Ripercorriamo insieme, nel nostro ultimo appuntamento di quest’anno con la rubrica “Il Ventre di Napoli”, la lunga storia di Bagnoli sempre all’ombra di una delle più famose acciaierie dismesse in Italia: l’Italsider. Ma con un elevato contenuto di possibilità morfologiche e umane.
Qual è la storia di Bagnoli fino al 1900?
Fin dall’antichità la zona di Bagnoli venne valutata di buon occhio dai greci, in quanto il territorio era ricco d’acqua, dotata, secondo i greci, di proprietà miracolose. Dopo l’arrivo dei romani, le terme tuttavia acquisirono un altro tipo di valore, ovvero un valore sociale oltre che terapeutico e, addirittura, divennero un punto d’incontro tra diverse classi sociali.
Procedendo lungo il percorso storico si arriva al Medioevo, dove il cronista Riccardo di San Germano narra che Federico II di Svevia decise di curarsi presso le terme di Pozzuoli, dedicandovi un piccolo poema i cui contenuti riguardavano i benefici delle attività termali. Tuttavia, a causa di un’eruzione le terme di Tripergole furono distrutte, e pertanto i tentativi di migliorare e potenziare la struttura furono vane. Solo con Don Pedro d’Aragona si cercò di recuperarle, il cui lavoro venne affidato a Sebastiano Bortolo: avrebbe dovuto ricercare e restaurare le terme.
Verso l’ottocento si cercò di rivalutare il complesso, in modo tale da poterci anche trarre ricchezza, difatti venne costruita una ferrovia affinché diventasse un luogo di attrazione turistica; addirittura nel 1885 il marchese Candido Giusso prospettò e creò un quartiere all’altezza dei flussi turistici. Tuttavia, non fu con l’istallazione dei complessi industriali che si parlò della fine del termalismo flegreo: la causa è da attribuire all’abuso edilizio che si fece cementificando anche le antiche fonti.
Perché si decise di costruire l’Italsider a Bagnoli nonostante i pareri contrari?
Il complesso siderurgico nasce come “ILVA” e solo nel 1961 diventerà “Italsider”; lo stesso venne costruito sui territori di Bagnoli, in quanto il territorio comprendeva un cospicuo numero di terreni che furono venduti ad un prezzo molto basso; venne favorita la vicinanza al mare affinché si potesse realizzare la linea ferroviaria Roma – Napoli; tuttavia, nonostante il programma potesse avere dei vantaggi da un punto di vista economico, purtroppo non vennero considerati i danni ambientali che avrebbe arrecato il progetto. Inoltre, è importante ricordare che Bagnoli già nel 1853 ospitava la fabbrica di concimi chimici Lefevre, poi Montecatini e poi Federconsorzi in attività fino al 1992, nel sito oggi occupato da “Città della Scienza”.
Nel 1911 venne inaugurato il primo nucleo attivo dell’acciaieria. Ebbene, le critiche fecero il loro percorso fino ad un certo punto, mentre l’Italsider divenne un vero colosso industriale, incrementando le occupazioni al suo interno.
L’Italsider continuò a crescere, ma è proprio durante il picco del proprio splendore che ebbe una battuta d’arresto a causa del conflitto mondiale, che distrusse parzialmente l’industria: come vedremo, però, gli operai cercarono di recuperare la fabbrica, e nel dopoguerra l’Italsider continuò a crescere in maniera smisurata provocando un pericoloso inquinamento a discapito sia dei lavoratori che dei cittadini residenti nella zona. Nell’indifferenza più totale, nel 1961 si decise di ampliare il progetto concernente l’Italsider: si unirono alla fabbrica anche Cementir, Montecatini e l’Eternit (azienda conosciuta per l’utilizzo dell’amianto) le quali andarono a costituire le mura industriali in cui venne chiusa la città di Napoli.
Chiusura della fabbrica. Perché le bonifiche non avvennero? Quali furono le scelte politiche?
