Punto di incontro tra culture, spazio simbolo in cui le differenze vengono esaltate e superate: l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” rappresenta un motivo d’orgoglio per la città di Napoli.
Del resto è la più antica Scuola di Sinologia e Orientalistica del Continente Europeo: il cinese mandarinico, scritto e parlato, vi è stato insegnato già dalla fine del 1724, mentre l’hindi e l’urdù dal 1878.
“L’Orientale” nasce da un progetto molto ambizioso di un missionario italiano: convertire l’immenso Impero Cinese alla fede in Cristo. Nella biografia di Matteo Ripa risalta in primo luogo la sua natura di uomo di fede: appena ventiseienne parte missionario per la Cina. Ripa è, però, anche un letterato che riesce ad appropriarsi dell’idioma mandarina e, allo stesso tempo, un artista. Lavora, infatti, alla corte dell’imperatore Kangxi dal 1711 al 1723: sarà la sua abilità nelle arti del disegno, della pittura e dell’incisione su rame a valergli l’ammissione alla corte dell’imperatore. E tuttavia il talento pittorico sarà ben presto accantonato perché Ripa deciderà di far di un’altra impresa la missione della sua vita; da qui la fondazione de “Il Collegio dei Cinesi”, l’obiettivo uno solo: la conversione al cristianesimo dell’impero Cinese.
La prima istituzione europea delle lingue e della cultura del lontano Oriente fa di tal missione, almeno inizialmente, la sua ragion d’essere.
Nel 1724 Ripa, al suo ritorno a Napoli, condusse con sé quattro giovani cinesi e un maestro di lingua e scrittura mandarinica: su questo nucleo primordiale si va a creare l’allora “Collegio dei Cinesi”.
Ripa è animato da un duplice disegno: da un lato, l’apertura della società europea verso i misteri della civiltà orientale e, dall’altro, l’avvicinamento dell’Asia estrema alla cultura europea attraverso la formazione dei giovani cinesi disposti a intraprendere il cammino verso il sacerdozio.
Un processo di apertura bidirezionale per avvicinare due mondi totalmente diversi.
Sarà Clemente XII con l’approvazione Nuper Pro (7 aprile 1732) ad offrire un riconoscimento ufficiale a “Il Collegio dei Cinesi“.
Fondamentale sarà anche l’opera dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, il quale autorizzò l’apertura di un Collegio formato da una scuola per missionari, esperti e interpreti cinesi e indiani, per stabilire rapporti commerciali tra i paesi dell’Estremo Oriente e l’Impero Asburgico. Al collegio si unì poi un convitto, dietro pagamento di una retta, aperto a giovani napoletani disposti a diventare missionari in Oriente.
Dal 1736 al 1888 si formò la Congregazione della Sacra Famiglia di Gesù Cristo, sacerdoti incaricati dell’educazione dei collegiali e dei convittori.
Il Collegio si trovò, tuttavia, a vivere ben presto una situazione di precarietà. La causa fu il cambiamento dinastico del 1734 che portò sul trono del regno di Napoli Carlo di Borbone. Senza dubbio ciò restituì dignità al Regno di Napoli, ma va notato che allo stesso tempo venne meno la promessa che Carlo VI d’Asburgo aveva fatto al Collegio dei Cinesi, quella riguardante l’erogazione di una rendita di 800 ducati annui. A quel punto le entrate al Collegio furono assicurate grazie alle generose elargizioni di nobili benefattori.
Dal 1747 furono ammessi al Collegio giovani provenienti dall’Impero Ottomano, allo scopo di ricevere una formazione religiosa che potesse permettergli di svolgere l’attività missionaria nei loro paesi di origini.
A partire dal 1812 il Collegio dei Cinesi fu poi trasferito alle dipendenze della Direzione Generale dell’Istruzione pubblica, istituita da Gioacchino Murat. Punto cruciale era la riforma che riguardava le scuole pubbliche e private del Regno di Napoli. Il cambiamento interessò anche l’istituto di Ripa, che fu assimilato ai licei collegi voluti da Napoleone I in Francia: nei programmi scolastici era previsto l’insegnamento della “grammatica, umanità, rettorica, lingua greca, geografia, istoria, geometria e filosofia” e “arti cavalieresche”. Ovviamente nel rispetto della sua storia, nel nuovo “convitto” fu istituita una “scuola speciale” per l’insegnamento del cinese.
In seguito all’Unità d’Italia il Collegio dei Cinesi fu trasformato in “Real Collegio Asiatico” (1868); a quel punto divenne accessibile anche ai giovani laici, interessati ad intraprendere lo studio della cultura dell’Asia Orientale e fu articolato in due sezioni, quella antica e quella nuova.
Fu poi introdotto l’insegnamento dell’arabo e del russo. Con la riforma del 1878, varata da Francesco De Sanctis, furono inaugurati gli insegnamenti dell’hindi e dell’urdù, oltre al persiano e al greco moderno.
Nel 1888 il Real Collegio Asiatico si trasformò in “Istituto Orientale”: mentre il “Real Collegio Asiatico” era considerato una scuola secondaria superiore, l'”Istituto Orientale” fu equiparato ad una vera e propria università.
Solo nel 2002 l’Istituto acquisisce l’attuale denominazione: “L’Orientale“.
“L’Orientale” è l’unico ateneo in Italia che ha un’offerta formativa esclusivamente di tipo umanistico. È specializzato negli insegnamenti linguistico-letterari e storico-artistici inerenti l’Oriente e L’Africa, con un particolare occhio di riguardo alle culture dei paesi mediterranei, dell’Europa e delle Americhe.
Il vero fascino de “L’Orientale” sta, quindi, nella capacità di dischiudersi al diverso.
Ad oggi, in un mondo sempre più convergente in cui popoli, lingue e religioni si fondono e si incontrano, “L’Orientale” offre ai giovani una formazione completa e in linea con la realtà contemporanea. Offre l’opportunità di aprirsi al confronto, di entrare in contatto con i mondi più disparati, di studiare culture antitetiche.
La sua forza risiede in questo: perché le tenebre dell’ignoranza possono essere rischiarate solo con il sapere. E la cultura è l’unico modo per aprirsi al confronto e al diverso, senza remore e senza pregiudizi.
Vanessa Vaia