Con il passare dei giorni, diventa sempre più chiaro che la crisi di governo ha provocato diversi problemi all’interno delle due coalizioni che sostenevano l’esecutivo guidato da Mario Draghi. Da una parte, il Segretario nazionale del Partito Democratico, Enrico Letta, conferma «la rottura irreversibile con il Movimento 5 Stelle». Dall’altra, Forza Italia si trova ad affrontare la fuoriuscita di diversi parlamentari, tra i quali alcuni volti storici del partito come l’ex Ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, l’ex Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, e la Ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna. Un’emorragia che prevedibilmente non si limiterà ai soli nomi di peso, ma anche ai suffragi.
Per quanto riguarda Forza Italia, bisogna partire da lontano, soppesando le parole del Presidente Silvio Berlusconi pronunciate qualche settimana addietro. Non è infatti una coincidenza se il Cavaliere ha voluto ricordare agli elettori che «il centro è Forza Italia». In base ai rapporti di forza indicati dai sondaggi, Forza Italia oscilla effettivamente tra il 7 e l’8%, mentre il primo attore liberale degno di nota, la coalizione formata da Azione e +Europa, si posiziona al 4,9%. Ne consegue il buon rapporto con la Lega di Matteo Salvini, soprattutto con la corrente moderata guidata dal Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, per provare a costruire una coalizione di centro-destra che esprimesse un’ideologia liberal-democratica.
La fuoriuscita di importanti parlamentari da Forza Italia sembra rientrasse nei piani, o quantomeno nelle previsioni, di Silvio Berlusconi per le prossime elezioni. L’apposito svuotamento del proprio partito di volti storici, avrebbe infatti permesso al Cavaliere di dare forma ad un’ampia coalizione liberale con tutta una serie di piccoli partiti satellite al suo seguito. In questo modo, gli esuberi del partito proponendosi come novità politica, avrebbero potuto portare una percentuale di voti maggiore rispetto a quella che avrebbero invece portato normalmente all’interno della stessa Forza Italia.
Tuttavia, nessuno avrebbe mai potuto immaginare una reale crisi all’interno del “partito personale” per eccellenza. Data la gestione altamente centralistica di Forza Italia, era impensabile credere all’esistenza di vere e proprie voci fuori da coro che andassero oltre la strategia sopra delineata. Nel partito, infatti, Silvio Berlusconi è visto come qualcosa in più di un semplice leader, ovvero come vero e proprio manager d’azienda. Ancora più difficile era prevedere che Forza Italia sarebbe stata lasciata da personaggi del calibro di Brunetta, Gelmini e Carfagna, fidatissimi consiglieri del Cavaliere che hanno sostenuto fin dalla prima ora il percorso politico del suo partito.
Evidentemente, la sfiducia al governo Draghi ha costituito un punto di non ritorno, una frattura profonda e definitiva all’interno di Forza Italia. A dare inizio a questa diaspora è stata Mariastella Gelmini, nel momento in cui ha pubblicamente accusato alcuni senatori di Forza Italia di aver voluto la caduta del governo, scontrandosi di conseguenza con la senatrice del suo stesso partito, Licia Ronzulli. Non ci ha pensato due volte nemmeno Renato Brunetta, che ha accusato il suo vecchio partito di aver contribuito «a sabotare un liberale come Draghi, attraverso giochi di potere egoistici e pericolosi sulla pelle della gente, degli italiani, degli europei». Dello stesso parere è stata Mara Carfagna, che dopo 48 ore “di riflessione” ha sostenuto che Forza Italia, non votando la fiducia all’ex BCE, avrebbe rinnegato la sua storia, i suoi valori fondanti e la sua cultura europeista, occidentale e liberale.
É iniziato così un duro scambio di accuse e attacchi personali tra coloro che sono fuoriusciti e alcuni membri di Forza Italia. Il Presidente Berlusconi ha liquidato gli esuberi con un controverso e spiacevole «riposino in pace. Non sono abituato a commentare le decisioni di chi tradisce senza motivi e prospettive politiche», quasi a non voler dare peso a quelli che invece sono stati per un ventennio l’anima del suo partito. Ma a rincarare la dose ci ha pensato, il giorno dopo, la deputata Marta Fascina, partner di Berlusconi, con una storia su Instagram: «Roma non premia i traditori», accompagnata dalla colonna sonora di un celebre brano di Fabrizio De André, che narra la vicenda di un nano che scala i gradini di una funzione pubblica, la magistratura, con chiaro riferimento a Renato Brunetta.
Non è stata da meno anche la senatrice Licia Ronzulli, affermando che «Gelmini ha usato strumentalmente la decisione di FI per dare un senso alla sua uscita. Sapevamo che stava lavorando già da 3 mesi ad un progetto alternativo al nostro con Calenda e Bonino e i toni e la velocità della sua uscita lo confermano». Non ha perso tempo nemmeno Mara Carfagna, dato che anche l’ex ministro scenderà in campo alle prossime elezioni con la coalizione formata da Azione e +Europa, mentre il futuro politico di Brunetta non è ancora noto. Quello che sembra certo è che la sua ideologia liberale, la sua fede atlantista e il suo attaccamento all’interesse nazionale ed europeo, lo rende un candidato credibile per tutti quei partiti che formano il cosiddetto polo liberal-democratico, che grazie anche allo svuotamento di Forza Italia potrebbe valere all’incirca il 15%.
Intanto ad Arcore, nonostante le dichiarazioni elusive, le dolorose separazioni non sono state di semplice metabolizzazione. Coloro che sono fuoriusciti si sono chiesti dove stesse andando il partito, denunciando la dipendenza sempre più evidente di Forza Italia dagli alleati sovranisti, Lega e di Fratelli d’Italia. Un problema reale, quello posto dai fuoriusciti, che non dovrebbe essere liquidato con semplicismo da un Silvio Berlusconi oramai sempre più solo. Anziché puntare il dito contro chi se ne è andato, sarebbe sicuramente più costruttivo comprenderne le motivazioni profonde. Forza Italia nasceva con l’obiettivo di fungere da perno d’equilibrio nella coalizione di centro-destra, da riferimento politico per moderati e liberali, ma adesso pare non essere più in grado di farlo. C’è il tempo e la volontà politica di affrontare il problema? All’interno del partito pare continui a regnare una calma irreale, unita ad un senso di inesorabile scoramento.
Gabriele Caruso