Il primo calo di produzione dell’Italsider (Ilva) si ebbe nel 1969: fu un calo sintomatico, poiché lo stabilimento Eternit fu costretto a chiudere nel 1985 e a seguire l’Ilva nel 1993; naturalmente, questi duri colpi gravarono anche sulla multinazionale Cementir che dovette riconvertire la propria produzione. Ufficialmente l’Italsider chiuse nel 1992. A seguire, nel 1994 iniziò il primo smantellamento dell’industria con la vendita di alcune strutture preposte alla produzione mentre, nel 1993, i vecchi fabbricati della Federconsorzi furono acquistati dalla Fondazione IDIS che decise di costruire l’attuale Città della Scienza. Suoli su cui ancora oggi si richiede alla dirigenza di mostrare l’avvenuta bonifica.
Salito al governo della città di Napoli, Antonio Bassolino, nel 1994, affronta da subito il destino di un mostro a più facce che ha dato vita e morte ai suoi concittadini, ed è situato nel pieno centro della X municipalità Bagnoli-Fuorigrotta: l’Italsider. Proprio nello stesso anno, con delibera della CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) vengono stanziati 400 miliardi di lire previsti per la programmazione di bonifica del territorio, individuando nell’Ilva in liquidazione il soggetto responsabile della bonifica; successivamente, nel 1996, venne fondata Società Bagnoli S.p.a per l’attuazione dei lavori di bonifica.
I lavori di bonifica vennero attuati in parte, il processo di “liberazione” e attuazione procedeva lentamente a causa della quantità pericolosa di materiali nel sottosuolo e per il cospicuo lavoro nella gestione della colmata a mare, tra l’altro attività di bonifica molto criticata dagli ambientalisti. Furono gli ambientalisti, nel 1999, a fare un esposto alla magistratura denunciando circa 7000 tonnellate di amianto a cielo aperto, e poco dopo, con altra denuncia, di amianto occultato nel sottosuolo dell’Italsider.
I lavori di bonifica procedevano ormai molto lenti: è nel 2001 che il Comune di Napoli decise di prendere le redini in mano e di acquistare il terreno dell’Italsider, fatta eccezione dell’ex area Cementir, proprietà del gruppo Caltagirone. Al posto della Società Bagnoli S.p.a, subentrò grazie al Comune di Napoli la Stu, Società di trasformazione urbana che dovrà occuparsi di rilanciare i terreni acquisiti applicando il piano urbanistico esecutivo (PUE) Bagnoli – Coroglio; la stessa società l’anno dopo verrà sostituita da BagnoliFutura s.p.a, dopo anni di piani e proposte di bonifica e riqualificazioni o bocciate o fallite completamente. Ci troviamo nel 2005, dopo anni di apparente movimento, viene approvato il piano urbanistico esecutivo che divide il piano in nove aree tematiche:
Parco urbano e spiaggia: parco urbano di 120 ettari, recupero della spiaggia;
Coroglio-Bagnoli: borgo marinaro, alberghi, residenze di prestigio;
Cavalleggeri: residenze, attività produttive, commerciali, universitarie;
Cocchia: strutture per la ricerca;
Via Diocleziano- Via Campegna: centro commerciale, nuova stazione Cumana;
Officine FS: attività per la produzione di servizi;
Residenze esistenti: conservazione degli abitati;
Arsenale: attrezzature e strutture per l’istruzione;
Parco dello Sport: 42 ettari di parco con attività sportive all’aperto.
Tuttavia, il progetto venne applicato in minima parte per diversi motivi: problemi legati ad alcune aste andate a vuoto, blocco dei fondi, complicazioni amministrative e tanto altro. I problemi citati pocanzi sarebbero risultati davvero marginali rispetto agli avvenimenti che si sarebbero prospettati dal 2011, col sequestro di due dei sette ettari a disposizione per una mancata bonifica del suolo e con il ridimensionamento del Polo Tecnologico nei pressi di Città della Scienza.
Solo nel 2013 si inizia a fare chiarezza sulla speculazione avvenuta: 21 ex dirigenti tra enti locali e la società BagnoliFutura vengono indagati dalla Procura di Napoli con l’accusa di danno ambientale e di truffa ai danni dello Stato. A seguire verrà sequestrato il Pontile Nord, la Porta del Parco (poi riaperti) e qualche mese dopo, un incendio doloso, i cui autori sono ancora ignoti, distruggerà Città della Scienza. Altri atti vandalici colpiranno il Parco dello Sport sempre sotto sequestro e l’Acquario tematico.
