Il 16 giugno si è tenuto un presidio di fronte all’ingresso del Palazzo Reale di Napoli, sede storica della Biblioteca Nazionale, organizzato dall’associazione Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali per protestare contro lo spostamento della Biblioteca da Palazzo Reale al Real Albergo dei Poveri di Piazza Carlo III.
In occasione della visita del ministro Dario Franceschini a Napoli per la Conferenza dei Ministri della Cultura della regione Euro, lƏ attivistƏ di Mi riconosci hanno organizzato una manifestazione per segnalare il loro dissenso nei confronti della decisione del ministero della Cultura di utilizzare 100 milioni di euro delle risorse del PNRR destinate a Napoli per finanziare un progetto che mette a rischio la tutela dei libri conservati nella Biblioteca, contribuendo a portare avanti il processo di privatizzazione dei beni culturali in atto già da qualche anno, che è stato più volte oggetto di critica da parte del comitato Mi riconosci.
La Biblioteca Nazionale di Napoli, infatti, ospita nelle sue sale un patrimonio dal valore culturale ed economico inestimabile: vi sono conservati circa 2 milioni di volumi, tra cui circa 5.000 incunaboli, 40.000 cinquecentine e 30 mila manoscritti, incluso l’intero corpus autografo delle opere di Giacomo Leopardi, i testi autografi di San Tommaso d’Aquino, Giambattista Vico, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Giuseppe Ungaretti, Francesco De Sanctis, Benedetto Croce e tanti altri. Maneggiare libri e manoscritti antichi è un’operazione destinata a persone competenti in ambito filologico, studiosƏ che sanno che spostare libri così antichi vuol dire rischiare di comprometterne l’integrità e quindi di perdere delle testimonianze fondamentali del patrimonio artistico nazionale.
Eppure il ministero della Cultura giustifica il trasferimento sostenendo la necessità di spazi più ampi all’interno di Palazzo Reale per esposizioni museali e, più in generale, per grandi eventi di stampo istituzionale e non, magari in grado di dare dei profitti che spesso mancano quando si tratta di quei beni culturali che difficilmente si prestano alla monetizzazione, come ad esempio biblioteche e archivi. D’altronde, quello di Napoli è un modello per il quale è prevista una applicazione su scala nazionale e valido quindi anche per altre città, come nel caso dello spostamento della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte di Roma da Palazzo Venezia a Palazzo San Felice, al Quirinale, per la quale sono state addotte le stesse motivazioni.
Più in generale, a Napoli come in Italia è in atto un processo di privatizzazione dei beni culturali che Mi riconosci osteggia ampiamente a causa delle ripercussioni che questo può avere sulle condizioni lavorative dei professionisti del settore e sulla effettiva promozione del patrimonio culturale. Infatti, stando alle numerose inchieste portate avanti dall’associazione, in Italia la tutela del lavoro nel settore culturale è ai minimi termini. Le fondazioni a partenariato pubblico-privato che si occupano di preservare i beni culturali hanno la possibilità di avere ampi margini di flessibilità nella gestione del personale, magari ricorrono al volontariato sostitutivo ed evitano di sottoscrivere contratti adeguati, che prevedano la tutela dei fondamentali diritti del lavoro.
In linea quindi con la sue modalità di azione, anche in questo caso l’associazione si è occupata di sensibilizzare la cittadinanza sul tema della tutela dei beni culturali e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici che operano nel settore, e quindi di spingere le istituzioni e i sindacati a prendere provvedimenti fattivi in tal senso.
Giulia Imbimbo