Il sorriso dal sapore amaro e sardonico, il viso smunto percorso da rughe, indocili segni del tempo, l’ironia velata e pungente, l’umorismo acre e impercettibilmente sottile, leitmotiv delle sue opere come della sua vita: solo alcune delle singolari caratteristiche di uno dei personaggi teatrali più celebri nello scenario italiano del teatro: Eduardo De Filippo.
Figlio d’arte illegittimo di Eduardo Scarpetta, cresciuto sullo sfondo di una Napoli devastata dalla guerra, per la prima volta alla tenerissima età di 4 anni cavalcò le scene teatrali, facendo la sua comparsa nella commedia “La Geisha”. Così il suo destino si preannunciò.
Nel 1920 redasse la sua prima opera teatrale, “Farmacia di turno” che venne messa in scena un anno dopo dal fratellastro Vincenzo Scarpetta. Ma solo nel 1931 Eduardo, insieme ai fratelli Titina e Peppino, spiccò il volo, portando sulla scena la commedia “Natale in casa Cupiello”, che segnò anche il debutto della compagnia Teatro Umoristico I De Filippo al Teatro Kursaal di Napoli.
Come attesta la celeberrima rappresentazione, quello di Eduardo è un teatro che inscena la malinconia della vita, l’insidioso gioco delle parti che le sottende, è un teatro che fa del suo fulcro l’immagine della famiglia, una famiglia ormai antica e atipica, accompagnata dall’eco di uno scomodo anacronismo che mal si accorda con la realtà contemporanea, con la decadenza dei valori portanti che causa il lento svanire di tradizioni ormai andate, di deboli bagliori di un passato ormai finito. L’umorismo drammaticamente irrisorio e burlesco percorre ogni singola commedia dell’autore, offrendo la visione disillusa di una realtà amara, eppure condita da sottili e infide note di comicità. Il teatro eduardiano analizza la società, ne mette in mostra impudicamente i difetti e le incongruenze, esamina i suoi cambiamenti radicali sul piano culturale e storico, ma più di tutti esso indaga l’uomo, le sue contraddizioni, i suoi mutamenti, la sua umanità e la sua pochezza.
“Voglio dire che tutto ha inizio, sempre da uno stimolo emotivo: reazione a una ingiustizia, sdegno per l’ipocrisia mia ed altrui, solidarietà e simpatia umana per una persona o un gruppo di persone, ribellione contro leggi superate e anacronistiche con il mondo di oggi.”
Nel 1936 Eduardo, che per tanto tempo aveva ricamato le sue rappresentazioni teatrali sullo sfondo di una Napoli, per la quale nutriva al contempo amore e odio, che “è ‘nu paese curioso: | è ‘nu teatro antico, sempre apierto”, dove “nasce gente ca senza cuncierto| scenne p’ ‘e strate e sape recità”, si distacca dal suo provincialismo grazie al casuale e fortunatissimo incontro con Luigi Pirandello, con cui instaura una solida collaborazione che lo porterà, in seguito, ad interpretare il ruolo di Ciampa ne “Il berretto a sonagli”, opera redatta dallo scrittore siciliano.
Nel 1945 il drammaturgo napoletano mette in scena “Napoli milionaria” in cui, ancora una volta, emerge la concezione sarcastica, ma drammatica della vita, considerata come un arduo cammino colmo di difficoltà. Tutto ciò trova espressione nella frase, divenuta famosissima:
«S’ha da aspetta’, Amà. Ha da passà ‘a nuttata»
L’opera teatrale approderà anche al mondo cinematografico, così come “Filumena Marturano”, di cui Vittorio De Sica realizzerà il remake cinematografico.
Nel 1981 fu nominato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini senatore a vita e aderì al gruppo della Sinistra Indipendente.
33 anni fa Eduardo De Filippo si spense a Roma, in seguito ad un ricovero. Riecheggiano le parole del suo ultimo discorso a Taormina:
“È stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere! E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato.”
Del resto,
“Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male.”
Clara Letizia Riccio