Le indagini procedono, i suoli vengono sequestrati, ma il peggio deve ancora arrivare: sono 190 milioni i debiti contratti, tra l’altro 59 milioni con la Fintecna che darà il colpo definitivo a BagnoliFutura messa in liquidazione. 29 maggio 2014: il Tribunale di Napoli dichiara il fallimento della società BagnoliFutura (ereditaria del mancato completo pagamento da parte del Comune di Napoli dei terreni acquisiti nel 2001 dalle due società Cimimontubi e Mededil, poi confluite in Fintecna) nell’impossibilità di poter saldare il conto.
Nel 2013 Luigi de Magistris, dopo essere salito alla guida dell’amministrazione, impugna un’ordinanza in cui ordina a Fintecna di presentare un piano entro 30 giorni per rimuovere la colmata a mare e mettere in sicurezza l’arenile di Bagnoli. La reazione di Fintecna sarà imminente, ma non riceverà l’esito sperato se non un’illusione: il Tar accoglierà la richiesta di Fintecna, ma De Magistris, ostinato e affiancato dai movimenti di lotta territoriali e dalla città di Napoli, si rivolgerà al Consiglio di Stato che senza mezzi termini affiderà la bonifica a Fintecna dando ragione alle motivazioni poste da Palazzo San Giacomo; nasce così lo slogan di lotta più urlato in quei giorni: “Chi ha inquinato deve pagare”.
Quali gli sviluppi dal 2014 ad oggi?
Il 14 agosto del 2014 Matteo Renzi giunge a Napoli e propone un protocollo d’intesa per la bonifica di Bagnoli – Coroglio, protocollo firmato dallo stesso Luigi de Magistris che si dichiara soddisfatto. Ma nelle settimane successive il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, all’ombra di ogni forma di condivisione, rovesciò del tutto le carte in tavola: venne approvato il decreto SbloccaItalia che prevedeva, tra l’altro, un commissario all’apice dei lavori previsti per la bonifica. Uno scontro tra titani che vedeva da una parte De Magistris come rappresentante della città e delle istanze dei propri concittadini e dall’altra Matteo Renzi: un braccio di ferro che mise in parte ko Matteo Renzi, in quanto il decreto venne dichiarato incostituzionale nelle fattispecie riguardante il non coinvolgimento degli enti locali.
A seguire, con la nomina del commissario straordinario Salvo Nastasi, si svolgeranno diverse Cabine di regia in cui discutere del piano di riqualificazione, a cui inizialmente il Sindaco De Magistris decise di non partecipare, con la sola presenza dell’Assessore Carmine Piscopo. Numerose furono le assemblee territoriali per portare le istanze della città in Cabina, in merito al piano di bonifica e riqualificazione del proprio territorio martoriato e vittima di speculazioni ed immobilismo pluridecennale da parte dello Stato e della poca serietà e negligenza delle passate amministrazioni. Il 19 luglio 2017, al termine dei numerosi incontri tenutisi, Governo, Regione e Comune firmarono l’accordo interistituzionale per il piano di bonifica e la rigenerazione urbana dell’area di Bagnoli -Coroglio.
L’ennesimo passo istituzionale è stato fatto, ma non mancano dissensi sullo stesso piano o comunque sulla poca trasparenza di alcuni punti. Il timore è che il porto di Nisida possa essere oggetto di speculazioni con l’ideazione di strutture private, rendendolo, inoltre, un porto ancora più grande rispetto al passato con una ricaduta di inquinamento maggiore; e ancora, il Commissariamento e a seguire l’art. 33, per quanto depotenziati, restano ancora in atto, mentre i suoli continuano ad essere nelle mani del socio attuatore dell’lnvitalia (società in house dello Stato, individuata per la bonifica dei suoli dell’ex Italsider di Bagnoli).
La voce cittadina di Bagnoli fa sapere che continuerà a monitorare lo sviluppo e l’attuazione del piano di riqualificazione e bonifica, affinché la storia non si ripeta ancora allo stesso modo, lasciando uno strascico di desolazione, povertà, rabbia e morte, ma soprattutto che non si insegni con questa storia che il male trionfa sul bene.
Bruna Di Dio