La Fat Tax arriva a maggio. Dopo tante polemiche, in Commissione è stato approvato il disegno di legge voluto fortemente dal ministro Pier Carlo Padoan.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze stima in circa 12 miliardi i costi sociali dovuti ad esternalità negative provocate dall’obesità ogni anno nel nostro Paese. I tecnici del ministero affermano che «sono costi derivanti da maggiori aggravi per la sanità, una sproporzionata spesa alimentare unitaria e senza considerare che un obeso che viaggia su un mezzo pubblico provoca un’usura molto maggiore di gomme, sospensioni e consumo di carburanti ma paga un solo biglietto». Si tratta dunque di un’imposta che riequilibrerebbe il danno che l’obesità ogni giorno provoca allo Stato.
La nuova tassa sarà progressiva, l’incidenza cioè aumenterebbe all’aumentare del peso dell’individuo. Il criterio di progressività garantisce l’efficacia della tassa sia a livello di equità sociale sia la sua adeguatezza da un punto di vista costituzionale (la Costituzione, infatti, richiede la progressività delle imposte). Tuttavia, sono previste detrazioni e sgravi anche consistenti per i soggetti obesi che dichiarino di aver intrapreso un programma di rientro e di dieta certificata a livello medico, con tempi certi e modalità realistiche.
Interpellato sulla Fat Tax, anche il ministro del lavoro Giuliano Poletti – non esattamente filiforme – che si è dichiarato a sorpresa totalmente favorevole alla proposta del Presidente del Consiglio: «La mia è una scelta, mi piace mangiare bene e tanto: è giusto che io sia onerato di una imposta se questa mia scelta pesa sul sistema sanitario nazionale». Il Sindaco uscente di Torino Piero Fassino, invece, si è soffermato su una riflessione: «È previsto un premio per i soggetti sottopeso? Dobbiamo essere democratici e di sinistra, non possiamo essere iniqui e far gravare tutto sulla fascia più pesante della popolazione, ma non dobbiamo nemmeno lasciare che essi siano un peso per tutti gli altri: è comunque giusto alleggerire le tasse ai soggetti virtuosi».
Non mancano però le critiche da parte di importanti esponenti del Partito Democratico, come Giuseppe Fioroni. Per l’ex Margherita infatti è necessario prevedere una deroga per chi non deve la sua obesità ad una scelta, ma ad una vera e propria disfunzione ormonale. «In casi come questi, sarebbe come tassare un malato per la sua malattia» – dichiara un preoccupato Fioroni – «e questo non può ammettersi in uno Stato democratico».
Voci di corridoio di Palazzo Chigi suggeriscono che la Fat Tax sia stato uno dei motivi, insieme alle intercettazioni, rilevanti per le dimissioni del ministro Federica Guidi.
Proteste anche da Sinistra Ecologia e Libertà: per il partito di Vendola si tratta di una violazione dei diritti civili, mentre dal blog di Beppe Grillo arrivano critiche ironiche alla proposta fatta dal «cicciotello Renzie», accusato di esasperare fiscalmente una popolazione sufficientemente vessata «mentre i cittadini onesti muoiono di fame e loro si mangiano il Bel Paese».
Dubbi e proteste però, vengono da Confcommercio, che stima un crollo delle vendite di cibi grassi ma anche di pasta, carne e oli per fritture di vario tipo. Siamo certi, ad ogni modo, che la materia non mancherà di suscitare altre polemiche.
Le basi di studio della Fat Tax
In Europa, la Fat Tax è stata introdotta dalla Danimarca nel 2011, sull’esempio giapponese del 2008. Il prestigioso magazine Time, nel 2012, pubblicava l’opinione di esperti che pensavano che una Fat Tax del 20% potesse migliorare la salute pubblica, mentre un recente rapporto della Commissione Europea ha evidenziato come le “Fat Tax” funzionino.
Salvatore Scannabosio