Negli ultimi mesi, il tavolo delle trattative con la Libia per risolvere la questione migranti sembra essersi arricchito di un altro protagonista: la Francia di Emmanuel Macron.
Il presidente francese sta infatti provando ad inserirsi nella situazione di caos che coinvolge il governo libico e quello italiano, finora interlocutore privilegiato della Libia, in merito alla questione migranti. Ne è la prova l’incontro di Celle Saint-Cloud del 25 luglio scorso, che ha evidenziato la volontà di Macron di fare da mediatore tra le due forze politiche principali presenti attualmente in Libia: il premier Fayez al-Sarraj e il generale Khalifa Haftar.
In un contesto geopolitico in cui la figura di Sarraj è l’unica riconosciuta dalla comunità internazionale (senza però godere di altrettanta autorità in territorio libico), il sostegno indiretto all’uomo forte Haftar può fruttare a Macron vantaggi non indifferenti una volta terminato il processo di stabilizzazione del Paese. Per ulteriori informazioni, cercare alla voce: petrolio e gas.
Macron ha poi completato l’opera con il viaggio in Libia compiuto ad inizio settembre dal suo ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, al fine di sostenere l’attuazione degli impegni assunti a Celle Saint-Cloud. Una lezione di diplomazia e uno schiaffo all’Italia.
Lezione che tuttavia sembra essere servita, visto che il governo italiano nelle settimane immediatamente successive ha cercato di riprendere e intensificare i rapporti con la Libia, in particolare attraverso la figura del ministro dell’Interno Marco Minniti. Colloqui che sono serviti a ripristinare il ruolo della Libia nel contenimento delle partenze dei migranti, pur con qualche controversia.
Non a caso, però, nei mesi estivi il numero degli sbarchi è crollato: secondo i dati del Viminale, nel mese di luglio 2017 gli arrivi sono stati 11.452, rispetto ai 23.552 di luglio 2016. Ad agosto addirittura si è verificato un calo dell’81,7%, con 3.914 arrivi rispetto ai 21.294 dell’agosto 2016.
E a sottolineare una rinnovata capacità diplomatica nei confronti della Libia c’è soprattutto l’incontro di Parigi del 28 agosto, al quale hanno partecipato capi di Stato europei ed africani.
Dall’incontro sono emerse due soluzioni principali per la questione migranti:
- sostenere il piano d’investimenti dell’Unione Europea per rimettere in moto l’economia di alcuni Paesi africani (una sorta di “aiutiamoli a casa loro” abbastanza fine a se stesso);
- gestire i flussi migratori direttamente in Ciad e in Niger (paesi di transito per i migranti che vogliono arrivare in Libia) attraverso un rafforzamento dei controlli alle frontiere e valutando le richieste d’asilo dei migranti già prima dell’arrivo in Libia, seguendo il modello degli hotspot annunciati e poi in parte accantonati proprio da Macron.
Si è parlato anche della possibilità, remota ma non troppo, di modificare alcuni termini del Trattato di Dublino. In particolare, ciò che non convince è l’eccessivo carico di responsabilità affidato ai Paesi d’arrivo, cioè quei paesi che accolgono in prima battuta i migranti come Spagna, Italia o Malta.
Quello che appare quantomeno inspiegabile è perché l’Europa, finora assente ingiustificata nel fronteggiare l’emergenza umanitaria in corso, si renda conto solo ora di dover modificare alcune delle sue regole; regole che tra l’altro non avrebbero nemmeno bisogno di essere cambiate, se fin dall’inizio ci fosse stato un maggiore spirito di cooperazione tra gli stati dell’Unione.
Per questo, ora è più che mai necessario che l’Italia dia un segnale forte all’Europa e a tutti i Paesi coinvolti.
Un segnale di presenza, di rottura con la politica lassista e assente perseguita finora, ma che sappia mettere al centro della questione i nostri doveri umanitari, senza cedere o fare l’occhiolino a lamenti populisti e “cattivisti” (per così definire chiunque abbia nei “buonisti” il proprio bersaglio principale).
Un segnale che dica che l’Italia è in grado di gestire un tale fenomeno. Per non lasciare che tutti i meriti vadano alla Francia di Macron.
Simone Martuscelli