Il primo dicembre si celebra la giornata mondiale della lotta all’HIV-AIDS. Un’occasione preziosa per tenere viva la discussione su quella che, nonostante i progressi significativi in ambito medico, rappresenta ancora oggi una pandemia infettiva devastante in molti paesi del mondo, e miete vittime soprattutto presso le comunità umane più fragili e discriminate.
La cura è ancora lunga, difficile e costosa, ed i nuovi casi di contrazione del virus e di contagio raggiungono il milione ogni anno. Una realtà che provoca morte, dolore ed esclusione sociale anche in Italia, con dati ancora allarmanti e superiori alla media europea.
L’informazione, la sensibilizzazione e la prevenzione, assieme all’ascolto e al supporto delle persone sul territorio, restano i cardini sui quali costruire la lotta all’infezione, alla malattia e al virus forse più pericoloso: quello dello stigma sociale e dell’intolleranza. Ne parliamo con il neo-Presidente di Arcigay Salerno, Francesco Napoli.
Francesco Napoli è il nuovo presidente di Arcigay Salerno. Quali saranno gli obiettivi principali del suo mandato? I temi legati alla lotta all’HIV-AIDS saranno tra le priorità?
«Questo nuovo corso del Comitato Territoriale Arcigay Salerno nasce con alcuni obiettivi chiari, esposti nella nostra mozione congressuale “L’alternativa delle Uguaglianze”: una attenzione preferenziale alle socie e ai soci, con l’ampliamento e il potenziamento dei servizi dedicati alla comunità lgbti+ del territorio. Lo sportello psicologico e lo sportello legale sono già attivi, insieme allo Sportello dedicato alle persone trans* ma saranno via via potenziati. Aggiungeremo nei prossimi mesi lo Sportello Migranti lgbti+. Già da alcuni mesi si sta consolidando il Gruppo Giovani e a questo si aggiungerà una attenzione agli anziani e alle persone sieropositive, anche con l’attivazione di gruppi di Auto Mutuo Aiuto. Altra attenzione sarà dedicata al territorio: nella logica di affrontare i temi dei diritti e delle uguaglianze sul piano internazionale, riteniamo che questi temi debbano essere affrontati nel più ampio complesso delle tutele e dei risvolti che ci riguardano come cittadine e cittadini. Penso al tema del lavoro e della precarietà, penso al tema del diritto allo studio, alla legalità, alla tutela degli spazi urbani e dell’ambiente. Riteniamo che solo affrontando insieme queste questioni possiamo sperare di creare un fronte unitario e ampio per far crescere l’intera comunità della nostra provincia. In questa logica, il Pride del prossimo mese di maggio 2018, sarà un momento di ampia partecipazione delle associazioni, del Terzo Settore, del sindacato, dei gruppi e dei movimenti che da anni operano sul territorio. Sentiamo la responsabilità di coinvolgere tute e tutti e di fare da catalizzatore e raccordo di queste istanze. Il tema della salute e del benessere nel suo complesso (e dunque anche la lotta all’HIV-AIDS), e soprattutto il tema delle ITS è da sempre al centro dell’azione del Comitato Territoriale e continuerà ad essere una nostra priorità anche per il prossimo triennio».
Il nostro Paese ha la seconda più alta incidenza di HIV/AIDS tra i Paesi dell’Europa occidentale, ed ogni anno sono migliaia i nuovi casi. Anche se fortunatamente l’epidemia non è più in crescita, i dati sono comunque ancora preoccupanti. Quanto si sta facendo, e quanto si dovrebbe fare riguardo alla prevenzione, all’informazione e all’assistenza medica in Italia? (Qual è il suo giudizio riguardo al “Piano nazionale di interventi contro l’HIV-AIDS” del 30 ottobre?)
