Nelle prossime settimane, quando si riapriranno le camere e ricominceranno i lavori dei parlamentari, al Senato si tornerà a discutere di Ius Soli (probabilmente in autunno).

La legge dello Ius Soli temperato, approvata alla Camera dei Deputati nell’ottobre 2015, prevede che un bambino nato in Italia possa diventare cittadino italiano a patto che uno dei due genitori sia legalmente residente in Italia da almeno 5 anni.
Nel caso in cui il genitore non fosse un cittadino comunitario, allora esso dovrà possedere diversi requisiti: un reddito pari o superiore alla quota annuale dell’assegno sociale, un’abitazione idonea e il superamento di un esame di lingua italiana.

Altro provvedimento, incluso nella stessa proposta di legge, è quello dello Ius Culturae, secondo il quale i minori stranieri nati in Italia o giunti nel nostro Paese entro i 12 anni di età possono ottenere la cittadinanza italiana a patto che frequentino le scuole italiane per almeno cinque anni e superino un ciclo scolastico.

Tante le forze politiche contrarie, ovviamente partendo da Salvini e arrivando a Meloni, Grillo e Berlusconi. Al centro del dissenso — almeno dicono — vi è la paura nel convertire in italiani tutti gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste, nonché il timore di “islamizzare” l’Italia vista la matrice fortemente cattolica della nostra tradizione religiosa.

Il caso vuole che il capo della religione cattolica, Papa Francesco, lanci un messaggio politico con il quale esplicita la sua posizione in merito. «Sì, allo Ius Soli e allo Ius Culturae», afferma Bergoglio, a cui il leader del Carroccio, in virtù della difesa culturale e religiosa del nostro popolo e del proprio vantato cattolicesimo, risponde: «Se lo faccia in Vaticano», chiudendo con l’hashtag «#stopinvasione».

Ma detto ciò, cerchiamo di capire davvero come inciderà un provvedimento del genere sulla popolazione italiana: chi sarebbero i nuovi cittadini? Da che nazione provengono? Che religione professano? Si tratta davvero di un’invasione islamica?

Per farlo, ci affidiamo all’indagine svolta dalla Fondazione Leone Moressa che ha analizzato gli eventuali beneficiari della legge.
Innanzitutto, si tratta attualmente di 800.600 minori (circa l’80% dei minori stranieri residenti in Italia) a cui si aggiungerebbero circa 60mila minori annui che andrebbero a beneficiare sia dello Ius Soli temperato che dello Ius Culturae.

La Fondazione ha esaminato i dati riferiti agli alunni stranieri presenti in Italia nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, che hanno offerto un campione di 815mila ragazzi, provenienti da oltre 200 nazionalità. Dunque, stando alla ricerca, tra i nuovi cittadini italiani ci sarebbero soprattutto romeni, albanesi e marocchini, che rappresentano le tre comunità più numerose in Italia. A seguire cinesi, filippini, indiani, moldavi, ucraini, pachistani e tunisini.

Per analizzare la professione religiosa, la Fondazione Moressa ha presupposto «che gli immigrati giunti da un determinato Paese ne rispecchino anche la ripartizione per gruppi religiosi», si legge su Repubblica.
In tal modo, supponendo che i Paesi dell’Est Europa siano prevalentemente ortodossi, che i filippini siano per la stragrande maggioranza cattolici (religione professata anche in altri Paesi europei e africani) e che i musulmani provengano principalmente dal Nord Africa, dai Balcani e da alcuni Paesi asiatici come il Pakistan, l’Afghanistan, eccetera, è possibile constatare che il 44% dei nuovi cittadini italiani sarà di religione cristiana e solo il 38% circa di religione islamica.

Dunque, visto che l’invasione islamica non esiste (a prescindere, non esiste nemmeno se si pensa esclusivamente agli sbarchi), visto che le radici culturali non vengono intaccate da un provvedimento giusto e innocuo, qual è il disagio che creano lo Ius Soli e lo Ius Culturae? Quale altra è la scusante se non l’ammissione del fastidio che arreca un bambino (con tratti somatici semplicemente diversi) magari seduto nella stessa classe di un nostro figlio e che avrebbe la nostra medesima cittadinanza? Quale altra è la giustificazione se non il razzismo e la xenofobia che si tenta invano di banalizzare alla luce dei grandi fallimenti propagandistici?

La risposta è risaputa: nulla è più invasivo della demogogia come strumento di propaganda; nulla è più invasivo di un’informazione scorretta e che cavalca l’onda delle paure; nulla è più invasivo dell’odio e dell’ignoranza di chi vede nel “diverso” un pericolo per se stessi.

Andrea Palumbo

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