L’appuntamento del Ventre di Napoli, ci porta oggi nei meandri del carcere minorile di Nisida.
“Ancora quantu tiempo adda passare
io da ccà dinto me ne voglio ascire
ma tengo la paciénza di aspettare
carcere ‘e mare”
Il testo sopracitato, scritto, musicato e interpretato da Salvatore Esposito, meglio conosciuto come Sal Da Vinci, fa parte delle musiche di “C’era una volta scugnizzi” che è la versione teatrale revisionata del film “Scugnizzi” del 1989 a cura di Claudio Mattone e Enrico Vaime. Saverio De Luca e Raffaele Capasso sono due giovani scugnizzi che stanno scontando la loro pena presso il carcere minorile di Nisida a Napoli: Saverio canta a voce alta queste parole, così ricche e così significative, così piene di desiderio di libertà e di spensieratezza. Saverio comincia a contare i giorni che mancano alla sua definitiva scarcerazione, perché oramai quel “carcere ‘e mare”, quell’ambiente e quelle persone gli stanno un po’ stretti: ma la pazienza è una grande virtù ed è questa che gli dà la forza di andare avanti.
Così come ricordato da Sal Da Vinci, il carcere minorile di Napoli sorge a Nisida, una piccola isoletta sita a Coroglio, di origine vulcanica e ricca di storia. Circondato da una cinta muraria, il riformatorio è diviso in più sezioni: una parte è adibita a uffici per il personale penitenziario che lavora al suo interno, un altro lato è occupato dalle celle dei detenuti divisi per sesso e infine c’è una grande biblioteca e un teatro voluto da Eduardo De Filippo.
I minori e le minori hanno un’età compresa tra gli 11 e i 18 anni: ognuno di loro ha commesso qualche reato più o meno grave per essere relegato a Nisida ed è pronto a dover scontare la propria pena. In realtà il vero compito del carcere minorile è quello di rieducare i giovani ragazzi che in contesti sbagliati e in circostanze inusuali hanno intrapreso la cosiddetta “cattiva strada”. Sulla base di questo, gli educatori che tutti i giorni sono a stretto contatto i detenuti hanno il compito e il dovere morale di contribuire alla formazione dei ragazzi; difatti organizzano progetti, attività di studio e ricreative.
Basti considerare che all’interno della struttura carceraria di Napoli dedita ai minori esistono palestre, laboratori e progetti di avviamento al lavoro: il vero intento sta nell’avviare i giovani ragazzi a poter intraprendere una vita sana e ricca di onestà e lealtà. Ecco perché l’obiettivo primario risulta quello di voler ridurre l’aggressività verbale e fisica, e aprire i ragazzi al confronto, al contatto e alla sincerità, alla non violenza e al rispetto per il prossimo. Proprio in merito al rispetto per il prossimo, il carcere minorile di Nisida, che accoglie anche ragazzi stranieri di confessioni religiose diverse da quella cattolica, si è attrezzato a tal punto da poter permettere a tutti di osservare il proprio culto e la propria religione: non manca proprio nulla.
I minori, oltre a seguire programmi scolastici ed essere guidati da insegnanti di tutto rispetto, sono coordinati da educatori, operatori e esperti di vari settori: infatti le attività ricreative sono davvero varie. Oltre a laboratori di scrittura creativa, corsi teatrali e di musica e progetti di cineforum, i ragazzi di Nisida si dedicano a esercizi e attività diverse e disparate tra loro, a cominciare dallo sport, dal laboratorio di politica, fino al giornalismo e alla mediazione culturale. Per i riformatori è fondamentale che i ragazzi comincino ad approcciarsi alla realtà in maniera sociale, perché una volta fuori di lì dovranno affrontare una vita che sarà sicuramente tortuosa e complicata, ma che è resa più bella insieme ad altre persone. E per avere a che fare con queste altre persone è necessario mettere da parte la violenza e l’aggressività e lasciare spazio alla dolcezza, ai sentimenti e alla lealtà. Quella del carcere deve quindi essere un’esperienza formativa, un percorso di crescita e di educazione al rispetto per gli altri.
Ma ovviamente bisogna avere anche rispetto per la propria persona: il nostro corpo e la nostra mente sono sacri, e in nostro intelletto non deve assolutamente essere contaminato da niente e da nessuno. Molti sono i giovani che arrivano a Nisida con problemi di tossicodipendenza: tante sono le attività che gli educatori offrono ai giovani caduti nel tunnel della droga, come i progetti di pet-therapy o di fattoria sociale.
La giornata dei ragazzi è quindi scandita perfettamente: dopo aver studiato, i giovani vengono indirizzati anche dal punto di vista lavorativo. Difatti, il carcere minorile offre la possibilità di corsi di formazione per mettere i ragazzi sulla retta via: ecco perché esiste una vera e propria ala del riformatorio che contiene laboratori adibiti ai corsi di formazione per futuri pasticcieri, pizzaioli, chef, edili, parrucchieri e vasai. E tra i corsi che muovono e scuotono il cuore e i sentimenti dei minori, spicca senza ombra di dubbio il laboratorio di clownterapia, di educazione alla legalità, di formazione sociale.
Senza ombra di dubbio, il carcere minorile di Nisida è quello che cerca di rispettare al meglio i detenuti avendo così rispetto della persona e dell’essere umano. Diversamente da quanto accade nelle carceri che sono a Napoli, cioè quelle di Secondigliano e di Poggioreale, si cerca di avere a cuore la rieducazione del detenuto: forse perché, trattandosi di minori, ognuno spera di poter contribuire alla crescita formativa di ognuno di loro. Ma non basta: è necessario che coloro che sono a contatto con i detenuti, a prescindere se si tratti di minori o di adulti, facciano e svolgano al meglio il loro compito e il loro dovere, consentendo ai carcerati di vivere in condizioni igieniche e sociosanitarie decenti, di dar loro un’attenzione maggiore. E questo non significa certamente assecondare i capricci di qualcuno: sono detenuti che nella stragrande maggioranza dei casi sono colpevoli, ma sono anche esseri umani e in quanto tali vanno rispettati.
“Dio che m’e dato ‘a voce pe’ cantare
e che m’e dato l’uocchie pe’ guardare
m’e dato ‘e braccia pe’ farme faticare
carcere ‘e mare”
Arianna Spezzaferro