– DI EMANUELE TANZILLI
emanuele.tanzilli@liberopensiero.eu
Adesso proveranno a dirlo; a dire che hanno vinto gli euroscettici, gli antieuropeisti, gli eurocritici e una sequela informe di neologismi a misura di continente. Perché, in effetti, il catastrofismo assume contorni più squisitamente teatrali, se lo si cuce addosso ai trend mediatici più in voga del momento.
Quel che noi vediamo, in realtà, è un’avanzata imperiosa dell’estrema destra come reazione ad anni di politiche scoordinate e fallimentari, sicché il vero vincitore di questa tornata elettorale risulta essere il populismo, più che l’antieuropeismo, in ogni sua forma e declinazione. Le promesse di una “exit strategy”, il ringhiare furioso contro l’Europa delle banche e dell’austerity, erano e continuano ad essere pasti nudi per le fameliche pance vuote della popolazione. Nessuno di questi partiti (UKIP, Front National, Alba Dorata) spera realmente di recuperare la sovranità ai propri Paesi. Né tantomeno lo spera Syriza, la compagine del leader greco Alexis Tsipras dipinta come un mostro sinistroide in attesa di azzannare l’Unione e sbrindellarla, quando in realtà i punti programmatici di quello che sarà il fronte di sinistra a Strasburgo, il GUE, sono sempre stati chiari: un’inversione di rotta nelle politiche economiche e monetarie, attraverso una ridefinizione dei compiti della Banca Centrale e una discussione chiara e onesta sul debito per condividerne il peso a livello comunitario. Insomma, pur di far vincere la paura le hanno inventate tutte, e l’acclarato scopo può dirsi raggiunto: l’istituzionalizzazione delle larghe intese anche a livello europeo è una solida realtà con cui fare i conti a partire da adesso; perché da ambo i lati i margini si restringono e l’equilibrio si fa sempre più sottile e incerto.
Ma veniamo a noi, all’Italia degli astensionisti che, forse, si rende conto della scarsa utilità dell’election day, sia in termini di contenimento dei costi che di coinvolgimento elettorale.
Ha vinto Renzi: non c’è dubbio, e nessuno si azzardi ad affermare il contrario. Con lui, ma solo di riflesso, ha vinto il Partito Democratico che superando il 40% spicca un volo molto più che icarico, arrivando in un colpo solo a demolire sia le frenesie di sorpasso dei 5 stelle che il machiavellico progetto politico del centrodestra, uscito fortemente ridimensionato dalle urne in termini di percentuali (un complessivo 30% per Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia e Nuovo CentroDestra) e nella credibilità di (quel che resta di) Silvio Berlusconi, un fantoccio logoro, liso e strappato. Condannato, interdetto, umiliato, prostituito (ebbene sì, quale deliziosa ironia della sorte!) sull’altare della sopravvivenza per un’area “moderata” che ha trovato altrove il suo nuovo riferimento.
Renzi ha vinto, lo ribadiamo, ed ora la sua ombra si staglia netta e nitida fin verso l’orizzonte, sorretta dal gigante tutto italiano del votare per moda, più che per convinzione. Un anno fa toccò a Beppe Grillo; dopo un anno di strepiti, insulti e poco altro anche l’ex-comico (o dovremmo dire ex-politico?) dovrà ricredersi e ammettere di aver sbagliato strategia – a meno di scoprire nuovi complotti massonici o trame degli Illuminati.
Insomma, chi ha voluto definire i famosi 80 euro una “mancetta elettorale”, col senno di poi, non aveva tutti i torti. Ma adesso che il premier fiorentino ha saputo fagocitare il voto progressista e moderato, di protesta e di confusione, creando di fatto un nuovo pentapartito sotto un’unica egida, che non esiteremmo a definire una DC 2.0, adesso viene il bello. Il responso è chiaro, gli italiani vogliono che qualcosa cambi, non importa in che modo, e non accetteranno più rinvii, tentennamenti o vaffanculo. Se Renzi saprà essere all’altezza del compito, lo constateremo nei prossimi mesi; certo è che l’azione di Governo esce notevolmente rafforzata e legittimata dalle urne e pertanto non ha più scusanti.
Per quanto riguarda il sottoscritto, infine, non posso che essere contento del 4,03% ottenuto dalla lista L’Altra Europa con Tsipras. E non per i tre eurodeputati in partenza per Strasburgo, ma per il valore simbolico che un tale risultato, incerto, faticoso, persino insperato, può assumere per la sinistra italiana in ottica futura. Una sinistra coesa, aperta, non divisiva e, soprattutto, umile, può da oggi guardare con un minimo di ottimismo in più alla costruzione di un progetto nuovo e coerente: a patto di non rovinare tutto con la solita guerra delle bandierine e della purezza ideologica; a patto di mantenere lo stesso atteggiamento e spirito di sacrificio che ha spinto militanti, attivisti e simpatizzanti in questi mesi di una delle campagne elettorali più sciatte e prive di contenuti che la storia ricordi. Le elezioni del 25 maggio, con un regalo di compleanno per l’amato Berlinguer, ci consegnano un punto da cui ripartire. A noi, stavolta, il dovere di tracciare la linea.