In Tunisia, il partito laico Nidaa Tounes vince le elezioni, chiuse ufficialmente ieri sera,che andranno a formare il primo vero Parlamento democratico tunisino.
Nidaa Tounes, guidato da Béji Caïd Essebsi, si aggiudica 83 seggi, mentre la sponda islamica di Ennahda ottiene solo 68 seggi, nonostante avesse dominato nel territorio Nord africano.
Come detto, quello che esce dalle elezioni tunisine sarà il primo Parlamento democraticamente eletto dopo la rivoluzione del 2011, che ha comportato la cacciata di Zine el-Abidine Ben Ali, allora presidente, e rimarrà in carica per cinque anni. In realtà, subito dopo i tumulti del 2011, furono indette le prime elezioni, vinte proprio dal partito islamico Ennanhda, ma esse servirono ad eleggere i rappresentanti dell’Assemblea costituente e gli islamici furono i primi a guidare il popolo nella stesura di una nuova Costituzione.
Battuta d’arresto, dunque, per Ennahda che, durante la propaganda elettorale, aveva fatto leva e affidamento sui cittadini più poveri di molte comunità emarginate del Paese; il partito è stato però accusato da molti di inesperienza e di cattiva gestione della finanza pubblica dimostrate nel periodo di transizione.
Votando Nidaa Tounes, sembra che i tunisini abbiano preferito affidarsi ad un’élite politica di lunga data, dimostrando una forte speranza nel ritrovare quell’ordine presente in Tunisia prima della rivoluzione. Il leader Essebsi già fu ministro degli interni, della difesa e degli affari esteri quando a governare era il presidente fondatore del Paese, Habib Bourguiba. Fu anche presidente del Parlamento sotto Zine el-Abidine Ben Ali, prima che quest’ultimo venisse cacciato. A tal proposito alcuni critici vedono la sua vittoria come il ritorno del regime dittatoriale deposto; i suoi sostenitori, invece, considerano il neoeletto come l’unico contrappeso credibile a Ennahda.
Hanno deluso i risultati ottenuti dal Congrès pour la République del presidente Moncef Marzoukie e di Ettakatol, guidato dal presidente dell’Assemblea nazionale, Mustapha Ben Jaafar. I due partiti erano nella coalizione di governo ma hanno ottenuto una percentuale di inferiore al di sotto del Fronte popolare (12 seggi), il partito di sinistra che nel 2013 ha subito lo shock dell’uccisione dei suoi principali esponenti di spicco, vale a dire Chokri Belaid e Mohamed Brahmi.
Per la giornata elettorale si temevano attentati terroristici e sono stati mobilitati 80mila agenti di polizia e militari. Le votazioni, però, si sono svolte con ordine e senza violenze.
Sulle elezioni tunisine è intervenuto anche il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama che si è congratulato, definendole “una pietra miliare nella storica transizione politica del Paese” e affermando che “nell’andare alle urne i tunisini hanno continuato ad ispirare le persone nella loro regione e in tutto il mondo”.
Andrea Palumbo