L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non sembra più una possibilità così remota. Infatti, secondo un sondaggio dell’Indipendent, sembra che la maggior parte dei britannici sia favorevole alla Brexit.

Quindi in vista del referendum, che si terrà tra il giugno e il dicembre del 2016 e che chiederà al popolo britannico di esprimersi sull’argomento, il primo ministro del Regno Unito, David Cameron, ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, nella quale ci sono quattro condizioni per evitare la Brexit.

Cameron, innanzitutto, vuole che venga assicurato che i paesi dell’euro non impongano regole senza trovare il consenso di chi non fa parte della moneta unica. Secondariamente richiede delle manovre che portino a stimolare la competitività economica, tagliare la burocrazia e accelerare sul fronte delle intese commerciali. La terza condizione riguarda la possibilità per il Regno Unito di tirarsi fuori da alcuni trattati volti a consolidare un’Unione Europea sempre più coesa. Infine, il quarto punto è inerente alle restrizioni sull’immigrazione dagli altri paesi dell’Unione, riservando alcuni diritti del welfare ai cittadini non britannici solo dopo quattro anni di permanenza nel paese. Infatti, secondo l’HMRC (HM Revenue and Customs), «Il 43% dei migranti Europei di base nel Regno Unito chiede i benefits». Questo dato, però,  sembra una menzogna. Infatti la percentuale reale scende moltissimo poiché l’HMRC considera come migranti europei, che usufruiscono dei benefit, tutti i cittadini britannici nel cui nucleo familiare c’è anche un solo cittadino europeo.

Il quarto punto è la principale materia di scontro tra le parti in causa. Infatti, la libera circolazione dei cittadini e il loro diritto alla parità di trattamento restano un dato di fatto imprescindibile per la commissione.

Dal canto suo, neanche Cameron sembra entusiasta di un’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, tuttavia deve mantenere la promessa di indire un referendum sull’argomento, grazie alla quale è stato rieletto come primo ministro.

L’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Unione potrebbe incoraggiare tutti i partiti antieuropeisti dei vari paesi e scatenare un clamoroso effetto domino. Tuttavia, si potrebbe dipingere anche uno scenario particolare: la separazione della Scozia dal Regno Unito, considerata la forza degli indipendentisti in virtù della loro vicinanza all’Unione Europea.

L’eventuale Brexit penalizzerebbe anche l’Irlanda, che oggi è uno dei paesi dell’eurozona con i migliori margini di crescita. L’ERSI (Economic and Social Research Institute) ha calcolato i dettagli economici che si prefigurerebbero e ha stabilito che, tra l’altro, sarebbero ridotti di un quinto gli scambi commerciali tra Gran Bretagna e Irlanda, con una perdita di una decina di miliardi di euro l’anno. In questa situazione le piccole aziende del settore agroalimentare irlandese sarebbero penalizzate per prime. Inoltre, con nuove restrizioni nella libertà di circolazione, si complicherebbe anche la situazione di molti immigrati irlandesi che lavorano in Gran Bretagna.

L’uscita dall’UE sarebbe un grave colpo anche per gli atenei e i centri di ricerca britannici. Infatti il Guardian ha interpellato alcuni studiosi che hanno previsto la perdita di milioni di sterline di finanziamenti, che ridimensionerebbero le più grandi e prestigiose università britanniche.

Insomma, nonostante il popolo britannico sia così tanto favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall’UE, sembra che questa possibile scelta potrebbe rivelarsi svantaggiosa e provocare una sorta di effetto boomerang.

Alessandro Fragola

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