«Mi sembra che il PNAIDS 2017-2019 parta da una onesta e lucida analisi della situazione: nonostante la stabilizzazione o la lieve diminuzione di nuove infezioni, appare ancora scarsa la consapevolezza dei rischi e manca un accesso concreto alle informazioni. Mancano azioni stabili di sensibilizzazione e di supporto: queste ultime, potremmo dire, sono distribuite a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Sono vuoti che vanno colmati. Il fatto che il PNAIDS delinei tra le sue priorità l’attuazione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni, la facilitazione dell’accesso al test e l’emersione del sommerso, la garanzia delle cure, il coordinamento dei piani di intervento sul territorio nazionale e la tutela dei diritti sociali e lavorativi delle persone PLWHA insieme alla lotta allo stigma, mi sembra un buon punto di partenza. Aspettiamo di capire il reale supporto finanziario a queste finalità, fermo restante un giudizio complessivo buono, soprattutto per una rinnovata attenzione alla sensibilizzazione e all’informazione diffusa, per il continuum care e per il counselling. Questi ultimi due credo siano due livelli davvero essenziali: da un lato, per un’efficace presa in carico e dall’altro, per la diffusione di consapevolezze. Sarà importante sostenere azioni di contrasto allo stigma e azioni di diffusione del test veloce. Credo che in questo le associazioni debbano svolgere un ruolo di riferimento territoriale capillare e competente».
Come si presenta invece il quadro della situazione dell’infezione e delle persone sieropositive nella provincia di Salerno? E come intende operare il comitato Arcigay Salerno durante la sua presidenza, a partire dalla giornata mondiale del 1° Dicembre?
«Negli ultimi anni abbiamo riscontrato un inesorabile aumento di infezioni, non solo di HIV-AIDS ma soprattutto di altre ITS, a partire da un incremento della sifilide e delle varie forme di epatite. Dobbiamo tenere alta l’attenzione e recuperare terreno sul piano dell’informazione. Inoltre, in continuità con la sensibilità espressa dal Comitato Territoriale Arcigay Salerno, abbiamo il dovere di pretendere qualità e garanzia delle cure, cosa che in questo momento non è scontata. I servizi territoriali sono stati depotenziati in questi anni, anche se pare che siamo in una fase di nuova attenzione da parte della dirigenza della nostra ASL. Contiamo di chiedere, di nuovo, maggiori chiarimenti su questo aspetto. Intanto per il primo dicembre, Arcigay Salerno, sarà impegnato sul territorio con iniziative di informazione e sensibilizzazione. Saremo in piazza e nei locali della città che ci ospiteranno per incontrare giovani e meno giovani, non solo della comunità lgbti+, per dire alcune cose: proteggersi è una responsabilità personale, sempre e comunque e non possiamo né affidarci alla fiducia nel prossimo, né sottovalutare il pericolo. La prima e più chiara modalità per proteggere innanzitutto se stessi è il preservativo. Dobbiamo, invece, chiarire bene le questioni legate alla PrEP (profilassi pre-esposizione), ma soprattutto dobbiamo costruire sia a livello locale che nazionale una modalità comunicativa chiara in grado di spiegare cos’è, come funziona, a cosa serve e tutti i vantaggi e limiti: da un lato, per evitare abusi ed improvvisazioni rispetto ad una prassi non normata e non chiara, ma anche per evitare demonizzazioni che non avrebbero il solo risultato di mettere a rischio le persone più di quanto già non lo siano».
L’incidenza dell’HIV-AIDS colpisce, in generale, soprattutto le categorie umane maggiormente esposte a fragilità sociale. Mentre la ricerca e la medicina consentono ormai a chi ha contratto il virus di vivere bene e a lungo, lo stigma sociale e la discriminazione verso le persone che hanno contratto l’HIV sono ancora forti e diffuse. Qual è secondo lei lo stato attuale del livello di pregiudizio verso i malati e la malattia, in particolare nel salernitano?
«Lo stigma sociale e lo stigma interiorizzato da parte delle persone sieropositive è certamente l’aspetto che più di altri genera sofferenza in chi è portatore di questa condizione, nei loro familiari e nei loro amici. Questo aspetto deve essere affrontato, credo, su due livelli: quello sociale, con un’informazione e una sensibilizzazione che punti anche alla decostruzione del pregiudizio oltre che alla diffusione di buone prassi; dall’altro, occorrono gruppi che io chiamerei, con un termine forse di altri tempi ma sempre efficace, di autocoscienza e di supporto al fine di costruire spazi di elaborazione e di aiuto. In entrambi i casi non ci si può improvvisare, ma è necessario essere formativi ed avere a disposizione professionalità volontarie che possano occuparsi con delicatezza e competenza di questo aspetto».
Luigi Iannone