umani e l’abolizione della pena di morte sono battaglie fondamentali che l’Italia non rinuncerà mai a portare avanti in tutte le sedi”.
Luca Mullanu